dallo PSIUP ad AO – piccola storia personale – di Lino Di Martino
All’inizio del 1968 mi iscrissi allo PSIUP, sezione di Monza. Non mi piacevano i leader ufficiali del partito, gli opachi funzionari Valori e Vecchietti; lo PSIUP scontava poi l’essere nato da una scissione dello PSI soprattutto animata da esponenti “carristi” (quei socialisti che si erano accodati al PCI nel sostenere nel 1956 l’invasione dei carri armati ‘sovietici’ accorsi a schiacciare la rivoluzione ungherese). Però vi erano nello PSIUP correnti marxiste ed esponenti prestigiosi come Lelio Basso (luxemburghiano a modo suo), Lucio Libertini (“Per un partito di classe”) e vari altri che apprezzavo.
Apro una parentesi. Al liceo Zucchi di Monza (che in quegli anni aveva docenti di prim’ordine, e fu a un certo punto ritenuto pubblicamente come uno dei migliori d’Italia) la mia insegnante di filosofia era Ada Merenda. Molto scolastica a detta di alcuni, ma certamente colta. Non avrei mai supposto allora che fosse probabilmente iscritta allo PSIUP, e comunque di sinistra.
Ma a ripensarci, avrei dovuto essere un po’ più sveglio. In seconda e terza liceo (si usava affidare a uno studente un testo ‘off’ da studiare, sul quale riferire in classe). E mentre il cattolicissimo A.T. che avevo a italiano e latino (non lo scrivo per intero perchè era certificato che portasse sfortuna) mi fece commentare un saggio di ‘Civiltà Cattolica’ sul personaggio di Matilde di Canossa in Dante, la Merenda mi assegnò ‘La guerra dei contadini in Germania’ di Engels, e in terza pezzi della ‘Storia della rivoluzione russa’ di Lev Trotskij. Ricordo ancora l’entusiasmo con cui riferii in classe del capitolo magistrale sul ‘dualismo di poteri’, che s’instaurò a partire dall’aprile 1917… Risultato: mi iscrissi allo PSIUP.
Nella piccola sezione di Monza tirava aria di fronda. Ricordo il segretario Giorgio Riboldi, un operaio trontiano (!), un certo Roveda, Mao Soardi, Alvise Pasquini, ovviamente Claudio Cereda e pochi altri. Ogni tanto si faceva viva Eugenia Faré. E ci veniva a trovare Giorgio Franchi, di ‘Classe Operaia’.
L’esperienza più significativa fu l’intervento alla Candy di Brugherio e la formazione del Comitato di Base della Candy. Eravamo dei pivelli entusiasti. Mi ricordo che un giorno mi recai a una riunione dei sindacati a Calolziocorte, e autonominatomi rappresentante in trasferta del Comitato Candy, intervenni esaltando quella esperienza di base, e criticando l’inerzia delle ‘burocrazie sindacali’ e i limiti della ‘Costituzione borghese’. Risultato: Andrea Margheri, funzionario dello PSIUP, con l’aria di lisciarmi il pelo mi fece un solenne cazziatone.
Ci presentammo anche a Milano, alla Siemens, con un volantino di lotta che terminava auspicando la Rivoluzione Proletaria. Non so se mi spiego.
La situazione precipitò con la crisi cecoslovacca e l’invasione di Praga. Mentre Riboldi al momento rimaneva, Claudio ed io, nel frattempo partecipi del Movimento Studentesco di Scienze, uscimmo dal Partito (Alvise Pasquini, mio compagno di classe al liceo, voleva zelantemente che fossimo formalmente espulsi). Anche Mao uscì, e sarebbe di lì a poco entrato nel PCI.
Io, che a Olgiate Molgora, a casa di mia madre, ricevevo Bandiera Rossa (organo dei GCR, sezione italiana della Quarta Internazionale) e Pekin Information (carta cina, direttamente da Berna). Avevo letto parecchio il vecchio Lev (oltre a Lenin), e simpatizzavo con la storia internazionalista della IV e il suo ruolo minoritario ma significativo nei movimenti di liberazione e nella battaglia antistalinista in difesa del marxismo critico. Per farla breve, io pensavo che la nascente AO fosse ancora trotzkista…
Se ricordo bene, l’ingresso in AO fu parecchio informale: avvenne andando a casa di Luigi Vinci e Silvana Barbieri, alla presenza di Vanghelis Oskian, che aveva cominciato a esercitare un ruolo carismatico da perfetto neo-leninista all’interno del Movimento di Scienze, e credo di Claudia Sorlini.
Apro una parentesi: si è spesso detto che il Movimento di Scienze, a Città Studi, sia stato ‘la culla di Avanguardia Operaia’. C’è del vero in questo, perché a Scienze AO trovò un fertile terreno di radicamento ed espansione. Ma si potrebbe anche sostenere una tesi opposta: che Avanguardia Operaia fu la levatrice del Movimento a Scienze. E c’è del vero anche in questo, per il ruolo dirigente che presto vi assunse.
In ogni caso, occorre rilevare che AO nacque come gruppo di lavoro operaio ad opera di un gruppo di militanti milanesi in uscita da Quarta Internazionale. Il nome AO compare ufficialmente per la prima volta in capo all’opuscolo “Per il rilancio di una politica di classe”, redatto da questo gruppo di militanti milanesi nella prima metà del 1968 e pubblicato da Samonà e Savelli.
