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Sognavamo cavalli selvaggi (Luca Visentini) – recensione — 3 commenti

  1. Non siamo andati a letto presto”.
    Il primo pensiero che mi è venuto in mente quando ho finito di leggere il libro.
    Ho letto il libro quasi d’un fiato.Ho titubato un po' prima di sfogliarlo, ho rimirato la copertina, ho letto la quarta di copertina un paio di volte, mi sono soffermato sul titolo e mi sono chiesto se anch’io sognavo in quegli anni dei cavalli selvaggi.
    Avevo quasi paura di essere deluso ma che sorpresa è stata quando ho iniziato a leggere le prime pagine. Una scrittura leggera, ma mai frivola.
    Luca ha saputo incidere sulla carta la storia, la vita gli stati d’animo o come ha scritto Cereda il flusso di coscienza di una generazione di giovani che si sono avvicinati e praticato la politica a 16 anni.
    La passione, le riflessioni ,i milioni di passi nel quartiere che poi a quell’età e per oltre 10 anni era tutta Milano girata a piedi o in bici mi ha fatto rifluire nel tempo.
    Abbiamo vissuto le stesse titubanze, le stesse timidezze nella vita privata, le difficoltà con le ragazze che scoprivano allora la loro forza, la loro importanza e per certi aspetti noi ragazzi ne siamo stati colpiti in pieno come da un maglio scagliato contro la nostra inesperienza e la nostra volontà di cambiare il mondo. Tutto veniva messo in discussione.
    Ho cominciato a lavorare a 14 anni in Borletti ed ero curioso di vita, di esperienze di odori come quando con un un mio amico siamo finiti nelle vicinanze della Statale in una giornata di scontri fra militanti del MS e polizia e ci siamo addentrati nella nebbia dei fumogeni per capire cosa avremmo provato.
    Perché gli studenti si scontravano con la polizia? L’avremmo capito nel corso degli anni anni.
    Qualcuno ha scritto “formidabili quegli anni” ma io non sono d’accordo perché sono stati 10 anni in cui non abbiamo avuto paura di niente; anni in cui le coscienze di milioni di persone sono cresciute ad un ritmo accelerato e le intelligenze si sono come ampliate coinvolte com’erano in discussioni continue, in esperienze condivise, nella percezione comune che qualcosa aldilà della nostra comprensione stava o sarebbe accaduto.
    Sono stati anni profondi, felici, ricchi di esperienze non comuni, di fatica e di libertà mentale; anni di notti passate a guardia di mercatini del libro o di sedi da difendere, di notti trascorse davanti ai fuochi dei picchetti a difesa del posto di lavoro; anni anche di frustrazioni, delusioni ma mai di rimpianto.
    Sono stato un militante di AO a tempo pieno ,un “perfetto leninista” con tanto di coscienza sul ruolo dell’avanguardia operaia e così via ma con un’unica e permeante preoccupazione: non volevo diventare un militonto.
    Avevo la sensazione che tanta passione, coinvolgimento, impegno fisico finissero per essere totalizzanti al punto da annullare ogni mia capacità di critica e giudizio. Ho ritrovato queste paure nel libro e ho compreso come siano state comuni a migliaia di ragazzi come Luca o me stesso e sono esse che ci hanno permesso di camminare in equilibrio sul crinale di una vita vissuta con pienezza e contezza.
    Questo libro è potente e senza essere assolutamente un saggio è pieno di insegnamenti; non ci sono cadute verso il vittimismo spesso usato per giustificare le proprie debolezze; non vi sono esaltazioni o rivendicazioni da mosca cocchiera.
    Il libro mantiene un equilibrio fra vita privata e vita politica, un filo conduttore di sobrietà e gioia di vivere con solo un piccolo ma imperioso invito ad immergersi nel flusso del tempo, come ad osservare l’acqua di un fiume che scorre e che ti riporta indietro alla sorgente o fluisce in avanti verso il mare e ti permette di essere nella vita senza nessun rimpianto.
    Vorrei dedicare a tutti coloro che hanno letto o leggeranno “Sognavamo cavalli selvaggi” questa poesia di Tennyson:
    Non siam
    la forza più che nei giorni lontani
    muoveva la terra ed il cielo: noi, siamo quello che siamo:
    una tempra d'eroici cuori, sempre la stessa:
    in lottare e cercare e trovare
    né cedere mai.

    • Grazie Giacomo, dovremmo esercitarci tutti un po' di più nel racconto del nostro vissuto. Segnalo a Roberto Visentin il tuo commento che gli farà certamente piacere.

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