senza vergogna
Vedo un rischio concreto di sconfitta secca per la sinistra e per il centro sinistra ma non per le ragioni affermate da chi se ne è andato a ripetere la storia della sinistra italiana dalla prima guerra mondiale in poi.
Ascoltando la TV, guardando ai social network, riflettendo sulla insistenza con cui vengono proposte e riproposte notizie false e/o gonfiate, ho la impressione di un ribollire di una pentola che manda un messaggio: vogliamo cambiare, non ne possiamo più delle solite facce e dei soliti discorsi, questa volta ce la possiamo fare votando per i 5 stelle.
Voglio citare due questioni: il messaggio di rinnovamento nelle candidature dei 5 stelle, la questione delle liste e delle candidature nell'area del PD.
le candidature dei 5 stelle
Tutto il sistema della informazione è schierato a sottolineare il rischio del golpe bianco, il partito azienda di Davide Casaleggio, la mancanza di democrazia, le manipolazioni del solito Di Maio, … e intanto il solito Di Maio cosa fa? Si occupa personalmente della questione dei candidati nei collegi dell'uninominale, quelli in cui o si vince o si perde e raccoglie persone il più delle volte digiune di politica ma dotate di una professione: imprenditori, avvocati, esponenti di ordini professionali, inventori di startup, ….
E' la risposta, molto ben calibrata, alle polemiche su Di Maio ignorantone, Di Maio steward allo stadio, Di Maio e la sintassi, … Ci avete sfidato sul terreno della credibilità e adesso ve la facciamo vedere noi. E si tratta di una risposta anche allo slogan berlusconiano del quelli non hanno mai lavorato. I 5 stelle sanno che per vincere devono apparire credibili, tranquillizzanti e contemporaneamente essere di rottura. Puntano a mangiare elettorato di centro destra battendo sul tasto del deja vu, questi sono quelli delle solite cose, Lo stanno facendo sul versante del centro-sinistra e della sinistra battendo sul tasto del PD e L&U sono tutti uguali. Ho ascoltato la conferenza stampa di presentazione dei candidati su Radio Radicale e confermo, lo stanno facendo.
le candidature del PD
Renzi è in trincea e non sta mandando segnali che diano entusiasmo al suo elettorato: la parola d'ordine è serrare i ranghi. Ha costruito una coalizione che vorrebbe tenere al centro, ma non la vedo decollare. Sembra più una coalizione del progresso senza avventure, di memoria democristiana, che una ipotesi di rinnovamento in grado di parlare al cuore e alla mente delle persone.
La vecchia legge elettorale aveva garantito un bottino di seggi smisurato rispetto al risultato e dunque questa volta c'era un problema di persone da non riconfermare al secondo mandato. Per farlo in maniera efficace bisognava trovare una forma di mobilitazione degli elettori, dar loro la impressione di contare qualche cosa nell'avanzare le candidature, stabilire delle regole che consentissero ai big, ai politici di professione, di giocarsela per davvero come aveva proposto Giachetti: datemi un collegio difficile, solo quello, e giochiamocela; se vinco va bene, se va male torno a lavorare. Ma in giro c'è troppo gente che non ha alternative di lavoro al lavoro politico.
Si potevano fissare delle regole ed esplicitarle e bisognava che fossero regole caratterizzate dal mettersi in gioco. Così non è stato, ci sono state le consultazioni con gli organismi provinciali e poi si è lavorato con la logica del bilancino passando sopra ad ogni altra esigenza.
Esemplifico con la situazione senese che un po' conosco. A Siena, dopo le politiche ci saranno le comunali e il Sindaco uscente Valentini non è mai decollato. Mentre altri iniziano a presentare squadra e programmi nel PD si è discusso se mandare a Roma Valentini. Veti reciproci, divisioni tra le tre correnti dei renziani senesi, manovre per far fuori il deputato uscente (Dallai) considerato troppo autonomo rispetto ai riti bizantini, alla fine è scaturito un risultato esemplare.
All'uninominale della Camera c'è Padoan e al Senato c'è Nencini; ottime scelte (in particolare la prima, a fronte delle vicende MPS) ma facenti parte del criterio tanto in Toscana meridionale vinciamo sempre. Se però guardiamo al proporzionale casca l'asino.