Dunque entrai in AO. Non andavamo in via Veneto, andavamo in via Giason del Maino. La regola era allora che anche i dirigenti fossero impegnati nelle attività dei compagni di base, inclusi il ‘lavoro di cancello’ e i volantinaggi. Così mi ritrovai nella nascente cellula dell’Alfa Romeo, con Gino Meloni e Massimo Gorla. Imparai molto da entrambi.
Gino all’Alfa ci lavorava come operaio. Massimo aveva l’aura del dirigente di lungo corso: con varie esperienze internazionali, reduce dal maggio francese, era stato membro del Segretariato Unificato di Parigi della Quarta Internazionale, e membro del Comitato Federale milanese del PCI fino all’esaurirsi della tattica entrista dei GCR.
Nascevano i Comitati di Base (CUB) nelle grandi e medie fabbriche del milanese, e AO ne era motore significativo con i suoi militanti operai (ricordo Andreosi, Colamonico, il Cip alla Pirelli, e vari altri) impiegati (Calamida, Forcolini…), e l’apporto esterno di studenti e intellettuali.
Gli anni 69-72 furono per me anni di pieno impegno nel lavoro di fabbrica, soprattutto come segretario della cellula Alfa. Ricordo le riunioni prima in Giasone del Maino, poi in via Bacchiglione e infine l’approdo in via Vetere 3. Ricordo i compagni: Rudi, Gino Meloni, Nicola Moro, Pierluigi Sostaro (Pigi) che fu uno dei pochi ‘acquisti’ operai che potei contare, e continuerà con i CUB una lunga militanza:
Ricordo, fra gli studenti e ex-studenti Gabriella, Ambrogio, i compagni di Pontecurone (Ezio, Angelo Gatti e altri), una compagna di Lenno di cui al momento mi sfugge il nome, i medici Samori e Mastroeni, alcuni compagni di passaggio come Patrizia Waechter (di papà Leo), l’avvocato Elio Cherubini. E sicuramente dimentico alcuni, fra compagni e ‘fiancheggiatori’ (su tutti Atzeni, leader operaio ad Arese).
Avevamo poi rapporti più o meno cordiali con esponenti di altri gruppi della sinistra rivoluzionaria, e non solo. C'era Armando Calaminici, che da membro del PCI si infiltrò in alcune nostre riunioni e sarebbe stato anche deputato. E soprattutto ricordo la breve ma utile frequentazione di Eduardo Guarino, napoletano colto e acutissimo, che sarà poi dirigente sindacale riformista e morirà prematuramente. Guarino venne ad alcune riunioni di cellula, ma soprattutto cercava l’occasione di discutere con Massimo Gorla, magari di Luchino Visconti, cinema e cultura varia…
Quanto al Movimento di Scienze, lo vivevo parzialmente, un po’ per mancanza letterale di tempo, un po’ perché dubitavo della linea di AO nell’università (non mi persuase mai la descrizione settaria di scuole e università come ‘apparati ideologici di Stato’, di evidente stampo althusseriano). Inoltre ero sempre più interessato a fare matematica: ciò che finì per configgere con ‘la politica al primo posto’.
La scelta definitiva avvenne nel 1973: emigrai in Inghilterra. Naturalmente la mia falsa coscienza diceva: guarda che AO sta cambiando, vedi la deriva filocinese… l’incipiente deriva marx-leninista… un certo dogmatismo che prima non c’era… la questione palestinese… Tutto vero. Per fortuna non vissi se non da lontano gli anni del disincanto…
Ma per tornare a uno dei quesiti iniziali: AO dei primi anni era ancora trotzkista? La maggior parte dei dirigenti era certamente di provenienza trotzkista. E AO era attestata su posizioni neo-leniniste e anti-staliniste. Tuttavia il riferimento alle classiche posizioni del movimento trotzkista era, diciamo, obliterato. Il giudizio sull’URSS come stato operaio degenerato era considerato erroneo.
Forte era il vento che soffiava dalla Cina, con particolare riferimento alla cosiddetta Rivoluzione Culturale Proletaria (abbaglio madornale: ci si rifiutava di vedervi una lotta di fazione interna al PCC e all’esercito, che il gruppo facente capo a Mao cercò di risolvere con una spallata, facendo intervenire masse di giovani indottrinati e violenti).
Forte era il desiderio di leggere negli avvenimenti cinesi un’uscita da sinistra dallo stalinismo. (Ricordo che mostrai a Randazzo, uno dei dirigenti più aperti e riflessivi, e persona speciale, un articolo su Pekin Information di Yao-We Yuan, intellettuale in ascesa che sarebbe poi stato liquidato come membro della Banda dei Quattro.
Vi si teorizzava la “Rivoluzione ininterrotta per tappe”. Il buon Randazzo scosse la testa…). La deriva maoista era abbastanza contenuta nella prima AO, e il confronto era molto aperto almeno a livello personale. Il neo-leninismo (il Lenin dalle Tesi di Aprile in poi, in sintonia con Trotzky) era assunto in modo dignitoso. Lp si riteneva funzionale a un lungo e difficile percorso verso la costruzione del partito rivoluzionario. Non si vedevano per nulla le aporie e i rischi intrinseci alla concezione leninista del partito (in realtà ho sempre preferito il Trotskij menscevico…).
Comunque lasciai la politica militante prima della deriva militarista e della trasformazione di AO in OCAO. Seguivo le cose da lontano, e soprattutto, come ho già detto, non vissi dall’interno gli anni del disincanto. Forse per questo considero ancora oggi quegli anni come gli anni più belli.