Dal Vietnam a Cuba – (10) i Cubani – di Roberto Ceriani
Un europeo proveniente da una grande città rimane colpito sentendo nelle strade la voce delle persone che parlano. A Milano pochi parlano e, se parlano, lo fanno sottovoce; a Cuba è il contrario. Il tutto è condito con musica che proviene da ogni parte. Sembra che i cubani abbiano paura del silenzio. La musica è dappertutto, ma in fondo è sopportabile anche per me che non la amo più di tanto; proviene dalle case e dalle auto, ma soprattutto dai tanti suonatori che si incontrano per le strade.
Anche nelle strade di campagna, quando ci si ferma a un autogrill (beh, non esageriamo! qualche cosa che ricorda vagamente un autogrill), è facile trovare qualcuno che suona: a volte si trovano intere bande di suonatori e cantanti con tanto di microfono. Persino l’addetto ai gabinetti alterna la pulizia del w.c. con una suonata di chitarra, forse pensata a fini lassativi. C’è poi la musica “ufficiale”, spesso associata a grandi bar nelle piazze urbane. A Santa Clara, nella bellissima piazza centrale, un’intera orchestra giovanile suona sotto la direzione di una giovane direttrice che poi scopriamo essere la figlia della padrona della Casa Particulare che ci ospita.
Un breve momento di silenzio capita imprevisto un mattino, quando nella strada passa un funerale. Il corteo di gente vestita di tutti i colori (ma dov’è il nero funebre?) è preceduto da un carro ridotto all’essenziale. La gente cammina con la testa abbassata in un silenzio irreale per l’ambiente usuale, ma dura poco.
A ogni ora le strade sono piuttosto affollate. Gente che cammina, parla, lavora sui marciapiedi, ripara le auto, sta seduta di fronte a casa o sta in piedi senza fare nulla. Di solito le persone sono calme; non dànno l’idea di essere scansafatiche, ma sono indubbiamente lente nei movimenti.
I cubani sembra che se la prendono sempre con calma. L’atteggiamento posturale e il modo di muoversi dei cubani sono molto lontani dall’ansia comunicata dal passo di un frenetico milanese diretto verso la metropolitana. L’indubbia bassa produttività lavorativa sarà un vantaggio o un limite? Non saprei, ma certamente è più facile vendere frigoriferi in Groenlandia che ansiolitici a Cuba.
Durante una chiacchierata diciamo al nostro mediatore culturale che in Italia esistono i femminicidi; gli spieghiamo che avvengono quando una donna tradisce o abbandona il suo compagno. Scoppia in una fragorosa risata. E’ convinto che scherziamo. Quando gli diciamo che è tutto vero e gli spieghiamo che questi delitti avvengono in media due volte alla settimana rimane in silenzio. Non ha parole. Forse ha bisogno di un mediatore culturale.
PER LE STRADE DI CUBA
Nelle strade c’è sempre poco traffico, sia in città sia in campagna. All’Havana ci sono tantissime auto americane degli anni ‘50. Ci sono sia modelli di lusso sia vecchie baracche. Alcune auto sono tenute molto bene e usate come taxi; altre sono scassate e ridipinte con le vernici più improbabili. I motori sono spesso rifatti con ricambi improvvisati. La cosa incredibile è che tutte funzionano e sono usate regolarmente.
Agli incroci non è chiaro quali siano le regole di precedenza. Sembra che la regola dominante sia che chi sta già andando continua ad andare, mentre gli altri aspettano il loro turno. Più o meno…
Al mattino in città passano numerosi camion pieni di persone dirette al posto di lavoro. Durante la giornata gli stessi camion trasporteranno le merci e a sera riporteranno a casa i lavoratori. Abbiamo visto anche un autoarticolato il cui unico enorme rimorchio era un immenso autobus lungo almeno il doppio dei normali autobus extraurbani. Probabilmente era un residuato sovietico degli anni ’70.
Le automobili prevalgono nella parte Ovest dell’isola, Havana compresa. Al centro invece ci sono molte moto, spesso elettriche, mentre nella zona Est è più facile trovare biciclette e carretti contadini trainati da cavalli. Le moto elettriche sono un po’ pericolose perché troppo silenziose e non le senti arrivare; inoltre hanno una ripresa eccessiva per le strade urbane.
Soprattutto a Est ci sono molti tricicli a pedali guidati da uomini; le donne vengono trasportate, ma non ne ho viste pedalare. Esistono anche tricicli con rimorchio e altri con sidecar; ai cubani la fantasia certo non manca.
Nelle piccole città e nelle campagne è molto diffusa la trazione animale. Nelle strade extraurbane, anche nelle “autostrade”, si vedono ovunque carretti trainati da cavalli.
C’è anche molta gente che viaggia a dorso di cavallo o asino, oltre a piccole carovane costituite da un contadino a cavallo che traina con una corda uno o due asini carichi di merce. In campagna si vedono pochissimi trattori ed è possibile vedere anche alcuni buoi trainare un aratro.
