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la variabile mercato e il capitalismo – di Daniele Marini — 1 commento

  1. E' vero, sul piano dell'oggi l'articolo di Alvaro non dice cose particolarmente originali e infatti lo scopo dell'articolo non era quello, ma piuttosto quello di esplicitare le ragioni del suo distacco da una ideologia politica che abbiamo praticato.
    Da punto di vista della autobiografia di ciascuno è importante fare il punto, in primo luogo verso sestessi. Ad un certo punto abbiamo cambiato opinione. Perché e come lo abbiamo fatto. fa parte delle storie pertsonali di ciascuno e io dirò la mia in uno specifico articolo. L'importante però è non cadere nella semplice rimozione, atteggiamento molto comune a sinistra: sì, vabbè, alcune di quelle cose erano sbagliate, tiremm innanz.
    Eh no, alcune di quelle cose sbagliate hanno creato tragedie e genocidi di dimensione mondiale e non basta sottolineare che anche il capitalismo ha avuto i suoi crimini perché senno ci risiamo con una sorta di primato intellettuale della sinistra che non va bene.
    I problemi che solleva Daniele sono grossi come una casa; lo ringrazio di averne puntualizzati alcuni. A me ne restano aperti molti altri e li cito nell'ordine in cui mi vengono in mente:
    1) è possibile una redistribuzione delle risorse e degli stili di vita basato su un allineamento alle condizioni dell'occidente sviluppato da parte dei paesi in via di sviluppo? Io penso di no. La via da perseguire è certamente quella dello sviluppo, della scienza e della tecnologia ma non credfiamo che quelli che stanno dall'altra parte accettino con tranquillità una specie di legge del contrappasso nelle condizioni di partenza. Se il sottosviluppo è figlio ed è stato figlio di forme di sfruttamento su scala mondiale è moralmente ineccepibile  che i popoli in via di sviluppo chiedano il conto ai paesi sottosviluppanti
    2) Cosa pensiamo della emergenza Islam come ideologia del riscatto planetario? Si tratta di un dato di realtà che, magari, non ci piace molto, ma cx'è. La Chiesa Cattolica nell'era di Bergoglio riuscirà a risalire la china?
    3) Cosa pensiamo della Cina? Daniele parla di sistema a-capitalistico. Io non mi accontento di una parola che rinvia a molto altro e mi interessa capire come mai i Cinesi, sul piano dello sviluppo, abbiano fatto di più e meglio dei sovietici nonostante partissero da una condizione di accumulazione capitalistica meno favorevole e avessero un accesso alle materie prime e alle risorse energetiche molto inferiore ai russi. Non mi basta dire che i cinesi erano e sono tanti. Forse, sul piano dei salti storici, i dirigenti comunisti cinesi sono stati più abili dei comunisti russi dei tempi di Lenin.
    4) Cosa pensiamo del terrorismo internazionale e della possibilità che possa fare da innesco a una guerra mondiale? Il terrorismo internazionale (oltre che sugli aiuti di chi li ha dati) ha trovato un terreno favorevole nelle diseguaglianze e nei fallimenti di borgehesie nazionali inadeguate (ricordiamoci dei movimenti anticolonialisti, dei non allineati, di Nasser, del socialismo panarabo, …).
    5) Cosa pensiamo delle differenze culturali profonde tra cultura europea, cultura anglosassone e cultura Yankee. E' obbligatorio sentirsi parte di un insieme unitario?. Io penso di no. Che conseguenze ne traiamo sul piano politico e su quello culturale?
    6) Cosa pensiamo della incapacità delle organizzazioni sovranazionali di assolvere il ruolo per cui sono nate (controversie internazionali, cultura, fame, salute, …).
    Di dubbi come questi ne ho almeno altrettanti e per questa ragione faccio un po' il minimalista e non me la sento di indicare una via

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