E uno: Il deputato uscente Dallai è scomparso senza neanche l'onore di una citazione/spiegazione; eppure in questi anni si era dato parecchio da fare sia in Parlamento sia come tessitore di relazioni con il tessuto economico produttivo e con quello scientifico e culturale. La lista del proporzionale non contiene nemmeno quel Vigni, segretario cittadino, inizialmente previsto come quarto e poi scomparso quando si è dovuto far posto come capolista ad un sottosegretario del governo Letta, magistrato, esponente di una delle correnti conservatrici, ed ex Forza Italia: Cosimo Ferri (figlio di quel Mauro Ferri che alla fine anni 60 guidò la fallita uinificazione socialista). Mistero della fede: se dopo le elezioni si fa la grande coalizione con Berlusconi potrebbe essere il ministro della giustizia. E dove lo si piazza? A Siena.
E due: seconda in lista, con posto assicurato, è una renziana d'assalto, Alessia Rotta, veronese, che si candida a Verona all'uninominale e che qui a Siena gode del paracadute (a proposito della proposta di Giachetti)
E tre: il terzo in lista è il deputato uscente di Grosseto, Luca Sani che dovrebbe farcela. Ci mancherebbe, Grosseto ci vuole, ma Grosseto vedrà già eletto all'uninominale Leonardo Marras, ex sindaco di Roccastrada e attuale capogruppo in consiglio regionale, un leader locale popolare e riconosciuto anche dagli avversari.
E quattro: probabilità di elezione scarsa o nulla; era stata candidata la senese Vittoria Doretti (la madre di il codice rosa) che ha ovviamente rinunciato al ruolo di candidato immagine e sarà sostituita da una candidata grossetana.
E così Siena non ha il candidato, Siena non ha sciolto il nodo del Sindaco e come nel gioco dell'oca si ritorna al punto di partenza.
Ma perché quel titolo? Guardate l'immagine che accompagna l'articolo; è di oggi; sono mesi che il sito istituzionale del PD di Siena non viene aggiornato. A marzo c'è stato il congresso, ma anche allora se si voleva sapere dei documenti politici, dei candidati, … o ci si rivolgeva ad un amico o si andava ad una riunione di corrente. La news precedente riguarda il referendum costituzionale del dicembre 2016. Sono testardo ed insisto: chissa che qualcuno a livello regionale si accorga che c'è qualche problema. Di fronte alla inerzia, di fronte alle scelte per le candidature i casi sono due: o si è deciso che il PD deve andare a sbattere per rinascere dalle sue ceneri o siamo nelle mani della Provvidenza.
I commentatori politici insistono sul fatto che, anche a livello nazionale, dopo le elezioni torneremo al punto di partenza: non ci saranno vincitori in grado di governare, il centro destra dopo essere arrivato primo vedrà esplodere le sue tendenze divaricanti su politica economica ed Europa, il centro sinistra potrebbe arrivare terzo nonostante la credibilità del governo Gentiloni e della legislatura terminata ci rimarranno alcuni diritti civili e la lenta ripresa in atto, mentre i 5 stelle, a meno di un successo sopra il 35%, resteranno di nuovo fuori ma, io la vedo così, con in mano una golden share pesantissima per la volta dopo.
Se guardo indietro mi vengono in mente due momenti cruciali della legislatura che si è chiusa e che non mi hanno entusiasmato:
- la rottura del patto del Nazzareno su cui si basava la scelta di non sciogliere subito le camere per tentare una legislatura riformatrice; il patto si ruppe sulla elezione di Mattarella al posto di Amato. Il gioco valeva la candela? Io penso di no e lo dico sia con riferimento al gioco, sia con riferimento alla candela.
- la scelta di andare avanti lo stesso nonostante l'isolamento; il PD contro tutti, nonostante tentativi di apertura e mediazioni; c'è stato il dicembre 2016, la legnata e la scelta comunque di far finire la legislatura in modo non traumatico, scontando scissioni e isolamento. Penso che la scelta giusta fosse quella dell'appello al popolo del sì alle riforme e continuo a pensarlo a costo di fare una cosa diversa dal PD.
Dopo le elezioni il PD, se vuole rinascere, dovrà imbarcarsi in un lavoro di lunga lena (come si diceva ai tempi del PCI); servono strutture, organizzazione, democrazia interna, uso delle tecnologie per garantire consultazioni dal basso, rapporto con gli iscritti; ma non tanto per dire, come si è fatto all'ultimo congresso, tanto per fare. E se candidassimo Dallai a Sindaco?