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scrutini — 4 commenti

  1. Cari colleghi Cereda e Cavanna,
    mi inserisco tardi nel discorso perchè mi è giunta voce di entrambi,una di accusa,una di garbata difesa,solo da due giorni.
    Vorrei tanto che si parlasse anche tra noi(docenti-studenti-preside-personale) a scuola, di tutto ciò, senza scopi di provocazione e ricusa,solo come formatori pronti ad oggettivizzare propositi e mancanze, per continuare a crescere studenti ogni anno diversi,ma ugualmente ricchi di risorse umane e di richieste, a noi tutti operatori della scuola, di aiuto a decifrare la complessa realtà sociale e a costruire il proprio ruolo professionale.Come? A ognuno il proprio ruolo.
    Cordialmente Maria Grazia Morotti

  2. Ho letto con interesse e attenzione il suo articolo, del quale condivido pienamente le linee essenziali; mi permetta però alcune riflessioni “dall’altra parte della barricata”
    Gli insegnanti escono a dir poco piuttosto acciaccati dalla sua descrizione; certo le sue osservazioni sono senza dubbio veritiere, però mi piacerebbe spiegarle cosa sono per molti di noi questi scrutini e con quale animo ci accingiamo ad affrontarli.

    Innanzi tutto i coordinatori: hanno un bel carico di lavoro; devono raccogliere dati dai colleghi (p.es. numero di ore di lezione, numero di insufficienze, desideri e possibilità di attivare recuperi eec). La ricerca è febbrile, si svolge in fretta in corridoio tra una lezione e l’altra; alcuni colleghi non si incontrano mai, divisi come siamo tra due sedi! Si sente la mancanza di un momento di incontro più tranquillo, nel quale si possa davvero ragionare dei nostri ragazzi; la verticalizzazione delle cattedre, che presenta indubbiamente aspetti interessanti e alla quale io sono favorevole, aggrava però la possibilità di incontri e scambi; così spesso il coordinatore lavora in solitudine, stende una relazione non sempre condivisa, ipotizza i voti in condotta senza possibilità di confronto coi colleghi, a meno di non trovare collaboratori appassionati disposti a fermarsi un attimo e riflettere.

    Non sottovaluterei neppure l’ansia da prestazione informatica, almeno nel mio caso sempre altissima e i frequenti problemi col sistema

    Quello però che mi colpisce maggiormente è la sua sconsolata riflessione sulla mancanza di passione che denuncia nell’articolo: Io non voglio credere che sia davvero così e potrei citarle tanti piccoli episodi che attestano il contrario e che riguardano un buon numero dei suoi docenti. Siamo ancora capaci di emozionarci davvero di fronte ai successi dei nostri ragazzi, siamo noi i primi a dispiacerci delle loro prestazioni negative e siamo spesso pronti a prenderci le nostre belle responsabilità nei confronti dei fallimenti! Io ho la fortuna di avere colleghi così, con i quali condivido l’idea di avere una grande e bellissima responsabilità nei confronti delle persone che mi sono affidate.

    Sulla modalità di valutazione è vero, c’è molta strada ancora da fare: ma siamo ancora molto frastornati da idee e modalità a dir poco dicotomiche; ci si chiede infatti di compiere un atto formale, burocratico e inattaccabile “ma anche” di mostrare flessibilità, partecipazione emotiva, sensibilità: nel nostro paese i “ma anche” non hanno avuto finora molta fortuna e qualcuno di noi si arrocca indubbiamente su posizioni di rigidità che non condivido ma posso comprendere.

    In ultimo le chiedo di tener conto della nostra difficoltà a tener dietro a tutto, ragazzi, genitori, riforme, spesso nella gattopardiana convinzione che cambi tutto per non cambiare niente; spesso siamo tra l’incudine e il martello, massacrati da un’opinione pubblica che ci ritiene parassiti,oberati anche da compiti organizzativi e da adempimenti burocratici che mal sopportiamo e mal gestiamo e che soprattutto ci distraggono dalla nostra vera mission: quella cioè di stare sempre e completamente dentro le nostre classi, a fianco dei nostri ragazzi. Qualche volta un incoraggiamento anche a noi non farebbe male!

    • Incoraggiamento concesso, ci mancherebbe. Come ho già scritto su Il Sussidiario mi riservo di intervenire con una parte dedicata alle condizioni materiali necessarie alla costruzione dell’anima; per il resto condivido ma segnalo in tutta questa buona volontà la mancanza, anche nei docenti migliori e più responsabili, di due cose:
      1) la capacità di sentirsi parte di una organizzazione (la scuola autonoma)
      2) la capacità di riflettere adeguatamente sull’insuccesso degli alunni e di adeguare non solo il percorso didattico, ma anche la valutazione a questo aspetto

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