tutta colpa dei negri – di Roberto Ceriani
Oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Negli anni ’50 la rapina di via Osoppo sconvolse il mio quartiere. I banditi scorrazzavano armati sotto casa, però erano educati e non sparavano a noi bambini. Poi, rapina oggi, rapina domani, ci siamo abituati. Andare in banca o all’ufficio postale ci creava un po’ di agitazione. Temevamo una piccola sparatoria di routine, un po’ come oggi nelle scuole americane. Però loro sono più avanti di noi; comperano fucili d’assalto al supermercato, mentre io ho girato tutta l’Esselunga e non ho trovato nemmeno una Ruger semiautomatica da borsetta.
A fine anni ’60 arrivò la banda Cavallero. Sparava nelle strade e uccideva i passanti. Non per cattiveria; solo per ritardare un po’ l’inseguimento! Vedevo le Giulia della Polizia con le sirene spiegate che urlavano nel traffico urbano e pensavo che venissero a prendere noi studenti che, vicino a San Vittore, vendevamo illegalmente libri scolastici usati! Eppure era facile capirlo: era lunedì, giorno classico di rapine, normali eventi settimanali che facevano notizia solo se corredati con morti o feriti.
Nessuno parlava più degli assalti alle Poste o ai tabaccai perché di solito non sporcavano i pavimenti con il sangue. C’era altro cui pensare: non trovare più l’auto posteggiata sotto casa era una normale scocciatura e i furti negli appartamenti erano considerati solo un antipatico inconveniente, ma tenevamo 100mila lire in anticamera, così se arrivavano i ladri mentre eri in casa potevi darglieli e andavano via subito, magari ringraziando.
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Negli anni ’70 le aggressioni fasciste nelle strade erano normali fatti di cronaca. Cinque contro uno era un buon format per punire chi portava la sciarpa del colore sbagliato, garantendo un piccolo massacro senza prenderle. Con qualche ritocco al format c’era poi chi si teneva in forma con aggressioni speculari tinte di rosso antico.
A volte prendevo il caffè in un bar che ospitava spesso oziosi fascistelli di periferia, emarginati anche dai ricchi camerati sanbabilini. Un pomeriggio quel bar è stato assaltato con bottiglie Molotov esplose fra i tavoli, ma con grande gentilezza i clienti erano stati fatti uscire prima del rogo purificatore. Le fiamme raggiunsero il secondo piano. Erano fatti di cronaca secondaria che sulla stampa meritavano solo qualche commento distratto.
Decisamente più interessante per la stampa fu un’aggressione vigliacca contro un ragazzo di periferia che conoscevo; un piccolo fascista in erba che a 16 anni è stato privato del diritto di crescere. Ucciso sul marciapiedi da una banda di vendicatori che avevano capito chi è il Nemico! “Dovevano spettinarlo, ma per sbaglio l’hanno aperto”; il gergo era semplice e chiaro, forse un po’ giustificazionista, ma non occorrono traduzioni per spiegare come è stata spaccata in due la testa di un povero adolescente confuso.
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Per affiggere manifesti politici sui muri si andava di notte in 10 o 12, politicamente armati (si diceva proprio così). A volte finiva un po’ male, fra bastoni rossi e coltelli neri.
Nelle manifestazioni della Sinistra milanese c’erano decine di migliaia di compagni. Quelli davanti erano dotati di caschi e bastoni per affrontare scontri di piazza che incendiavano il sabato di mezza città.
I feriti più gravi andavano in ospedale, invidiando quelli meno gravi che venivano curati in infermerie improvvisate dalle compagne di Medicina, che poi erano proprio carine! Oltretutto un’eroica ferita sotto una fasciatura bianca era un discreto passepartout con le ragazze più ansiose. Peccato che qualche volta qualcuno restasse immobile sul marciapiedi, in attesa di silenziosi funerali di massa.
