Il cavallo rosso di Eugenio Corti
la Brianza che non c’è più
In queste vacanze mi sono finito le quasi 1300 pagine de Il Cavallo Rosso di Eugenio Corti e per parlarne in maniera esaustiva servirebbero probabilmente altre 300 pagine, il che in un blog non sta bene.
E’ un libro importante; non so se da Nobel come vorrebbe il comitato appositamente costituito, perché non me ne intendo, ma è un libro da leggere per capire la Brianza. Se non sei brianzolo ti aiuta a capire da dove veniamo e come siamo fatti; se sei brianzolo ti emozioni, magari ti incazzi o ti esalti, in ogni caso ti emozioni.
Mi sono emozionato perché ci ho trovato dentro pezzi della mia vita (riferiti all’infanzia o ai racconti dei genitori e dei nonni).
I tre libri di cui è costituito (il cavallo rosso, il cavallo livido e l’albero della vita) sono diversi e penso che sarebbe stato opportuno fermare la narrazione agli anni 50 e non al referendum sul divorzio. Nel corso della II guerra mondiale è cambiato molto in Europa e in Brianza è cambiato tutto.
Il cambiamento nel modo di produrre e di vivere si è portato via sia il bambino sia l’acqua sporca e dunque, dopo il termine del libro, rimani con un senso di smarrimento. Corti riampiange un mondo che non c’è più e il suo limite sta nel pensare che solo il ritorno ad una società medioevale con al suo centro il messaggio cristiano possa salvare l’Europa. Su questo punto non ha mezze misure: il nazismo, lo stalinismo ed il laicismo sono figli dell’illuminismo a sua volta figlio del rinascimento. Bisogna ritornare al MedioEvo.
1940-1943
- C’è la Brianza della Litto che si prende per andare da Besana a Monza (al distretto), a Sesto( alla Falck) o a Milano (alla Cattolica);
- ci sono le famiglie contadine che lavorano in fabbrica ma sono rimaste contadine;
- ci sono le famiglie patriarcali con tanti figli (di più nel caso degli industriali, con più risorse economiche e dunque con meno abilità nel coitus interruptus);
- c’è la saggezza mista ad inerzia sociale del diu vet e diu pruvet (Dio vede, Dio provvede) che serve a consolare, a non disperare dell’esistente perché se qualcosa va storto ci penserà la divina provvidenza
- c’è l’industriale cristiano che vede nella sua attività una funzione sociale di cui si sente responsabile e che si proccupa solo di intraprendere perché così si creano posti di lavoro;
- c’è il mondo della Università Cattolica con Gemellone che sovraintende tra paternalismo e saggezza alla sua creatura;
- c’è Michele che vuole andare volontario in Russia perché è curioso di capire l’umanesimo integrale e laico del comunismo contrapposto all’umanesimo integrale del cristianesimo (l’autore del libro)
- c’è Manno strana figura di eroe positivo con una carica di fideismo e integralismo che, per fortuna o per scelta dell’autore, muore da eroe e il cui spirito aleggia sull’intero romanzo
- c’è la tragedia della campagna di Russia in cui il fronte si rovescia all’improvviso nel dicembre del 42 e l’intera armata, che si era organizzata per resistere all’inverno nei rifugi, viene fatta ritirare a piedi e nella confusione;
- ci sono l’orgoglio e l’eroismo dei bersaglieri e degli alpini che restano un corpo organizzato e combattono nel gelo e nella fame per rompere l’accerchiamento (e dalla lettura ti senti orgoglioso di essere italiano);
- c’è lo sfascio del resto dell’esercito;
- c’è la morte di Stefano e la percezione immediata che se ne ha nella cascina di Besana da parte di mamm Lùsia;
- ci sono le solidarietà tra paesani che si verificano sempre nei momenti di sofferenza; l’incontro di un viso noto o di una conoscenza comune che ti riportano ad una dimensione umana mentre ti trascini digiuno nella neve a meno venti;
- c’è il racconto della condizione del popolo russo che si lamenta del fatto che i nazisti con le loro efferratezze l’hanno ributtato nelle braccia di Stalin;
- c’è don Carlo Gnocchi (quello dei mutilatini) cappellano degli alpini e amico di famiglia dei Riva.
