Quelli che … e io non pago … e quelli della trasparenza
Giovedì 13 luglio si è tenuta a Monticiano la prima assemblea pubblica convocata dalla nuova amministrazione per parlare di un problema dolente ereditato dalla precedente amministrazione.
Abbiamo una mensa scolastica ben gestita e dove si mangia bene con piatti cucinati in proprio, i prezzi sono più che popolari: oltre alle esenzioni in caso di redditi ISEE bassissimi, su segnalazione dei servizi sociali, il contributo va da 2,50€ a 3,50 € per la fascia massima oltre ad una quota fissa di 12 € al mese. Per la mensa e per i trasporti sono previste tariffe decrescenti a partire dal secondo figlio.
Tutto bene? Invece no, Monticiano ha lo stesso poroblema di molti comuni, una minoranza piccola ma significativa, che non fa richieste di esenzione, non paga a basta.
E' così che la amministrazione Becucci, in fase di scadenza, ha emesso un avviso ai morosi, fatevi sotto perché trascorso un mese la pratica verrà passata alla Agenzia delle Entrate per la riscossione coatta. Un solo debitore si è fatto avanti e così, come ha spiegato il nuovo Sindaco Colozza ha mandato avanti le cose spiegando, a tutela dei vecchi amministratori contro il rischio di condanna per danno erariale, di aver trasferito non solo le pendenze del 2007 (prossime alla decadenza dei 10 anni) ma di aver spedito l'intero pacco dal 2007 al 2016.
La cifra è tra i 50 ei 60 mila euro e il debito si impenna a partire dal 2010 stabilizzandosi tra i 7 e gli 8 mila euro l'anno. Le famiglie coinvolte sono una cinquantina (su 10 anni) ma il 40% del debito riguarda 6 nuclei in tutto. In effetti basta un rapido calcolo per capire cosa accade. La nostra mensa serve intorno ai 120 utenti, se dividiamo il debito annuo di 8'000 € per 4 euro a pasto (incluso il contributo fisso) vengono 2000 pasti che divisi per i 200 giorni dell'anno scolastico fanno una media di 10 famiglie, cioè meno del 10% degli utenti.
Secondo me è una classica questione di malcostume e si tratta di una vicenda che ho già visto nei medesimi termini quando mia moglie faceva l'assessore ai servizi sociali nel mio comune della Brianza. Li convocavi e ti trovavi di fronte madrI con l'ultimno modello di smartphone che ti spiegavano di non essere in grado di pagare mentre a mia moglie, con il suo vecchissimo Nokia neanche 3G, prudevano le mani.
La amminstrazione Colozza ancora ieri sera si è presentata dando la più totale disponibilità nei confronti degli indigenti, dichiarandosi disponibile ad attivare il baratto amministrativo per chi dichiarando di non essere in grado di pagare per difficoltà momentanee fosse disponibile a svolgere lavori socialmente utili per il comune (un grazie a Elena Orlandi e Renata Poggiali per il lavoro di analisi fatto).
Nelle slide presentate si è detto: L'amministrazione chiede che la persona eventualmente in difficoltà si faccia parte diligente presentando le proprie criticità al Comune prima che si creino situazioni di morosità ingiustificate. Il dialogo costruttivo deve essere alla base dei rapporti tra cittadino e Amministrazione.
Riassumo: per il debito pregresso, dopo tutti i messaggi di warning (attenzione!) si è passati alla fase della riscossione coatta, e il processo è già partito. Ma cosa accade per il futuro? La promessa è che la cosa sarà gestita, distinguendo tra un ritardo occasionale di pagamento, per il quale il comune oggi come ieri sarà disponibile e la scelta di fare il furbo perché tanto nessuno lascerà mio figlio senza mangiare.
Negli anni scorsi sui giornali e alla TV sono finiti numerosi Sindaci, in prevalenza del Nord, spesso della Lega, ma anche di centro sinistra, che avevano attivato l'aut aut nei confronti delle famiglie morose. Ricordiamo le polemiche: se il bambinbo si porta il panino da casa rimane ghettizzato, la scuola non può far entrare a scuola cibo che non si acontrollato, la mensa è parte del tempo scuola e dunque non può essere negata ad alcuni, …
Il quadro è pian piano è mutato: sono sorte associazioni di genitori che, in nome del primato della famiglia sulla scuola, hanno fatte battaglie per consentire che, nel corso dell'intervallo mensa (che è tempo scuola a tutti gli effetti), i figli potessero consumare alimenti portati da casa.