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Gli assalti alle sezioni di partito erano cronaca quotidiana, quasi fossero piccole intemperanze giovanili. Scoppiavano bombe fasciste nelle banche, nelle fiere e sui treni.
Il Lutto Nazionale seguiva ogni grande strage ferroviaria, ma pochi oggi ricordano tante altre piccole bombe scoppiate sui treni o sotto ai binari.
In Toscana una bomba tranciò un tratto di binario in un punto scelto con cura per fare deragliare i vagoni e fare annegare qualche decina di passeggeri in un laghetto di collina. L’idea non era male, ma il tratto di binario tranciato era troppo corto quindi quel Diretto, che in sole nove ore andava da Milano a Roma, non deragliò e tutti si salvarono. Nessun giornalista si scomodò per intervistarci: non si abbandona la scrivania per un normale attentato ferroviario, oltretutto riuscito male!
Ebbero più successo di stampa le bombe contro i treni di operai diretti a Reggio Calabria, ma oggi nessuno si ricorderebbe di quei feriti se Giovanna Marini non avesse scritto una stupenda canzone di Storia.
Non ricordo quanti furono i tentativi di colpo di Stato negli anni ’60 e ’70, ma ricordo che certe notti nessun militante del PCI dormiva a casa sua.
Un maledetto giovedì di aprile ’73 i fascisti invasero il centro e uccisero un ragazzo di 22 anni lanciando nelle strade di Milano bombe a mano militari modello SRCM (avete letto bene: lanciando nelle strade di Milano bombe a mano militari modello SRCM).
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Nei ruggenti anni ’80, fra le pieghe agitate dai ben pettinati Yuppies della nascente Milano da Bere, spuntavano le P38 dai cortei degli autonomi (non ho mai capito autonomi da cosa). Sparavano fra i passanti nelle strade affollate, mentre il terrorismo rosso uccideva più volte al mese a Milano, Torino, Genova, Bologna, Roma, Napoli (scusate chi ho dimenticato), contrastato solo da silenziosi cortei, incuneati a fatica fra il morto di ieri e quello di domani.
Molti consolavano la purezza della propria immagine con una orgogliosa sintesi di equidistanza “Né con lo Stato, né con le BR”.
Mafia e Camorra uccidevano ogni giorno, ma se ne parlava poco; in fondo erano fatti loro. Le strade insanguinate si spartivano la notizia con quelle dei sequestri di persona di molti sfortunati benestanti.
Alcuni tornavano a casa a rate, prima un orecchio poi il resto; i più tirchi non tornavano mai. I rapimenti fornivano il capitale iniziale a una promettente e dinamica startup giovanile, chiamata ‘Ndrangheta, il cui business contendeva la piazza con le ormai old fashioned mafie locali.
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri! Poi sono arrivati i contraddittori anni ’90, con nuove speranze e nuove delusioni, ma con un tasso di violenza diffusa continuamente calante. La violenza politica e mafiosa si è ridotta a singoli episodi, significativi o marginali, mentre tutti i tipi di reati sono ancora oggi in costante diminuzione, tranne le truffe informatiche che risultano in crescita.
La Mafia non uccide più ogni settimana; neanche d’estate. Non ci sono più le normali e frequenti aggressioni politiche con uccisioni nelle strade. Oggi partecipiamo a manifestazioni pubbliche senza bisogno di difenderci con caschi e bastoni; entriamo in banca senza pensare a chi è rimasto a casa.
Da 20 anni l’Italia, invasa dai negri, è l’unico grande Paese europeo indenne dal terrorismo islamico.
Viaggiando in treno non ci aspettiamo di finire la corsa frenati dal tritolo. I furti sono diminuiti. Le rapine alle Poste sono un ricordo da nonni sdentati.
Il mondo è cambiato. Abbiamo problemi nuovi, ma sotto molti aspetti il Paese è più sicuro.
Ma oggi la Sicurezza è il nostro problema principale. Ah, come vivevamo tranquilli quando non c’erano i negri!