Un mese in Vietnam – di Roberto Ceriani – 4 la guerra di Indocina
Lui è un giovane turista italiano sui 30-35 anni. Lei è una 20-25enne vietnamita un po’ freakkettona. Coppia di recente costituzione? Conquista di viaggio? Beh, questi sono affari loro… Lui, apparentemente un viaggiatore navigato, è una persona intelligente e curiosa; peccato che non sappia nulla della Guerra del Vietnam.
Lo ammette con semplicità e ci chiede di spiegargli se era una cosa in cui c’entravano i russi o gli americani (!!!). Quando inizio a raccontare e gli spiego la storia, anzi la Storia, è molto interessato e chiede dettagli. È impressionato da quanto noi vecchietti conosciamo e ce lo dice con una certa ammirazione. Sa bene che per la nostra generazione la Guerra del Vietnam è una pietra miliare e ci chiede sia di Storia sia di come l’abbiamo vissuta noi nella nostra gioventù.
Ma come è possibile che una persona intelligente e curiosa non conosca nulla di questa guerra? E le decine di giovani turisti che incontriamo saranno così anche loro? Saranno forse ancora peggio informati?
Ma i genitori di quel giovane non gli hanno mai detto nulla? Penso a mia figlia e mi accorgo che forse anch'io non le ho mai detto nulla… La mia generazione è stata capace di costruire un pezzetto di Storia, ma è totalmente incapace di scriverla, di raccontarla, forse anche solo di ricordarla e pensarla con occhi ormai maturi.
Forse anche noi stessi però siamo stati incapaci di collocare la nostra storia nel quadro della Storia. Da giovane conoscevo ogni attimo della guerra in corso, ma ignoravo totalmente che si trattava solo del secondo tempo di una guerra iniziata ai tempi di mio nonno, per liberare un Paese ricco di storia dall’occupazione colonialista dei francesi. Solo ora mi rendo conto quanto pesa in Vietnam, ancora oggi, la memoria della guerra di liberazione dai francesi, forse ancora di più di quella contro gli americani.
I francesi costruirono una terribile prigione nel centro di Hanoi. Oggi è il Museo della prigione dove sono documentate le torture dei francesi imposte ai vietnamiti e viene mostrato il “bel trattamento” che poi i vietnamiti riservavano alle centinaia di piloti americani catturati e imprigionati nella stessa prigione fino al 1973. Probabilmente non erano proprio rose e fiori come viene presentato, ma uno di quei prigionieri divenne nel 1995 il primo ambasciatore USA in Vietnam. Comunque, che io ricordi, i prigionieri americani liberati non hanno mai lamentato maltrattamenti (almeno quelli tornati vivi in patria).
Visitando la prigione-museo sembra di capire che oggi si voglia dimostrare quanto male hanno fatto i francesi, occupanti il Vietnam per circa 80 anni, mentre si voglia sorvolare un po’ sugli americani. Solo questioni di realismo diplomatico? O c’è qualche cenno di verità in quanto gli americani non erano proprio colonialisti in senso letterale? La sparizione della liberazione di Saigon dal museo della Rivoluzione rientra forse in un piano di pacificazione che come prezzo chiede di riscrivere la Storia? Cosa capirà un giovane vietnamita (50% della popolazione) al quale viene negata l’immagine dell’umiliazione americana costata la vita a suo nonno e ad altri 2 milioni di vietnamiti?
Forse però la differenza che conta è che i francesi facevano pagare le tasse, mentre gli americani si “limitavano” a buttare dal cielo più bombe di quante ne ha ricevute la Germania dal ‘39 al ‘45. Oggi il suolo vietnamita è ancora seminato da migliaia di ordigni inesplosi, ma questa non è una gran novità. In fondo anche in Italia ogni tanto troviamo ancora bombe sotto terra, regalateci oltre 70 anni fa dalla Royal Air Force. Alcuni anni fa ne trovarono una a Milano, in piena città. Fu fatta esplodere sotto terra al Parco delle Cave, vicino a casa mia. Si sentì un botto e per un attimo la casa ondeggio’…
( 4 continua) trovate qui le diverse puntate 1) Il museo della rivoluzione – 2) Le case verticali – 3) La lingua