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1985 – preistoria della grafica computerizzata (Università) – di Daniele Marini — 2 commenti

  1. Sono stato un lettore di “Pixel”. E ho partecipato a quel periodo, per così dire, dal lato opposto, “dal basso”. Nel 1982 ho cominciato ad occuparmi di audiovisivi che, a causa degli alti costi del cinema e della registrazione video, erano fatti con diapositive proiettate in dissolvenza su uno o più schermi e sincronizzati con il sonoro, prima con rudimentali centraline, poi con il primo personal computer usabile, un Apple IIe.
    L’interesse per la computer graphics era alto, perché la realizzazione, anche solo di un semplice titolo, richiedeva l’utilizzo dei caratteri trasferibili, seguito da più passaggi su pellicola fotomeccanica e fotografica.
    Per acquisire un po’ di cultura generale, acquistai così un Atari 800, in quel momento uno dei pochissimi antenati del personal computer dotato di grafica a colori, eredità delle consolle per videogiochi per le quali Atari era più nota.
    Mi buttai ventre a terra nella programmazione in basic e, imparati i primi rudimenti, programmai un’applicazione per disegnare col joystick sullo schermo. Non c’erano, o non sapevo dove trovarle, librerie per il disegno grafico, e mi ingegnai così a costruire tutte le routine per disegnare segmenti, poligoni, circonferenze Ecc. e per eseguirne il riempimento.
    Con l’Atari 800 si potevano fare anche rudimentali animazioni 2D, caricando tutti i fotogrammi in una zona della memoria e controllando un puntatore che li riproduceva a turno sullo schermo.
    Organizzai una mostra a Saronno, mobilitando i primi rivenditori di informatica, i bravi insegnanti che, all’ITIS, cominciavano ad usare i PC e perfino il tabaccaio che faceva i primi sistemi per il totocalcio con un Olivetti M20.
    Il secondo step di “pionierismo dal basso” venne con il Commodore Amiga 1000 e poi 2000 ed ebbe una certa rilevanza professionale. Gli affari non andavano granché bene, quando mi imbattei in questi computer che offrivano la miglior grafica a colori a basso costo del momento, parecchio prima di Apple (in Italia, se anche volevi, non trovavi un programma legale per Amiga e c’era un gran commercio semiclandestino di dischetti da 3”1/2). Ci investii le poche riserve disponibili (come mi ricordo anch’io gli interessi vicini al 20% per l’Apple II, il sistema di proiezione, la prima telecamera) e fu un affare. In quegli anni, le titolatrici video costavano molto e, se a colori, moltissimo. Con l’aiuto di uno scatolotto elettronico australiano, gli Amiga si interfacciavano perfettamente con i sistemi di montaggio video e producevano titoli a colori a livello di macchine specializzate 10 o 20 volte più costose. Un bel vantaggio competitivo. E si potevano anche acquisire e modificare immagini con una telecamera e realizzare animazioni 2D e 3D in tempo reale (ne ricordo una per il Congresso delle ACLI a Milano, con un flying logo che non si poteva vedere).
    Quanto alle diapositive, al tempo c’erano dei sistemi con software proprietari e costosissimi film-recorder, con i quali una slide (Power Point era agli albori e trasferirlo su pellicola non si poteva ancora) costava mediamente 100.000 lire. Con clienti, anche importanti ma renitenti a spendere svariati milioni di lire per qualche diapositiva, mi creai un mercato producendo le diapositive con l’Amiga e riproducendole fotograficamente dal monitor più decente che potessi permettermi.
    Poi passai al Macintosh, credo nel 1991, e finì la fase pionieristica. Photoshop 2 per elaborare le immagini, scheda Vista per digitalizzarle e trasferirle nel montaggio video, le diapositive le stampava un service a partire da Power Point (ma mai bene al primo tentativo). Tutto molto lontano nel tempo rispetto a quanto si fa oggi, ma l’attenzione si spostava dal poterlo fare (a costi “umani”) al saperlo fare, utilizzando tecnologie stabili e che, ormai, si stavano consolidando.

    • Un bel contributo che consente di considerare quelli di Saronno alla stregua dei brianzoli: produttori di idee e soluzioni dal basso. Potresti andare a fare il collaboratore di Daniele. Oppure se lo rifinisci un po' trasformare il commento, letto da pochi, in una seconda puntata con titolo: anche a Saronno si costruivano le soluzioni con la genialità del povero!
      Naturalmente se fai l’articolo lo arricchisci di aneddoti e di immagini del laboratorio del dottor Mabuse.

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