eroi e cittadini
Sta montando una polemica un po’ stupida intorno alle parole di un vescovo.
Poiché si tratta di un terreno scivoloso vedo di mettere il mio pensiero in forma schematica:
- sono assolutamente favorevole al ruolo che, in accordo con ONU e NATO, il nostro paese svolge da qualche anno sul terreno del mantenimento della pace
- si tratta di una attività che costa (in soldi e in vite) e che corrisponde al ruolo e al peso dell’Italia nel mondo
- le caratteristiche di queste azioni sono definite dal Governo e dal Parlamento
- si tratta di azioni per le quali è difficile distinguere tra contenimento del nemico (guerra difensiva con un nemico definito dall’ONU) e azione di ricostruzione civile: due azioni entrambe utili e necessarie
- chi partecipa a queste azioni ci va come volontario; è ben conscio di partecipare ad azioni rischiose; in virtù di tali rischi e disagi viene adeguatamente retribuito
- il fatto che l’Italia non conosca più la guerra dal 1945 sembra farci smarrire la differenza tra vittima ed eroe: la vittima viene colpita mentre assolve ai suoi doveri; l’eroe va oltre: è colui che dà un contributo alle azioni che va ben oltre il dovuto e, per effetto di quell’andare oltre, dà un contributo particolare alle azioni (in termini di risultati) e può rimanere vittima di tale contributo (si può avere un eroe vittima e un eroe non vittima)
- tutte le vittime che rimangono ferite o perdono la vita in azioni legate alla missione hanno diritto alla riconoscenza materiale e morale dello Stato e dei cittadini italiani e in questo riconoscimento è bene che i famigliari possano sentire affetto e vicinanza; se poi qualcuno ci vuol mettere della retorica ce la metta (ma io per esempio non la apprezzerei)
Voglio fare, in conclusione, un’ultima considerazione: il fatto che a livello di pubblica opinione si siano ritrovati il senso della italianità, l’orgoglio della bandiera, la solidarietà nazionale, una visione della politica estera attiva è un bene. Attenzione però a non cadere nella retorica, nello sciovinismo e nella intolleranza verso chi la pensa diversamente e ha tutto il diritto di affermarlo.
Un abbraccio ai famigliari dell’ultimo alpino morto in Afghanistan, vittima di un lavoro pericoloso. Uno dei molti lavori pericolosi di questa nostra società in cui spesso si muore in maniera stupida.