MANGIARE
A Cuba nessuno muore di fame. Nonostante le enormi difficoltà economiche anche i più poveri hanno una tessera per acquistare a prezzi bassissimi gli alimenti essenziali. In ogni quartiere c’è un negozio che serve circa 450 famiglie dotate di tessera per alimentari. Il doppio mercato per gli alimentari, negozi con tessera e mercato privato (dove si compera un po’ anche al nero) fa il paio con il doppio mercato valutario: pesos cubani e pesos convertibili chiamati CUC.
Nell’isola c’è una grande produzione cacao con cui si produce un’ottima cioccolata in pezzi solidi e viene usata anche per la colazione al mattino. La gente per la strada chiede ai turisti saponette, penne e spiccioli.
COMPERARE
Fino al 1993 a Cuba non esisteva la proprietà privata. Ogni negozio era statale e chi ci lavorava era salariato. Poi sono iniziate alcune piccole liberalizzazioni e i cubani hanno scoperto le tasse che prima non esistevano. Oggi molti cubani fanno fatica a vivere, ma quasi tutti hanno una seconda attività, più o meno legale.
Praticamente non esiste la carta di credito e i Bancomat sono molto rari. Occorre portare dall’Europa valuta in contanti da cambiare. E’ meglio non portare dollari USA perché ne viene cambiato solo il 90%; il 10% viene incassato gratis come punizione contro l’embargo USA (gli USA fanno l’embargo e il turista europeo viene punito).
Il turista compera così i CUC (pesos convertibili del valore di circa un dollaro), ma i cubani ufficialmente usano il peso. In pratica c’è una doppia valuta, una per i cubani e una per i turisti, ma non è così semplice. Anche i cubani hanno bisogno dei CUC per comperare alcune merci particolari, ma il cambio fra peso e CUC è un mistero che viene risolto di volta in volta, in modo diverso nelle diverse situazioni.
I prezzi sono piuttosto variabili. Un caffè può costare da 25 a 150 centesimi, ma non sempre è chiaro se si parla di pesos o di CUC. Il prezzo esposto può essere lo stesso, ma bisogna dare un’occhiata al livello del bar; se il locale è piccolo e sporco si tratta di pesos, se invece è moderno e pulito probabilmente si intende che sono CUC.
Comunque, se il prezzo è in pesos e il turista paga in CUC, si può pagare tranquillamente la metà del valore equivalente in pesos e il barista è contento lo stesso. E’ un po’ difficile da capire, ma forse l’unica cosa da capire è che capire è uno sforzo inutile.
SOPRAVVIVERE
All’Avana ci sono tante belle case coloniali assegnate dallo Stato, dopo il 1959, in modo che ogni famiglia avesse diritto a un appartamento. Qualche famiglia ha avuto la fortuna di vedersi assegnato un appartamento in centro che ora, con l’inizio di un mercato immobiliare, sta diventando un’importante risorsa economica. La proprietà rimaneva dello stato, quindi nessuno ha mai fatto manutenzione. Questo ha provocato un grave degrado nelle case del centro e la nascita di alcuni quartieri nuovi fuori città, come la zona moderna di Miramar.
Nei primi anni ’90 c’è stata una crisi economica terribile; il PIL era sceso del 34%. Le condizioni di vita non lontane dalla fame hanno portato Castro ad aprire agli USA e a permettere alle barche americane di venire dalla Florida a prendere i parenti degli esuli cubani scappati dopo il 59. Si chiamava Crisi dei Balzeros. Però le barche dovevano prima imbarcare anche gli avanzi di galera fatti uscire apposta per liberarsene e mandarli negli USA. Un vicino di casa del nostro mediatore culturale era un criminale, fuggito in questo modo negli Stati Uniti per evitare la galera cubana.
La traversata si faceva su imbarcazioni di tutti i tipi, anche con zattere a remi autocostruite. Dopo 25 anni Obama ha riaperto il dialogo con Cuba e autorizzato i voli da Miami all’Havana per permettere agli esuli cubani di tornare a Cuba per trovare parenti e portare vestiti, medicinali e soldi. In cambio di questa “elargizione” Obama ha obbligato Cuba a riprendersi quei Balzeros che, rimasti negli USA, hanno continuato a fare i criminali anche lì. Il vicino di casa è così tornato e ora “lavora” all’Havana come protettore di prostitute.
Mi sorprende sentire una definizione di Obama come di un nuovo tipo di oppressore di Cuba, uno più intelligente ed efficace, quindi più pericoloso, nel tradizionale compito americano di opprimere i cubani, però non ho elementi per confermare o per smentire questa immagine dell’ex Presidente americano. L’unica cosa che mi è chiara è che Cuba ha subìto tutte le oppressioni possibili, militare, economica e culturale. Hanno retto di tutto. Possiamo dare qualunque giudizio su Cuba e sui cubani, ma non possiamo negare loro il nostro rispetto.