Quelle battaglie si sono tradotte in ricorsi contro il ministero della Istruzione che, per ragioni culturali e igienico sanitarie, si opponeva a tale possibilità. Si è venuta a creare una situazione a macchia di leopardo con scuole e comuni che hanno adottato soluzioni fai da te: ti faccio uscire, ti faccio mangiare ma non stai nel locale mensa, …
Nel frattempo sono usciti i decreti attuativi della legge sulla Buona Scuola che hanno chiarito che mentre è fatto obbligo a comuni e consigli di istituto garantire e organizzare il servizio di mensa dove lo richieda il profilo temporale della scuola, si tratta, per le famiglie, di un servizio a domanda individuale e cioè di un servizio che si attiva a domanda e per il quale, come per le altre 19 tipologie precisate dalla Corte dei Conti, il Comune è obbligato a garantire un recupero complessivo dei costi pari al 36% (la normativa è del 1992).
Il Comune può scegliere e motivare politiche e tariffe diverse per i diversi servizi, ma alla fine bisogna che i conti tornino
A questo punto il MIUR ha dovuto fare di necessità virtù e mentre si attendono le sentenze definitive della Cassazione, nel marzo di quest'anno con una nota “Consumazione del pasto domestico a scuola” inviata a tutti i dirigenti degli uffici scolatici regionali, ha deciso di tagliare la testa al toro. A questa nota dovranno conformarsi i comuni, le famiglie e le istituzioni scolastiche, ciascuna per le proprie competenze. Le novità ci sono e sono notevoli:
- si distingue tra intervallo mensa e utilizzo del servizio; chi vuole può non aderire al servizio mensa e consumare a scuola un pasto domestico
- è stato attivato un tavolo di lavoro con il ministero della salute che dovrà fornire delle linee guida in ordine a caratteristriche salubrità degli alimenti che arriveranno da casa
- la questione del rischio che gli alunni che usano la mensa scambino reciprocamente porzioni di cibo con quello proveniente dall'esterno è risolta assimilando le norme per pasto domestico a quelli delle diete speciali (esempio celiaci o diabetici); saranno gli insegnanti in servizio a svolgere la dovuta vigilanza
Si tratta di una svolta che conferma l'approccio pragmatico del ministro Valeria Fedeli, nominata con il governo Gentiloni proprio a questo scopo: svelenire, innovare, mediare. Naturalmente restano aperte numerose questioni per il nostro comune e per gli istituti scolastici e, anche sulla base dell'andamento della assemblea, mi permetto di fornire qualche suggerimento:
- è bene che il consumo del pasto domestico, pur se su tavoli separati avvenga negli stessi locali in modo di minimizzare le separatezze oltre che non far sorgere infiniti problemi in ordine alla vigilanza
- sarebbe opportuno che i cibi che giungono a scuola negli zaini dei bimbi, la mattina venissero depositati in spazi refrigerati idonei
- bisognerebbe garantire che, per ragioni organizzative e di serietà reciproca, la adesione e revoca dell'uso del servizio mensa riguardi periodi lunghi (almeno un quadrimestre)
- mentre è da gestire in via eccezionale il caso del bimbo che dovendo usufruire del pasto domestico si presenti a scuola sprovvisto di tutto non si devono lasciare spazi o alibi a genitori (li chiamo così con fatica) che decidano di ignorare il problema alla luce dello slogan voglio vedere se lo lasciano senza mangiare. Verso questo tipo di famiglie, e lo dico con la esperienza del Dirigente Scolastico, bisogna essere tempestivi nel rivolgersi ai servizi sociali e al tribunale dei minori. In proposito potrebbe inoltre essere utile un deposito cauzionale atto a gestire le condizioni di emergenza.
- con le attuali tariffe della mensa, ben al di sotto del valore di un pasto cucinato a quel modo, non penso che si corra il rischio di un decremento significativo del servizio mensa e, in risposta a qualche intervento emerso nel dibattito, incluso quello in dissenso dell'assessore Ganozzi, osservo che nel caso di adesione al pasto domestico da parte degli attuali nonpaganti il bilancio della mensa non peggiorerebbe perché si cucinerebbero un 10% di pasti in meno a fronte di introiti identici (chi non pagava prima continuerà a non pagare)
- dagli interventi di molti genitori presenti è emersa la necessità di migliorare le modalità di pagamento. Penso che si dovrebbero evitare ritorni al passato (come i buoni pasto) che creano un contenzioso infinito difficile da gestire facendo aumentare i costi amministrativi e complicando il servizio. Bisogna stimolare in tutti i modi l'uso della telematica, valutare l'eventuale uso di RID per i servizi comunali e incentivare pagamenti su periodi lunghi attraverso idonee politiche di sconti.
A fine serata è stato detto che una situazione analoga riguarda il caso dei pasti a domicilio agli anziani che vivono soli. Anche questo non è bello … e non sto pensando agli anziani ma ai parenti.