le vite degli altri … un po’ anche nostre
Le vite degli altri è un film tedesco del 2006 che ha preso l'Oscar come migliore film straniero e che racconta una vicenda di STASI (la polizia politica della ex Germania Est) alla metà degli anni 80.
Me lo sono gustato e lo dedico idealmente a tutti coloro che, nella cerchia della sinistra, continuano ad essere di bocca buona nei confronti delle vicende del socialismo reale, come se certe cose non ci avessero riguardato perché noi in Italia eravamo comunque diversi e non c'entravamo con le deviazioni dalla via maestra che avvenivano ad est.
I protagonisti sono persone di teatro (attori, registi, attrici, autori), più o meno dissidenti rispetto al sistema e ufficiali della STASI di livello medio-alto. La descrizione del sistema dei controlli è dettagliata (i centri di ascolto, le microspie, gli interrogatori dei dissidenti caduti nella rete, la retorica del socialismo, …).
La RDT è stata culturalmente poco affine ai regimi slavi dell'est e, nell'ambito dei paesi del blocco di Varsavia, i comunisti tedeschi della SED si vantavano di essere un paese industrializzato, colto, erede di Marx più che di Lenin persino nei simboli del regime con l'incudine e il compasso.
Si sentivano quelli in sfida diretta con l'Occidente e dunque tutte le cose dovevano farle bene e meglio degli altri. IN RDT c'erano le automobili (la mitica Trabant), c'erano le tutele sociali, c'era il teatro, c'erano i primati nello sport e le medaglie olimpiche (oggi sappiamo ottenute con quali modalità nelle fabbriche ormonali degli atleti). Sino alla metà degli anni 70 gli stand della RDT, con la vendita dell'artigianato socialista, avevano un posto di rilievo alle feste dell'Unità dove c'era la immancabile raccolta di firme per il riconoscimento diplomatico (e le firme in un paio di occasioni ce le ho esse anche io).
Ma torniamo alle Vite degli altri. Le scene delle perquisizioni, degli interrogatori, della compilazione dei rapporti dattiloscritti sulle Vite degli Altri che non sanno di essere intercettati ti fanno stare male per la organizzazione e la esistenza di un sistema parallelo che non esiste finché non ci caschi dentro.
Quel sistema oppressivo è caduto da solo perché alla fine l'uomo fa i conti con il suo essere tale. Così è uno dei protagonisti (un agente del male) a cedere piano piano alla umanità, a farla grossa, a non cedere alla ingiustizia, ad occultare le prove della dissidenza che aveva contribuito a costruire e ad accettare di finire degradato, condannato ad occuparsi della apertura delle lettere con il vapore.
Cade il muro, l'autore teatrale Georg Dreyman continua i suoi successi in Occidente mentre l'ex capitano della STASI Gerd Wiesler è ridotto a incasellare le pubblicità nei condomini di Berlino. C'è un margine di speranza perché Dreyman che ha potuto ricostruire la sua vicenda grazie alla declassificazione degli archivi della STASI (dove gli agenti sono sigle) scopre (senza conoscerne il nome) quello che Wiesler ha fatto per lui e gli dedica il suo ultimo romanzo "Sonata per gli uomini buoni". Wiesler, con la sua aria da Uomo senza qualità, lo sfoglia in una libreria e vi legge «dedicato a HGW XX/7, con gratitudine».
Da vedere per riflettere.