covid come va – di Bruno Petrucci
Si può al tempo stesso gioire per la fine di un incubo e allo stesso tempo essere impauriti per il suo ritorno? Sì, ed è questo il nostro stato attuale.
Con i dati di oggi sull’andamento del virus si raggiunge il minimo di morti (18), il minimo di contagi (122), il minimo di ricoveri, soprattutto in T.I. e ricoveri normali. In Lombardia si scende a 62 nuovi contagi, con una media che si è dimezzata nell’ultimo mese da 300 a 150 ed i morti sono scesi a 6. Tranne i nuovi contagi, sono numeri indipendenti dal numero dei tamponi.
Qui e là, nel centro-sud, spuntano dei piccoli focolai, giusto a ricordarci che il virus c’è, ma pare che si riesca a reagire con prontezza dappertutto, nel nostro paese. E qui finiscono le buone notizie, perché fuori dal nostro paese le tempesta infuria ancora:
- Vicino a noi, in Germania il Land Nord Reno Westfalia è soggetto a misure restrittive per lo scoppio di due focolai che hanno causato 1000 contagi in due giorni e 10 morti.
- In Portogallo aumenta velocemente il numero di contagi probabilmente per la movida di Lisbona: negozi, bar e ristoranti chiudono alle 18.
- IIn Brasile, a Sao Paulo si stimano 1.200.000 contagi dopo un indagine sierologica che ha trovato un indice di contagio pari al 9.5% della popolazione.
- In Cina dopo un episodio di contagio a Pechino con circa 250 positivi si sono chiusi 23 quartieri e si vuole testare l’intera popolazione. Vien da chiedersi se i contagi sono davvero solo 250 per giustificare misure così radicali.
E’ notte ma non c’è più il silenzio, interrotto solo dalle sirene delle ambulanze, no, c’è un vociare altissimo che giunge dalla piazza a circa 100 m da qui, dove sono i bar. C’è un rombo di moto che scorrazzano sotto casa. Il rumore è un problema. No, non per il sonno, perché soffoca il silenzio ed il silenzio è il suono del virus.
Quando si usciva di casa un mese fa e ancor più 2 mesi fa era come addentrarsi in territorio nemico. Il territorio di un predatore in cui si doveva/poteva uscire per poco e solo per procurarsi cibo. Il rumore ci fa credere che il predatore non sia più tra noi. Che l’abbiamo fatto scappare e che sia dovuto rifugiarsi nell’emisfero boreale dove inizia l’inverno.
Ma non è così. Forse è in letargo, nascosto, però la Germania ci dice che se gli offriamo troppe occasioni, qualcuna la coglierà. Non lo possiamo vedere, ma c’è, anche se indebolito. Per favore usciamo da questa pantomima che chi dice che “c’è ancora” è di sinistra e chi lo nega è di destra, oppure che i “fans” del virus sono i vecchi e chi lo nega è giovane.
Vi ricordate il senso di sicurezza che avevamo a gennaio, mentre la Cina si chiudeva e noi (e intendo noi tutti) pensavamo che qui eravamo al sicuro, una volta chiusi i voli? E invece il virus era qui tra noi già da più di un mese e si espandeva in silenzio. E poi è scoppiato in tutta la sua potenza, ridicolizzando la nostra stupida tecnologia dove i fucili si costruiscono in Europa, le pistole in America ed i proiettili in Cina.
E sulle bare di Bergamo non c’erano bandiere politiche (rispuntate poi per attribuire le colpe invece di cercar di capire). Non voglio terrorizzare nessuno, ma il dibattito sulla seconda ondata ci fa credere che si sia ad un tavolo di roulette dove una parte degli scienziati punta sul rosso ed un’altra sul nero. Secondo me non è così. I più seri dicono “non sappiamo, come si comporta, come si comporterà, dobbiamo decidere giorno per giorno la nostra risposta”.
Ci siamo guadagnati uno spazio per ritornare a vivere, con le restrizioni e fra tanti errori (errori, non crimini). Possiamo lavorare, andare ai bar, ai ristoranti, in vacanza, ora anche a cinema o teatro, stiamo faticosamente recuperando quello che abbiamo sacrificato. Il turismo prenderà una batosta feroce, specie dove si basava sui flussi dall’estero.
Roma, Firenze, Venezia, Positano sono vuote e non si riempiranno come prima, non quest’anno. L’esportazione soffrirà per il calo della domanda e ci sarà perdita di posti di lavoro al di là delle affermazioni roboanti “non lasceremo nessuno indietro” ….
Ne lasceremo, vedrete e i soldi per tappare tutte le falle non ci sono e quelli che verranno dall’Europa non saranno sufficienti e più debito si fa più dovremo soffrire dopo per pagare gli interessi. Cosa fare allora? Vivere, vivere a più non posso, però in sicurezza. Non vedo problemi insuperabili nelle fabbriche, nei ristoranti, negli alberghi, in spiaggia o nei cinema, non ce ne sarebbero neppure nei bar, anzi davanti ai bar, ma l’entusiasmo prende la mano e crediamo, come sempre a chi fa tutto facile: “è morto, non c’è più, è finita”.
La guerra l’hai vinta quando hai davanti a te il cadavere del nemico, ma questo nemico non ha un corpo da esporre. Dieci giorni fa una cena con i ragazzi del master: all’inizio tutti con mascherina, poi una volta tolta per mangiare nessuno l’ha più messa e poi le pacche sulle spalle, dialoghi a mezzo metro, ecc. No, così è sbagliato. Siamo sotto vigilanza, dobbiamo stare sotto vigilanza: la nostra. Godiamoci questa estate in pace, solo con un po’ di cautela. Soprattutto pensiamo che, se la pandemia dovesse riesplodere non avremmo più margini economici, non potremmo sopportare un’altra chiusura e potremmo solo affidarci alla speranza dell’immunità di gregge, quella che ha quasi portato alla morte Boris Johnson. Buonanotte.