ho-nestà
Ieri sera ho guardato un quarto d’ora di Sette-Mentana e così ho visto il servizio delle Jene dedicato ai finti bonifici effettuati dalla accoppiata Andrea Cecconi e Carlo Martelli.
Quel tipo di giornalismo alla Gabibbo mi ha sempre disturbato e continua a disturbarmi per via della recitazione, della suspense, per l’uso degli effetti speciali, per le domande fatte gridando e mi ha stupito sentire sia Mentana sia Padellaro definire quella roba come una grande inchiesta giornalistica.
Strana inchiesta quella in cui una gola profonda ex 5 stelle ti racconta tutto, ti fa i nomi, ti dà le cifre, ti parla dell’uso delle prenotazioni di bonifico anziché delle ricevute. Se vogliamo parliamo di scoop ma non scambiamo una cassetta della posta per una inchiesta.
Comunque, al di là di come è andata l’effetto c’è stato e non poteva che essere così visto lo spirito da Savonarola sia dei due presi con le mani nel sacco, sia del movimento della ho-nestà.
Vi enumero le cose che non mi sono piaciute:
- ho visto numerosi esponenti dei 5* (Di Maio in testa) dichiarare che sarebbero passati in banca per avere la distinta dei bonifici effettuati. Ma come, siete i mago Merlino della rete e non usate l’home banking? Le nuove tecnologie le sa usare solo Casaleggio? Ci si collega a Internet e si stampa la distinta con i numeri di protocollo telematico.
- ho visto reazioni scomposte sia alla base sia al vertice con il tentativo di buttarla in caciara: anche se i milioni versati erano 21 e non 23 noi li abbiamo versati, gli altri no. Verissimo, ma la critica non era quella di avere ingannato gli Italiani, semmai era del tipo c’è del marcio anche in Danimarca. Tutto ciò non mi porta a concludere sono tutti uguali. Ho sempre osteggiato le posizioni dei paladini della santità fossero del PCI contro i socialisti e i democristiani, i radicali contro tutti gli altri, i qualunquisti prepolitici di destra (del mi faccio li cazzi mia) contro il magnamagna, i 5 stelle nuovi savonarola, quelli che non votano più ma poi non ti fanno lo scontrino e inneggiano al doppio lavoro.
- si continua a fare un gran polverone contro i costi della politica e non si sottolinea il fatto che alcuni provvedimenti legislativi contro le varie forme di finanziamento della politica (finanziamento dei partiti che superano determinate soglie alle elezioni, finanziamenti alla editoria, finanziamenti ai gruppi parlamentari, vitalizi, finanziamento dei portaborse, …) sono stati assunti in questa legislatura e si tratta di cifre risparmiate (non versate e stornate per finanziare attività filantropiche) in quantità nettamente superiori a quei 23 milioni. Non lo si dice e comunque non basta mai. Anzi c’è già chi pensa che si debba abolire anche il contributo volontario del 2 per mille perché il 5 per mille al volontariato va bene, il 7 per mille alle religioni va bene, ma la politica no e poi no.
Ho sempre guardato laicamente ai 5 stelle così come alle sfuriate giustizialiste di certa sinistra e della neonata Lega a metà degli anni 90. Non mi piacevano e non mi piacciano quelli che fanno politica con lo spadone e non mi compiaccio ora per l’infortunio accaduto a Di Maio. C’è un movimento in ascesa, che aggrega in maniera trasversale e che come tutte le cose nuove fa paura.
Ci sono voluti 5 anni per riformare la legge elettorale e la riforma viene già dichiarata impotente a risolvere il problema della governabilità. C’è un serpente che si morde la coda: il parlamentarismo che era stato pensato insieme ad una normativa sui partiti da scrivere subito dopo la approvazione della carta costituzionale è in crisi, la normativa sui partiti non è stata fatta, c’è stata la crisi della prima repubblica che ha segnato la fine dei partiti di massa, ma al suo posto non è venuto nulla e si continua a litigare, a non riformare, a fare compromessi. Prima la politica era una faccenda per mestieranti che uscivano da un lungo tirocinio e che si rapportavano al paese attraverso il tessuto delle sezioni e attraverso le casematte della società civile e della religione. Ora è una faccenda per generali autonominatisi tali circondati da una marea di caporal maggiori e lo scontro si svolge con lo strumento dello spettacolo televisivo e delle società di marketing.
La struttura delle nostre istituzioni va rivista in profondità per garantire la governabilità, che è il nocciolo della democrazia: commissione Bozzi, proposte Iotti, Bicamerale D’Alema Berlusconi, riforma Renzi Boschi: niet, niet, niet. Stiamo per votare; voteremo in collegi uninominali ma insieme a quel voto ci trascineremo, con criterio proporzionale la elezione (in ordine di lista e con la complicazione del MFMFMF …) di parlamentari messì lì e in quella posizione (più o meno utile) dalle segreterie di partito.
Preferenze no perché sono una forma di corruzione, primarie strutturate per legge no perché … (lo sa dio), primarie autogestite no (perché è un casino e non sempre sono convenienti), sistema uninominale con collegi piccoli (no perché sono un trucco dei comunisti) e, a detta di quasi tutti i commentatori, questa sarà ricordata come la peggiore delle campagne elettorali perché la sicurezza del fatto che non se ne farà nulla ha autorizzato tutti a spararle grosse (dall’assistenzialismo, all’aliquota unica, alla soluzione mau miliutari del problema della immigrazione).
C’è chi sta insieme perché uniti si vince ma non è nemmeno in grado di fare uno straccio di iniziativa unitaria (esemplare la solitudine di Giorgia Meloni con la sua iniziativa solitaria contro l‘inciucio), c’è chi fa la lotta per erodere secondo il ben noto adagio secondo cui i peggiori nemici sono quelli che mi stanno più vicini, ognuno sfodera le bandiere che ha e magari pensa che con le parole magiche (clandestini, antifascismo, ordine, …) si faccia bingo. Sentiremo di meno Ho-nestà perché c’è stato un incidente.
Sapete una cosa? Finito il clamore, proclamati i risultati, queste forze politiche dovranno dire come fare a governare e lì se ne vedranno delle belle: asini che cascano, unità fittizie che si disgregano, amanti del 3% che si consolano.