1943-1945
- ci sono la Grecia e l’Albania dopo l’8 settembre con l’esercito allo sfascio e singole figure di ufficiali valorosi;
- c’è la convalescenza di Ambrogio reduce dalla Russia; il primo amore con l’infermiera che lo segue all’ospedale di Stresa e l’incontro con il mondo della borghesia milanese, così diverso da quello dei brianzoli (per concezione dei rapporti sociali, della cultura, della politica);
- c’è l’esperienza di Michele nei campi di concentramento: il cannibalismo da fame, il rapporto con i deportati politici russi desiderosi di far sapere al mondo, il rapporto con i commissari politici italiani tra cui il cognato di Togliatti (Paolo Robotti) stretti tra fideismo e paura, il racconto (autobiografico) di scene di vita e di viaggio in tutto simili a quelle dei deportati dal nazismo;
- c’è l’esperienza del fratello minore di Ambrogio che dal lago Maggiore va a fare il partigiano con le brigate dei fratelli Di Dio e interagisce con l’esperienza della repubblica dell’Ossola;
- c’è una visione inconsueta della resistenza vista con gli occhi dell’altra metà (quella non rossa);
- ci sono gli sgherri fascisti pronti a cambiare bandiera per cavarsela
1945-1974
Si ricostruisce l’Italia; si costruisce il partito dei cattolici intorno a due temi: l’identità cristiana e la necessità di non ripetere in Italia la tragedia del totalitarismo sovietico. A sinistra non ci sono figure positive ma solo degli esaltati.
Il tessuto sociale si modifica; per tutti gli anni 50 resiste la fabbrica con tanti operai, ma arrivano i telai automatici, nascono i problemi di mercato con la internaziolizzazione e inizia il declino delle grandi famiglie della borghesia brianzola; le fabbriche chiudono e aumenta il peso delle banche. Nel libro c’è anche il racconto della ascesa e del declino dei Vismara di Casatenovo.
I protagonisti (la generazione di quelli nati tra il 1920 e il 1924) hanno finalmente il tempo di occuparsi di sé e dei propri sentimenti. Michele si sposa con Alma, una delle sorelle di Ambrogio: la statuina di marmo (per la ritrosia nell’esternare vissuto e sentimenti) morirà in maniera tragica (e un po’ cretina) alla vigilia del referendum sul divorzio. Ambrogio sposa Fanny e non ci sarà la integrazione tra il produttivismo brianzolo e la libertà borghese di Milano (un matrimonio in crisi che si fatica ad ammettere). Una sorella di Ambrogio sposa il rampollo dei Vismara (Marsavi) e sforna bambini a ripetizione.
Attraverso la vicenda politico culturale di Michele viene raccontata in maniera un po’ caricaturale la storia del predominio della sinistra sul terreno culturale ed editoriale. Michele fatica ad affermarsi perché sostiene tesi scomode.
Il mondo dell’editoria, della cultura e del teatro sono pieni di comunisti travestiti che non vogliono che si sappia la verità. E’ una visione un po’ caricaturale di una cosa seria quale la visione gramsciana della egemonia. A questo punto mi vengono in mente le mie esperienze di quegli anni (la seconda metà degli anni 60).
Anche io sono cresciuto nel mondo di Nomana (Villasanta non è distante da Besana) e ricordo molto bene non solo la positività del sistema di relazioni costruito sulla solidarietà del mondo cattolico, ma anche le molte negatività; faccio qualche esempio giusto per spiegarmi:
- ricordo le prediche in Chiesa in cui degli ebrei si diceva che erano responsabili di deicidio (primi anni 60)
- ricordo un mondo in cui la cultura laica di stampo europeo era sconosciuta a favore dei libriccini che educavano alla pietà e alla morale bigotta
- ricordo di essermi stupito nello scoprire che una serie di grandi intellettuali, professori universitari, scienziati, esponenti dello spettacolo, erano o si dichiaravano di sinistra (comunista e non comunista)
Il movimento di contestazione giovanile degli anni 60 ha scardinato un mondo pieno di tradizioni e comportamenti retrogradi e inadeguati alle caratteristiche della società. Si respira nel libro una specie di rimpianto per i tradimenti del Concilio Vaticano II. Io che ho apprezzato il Corti del Cavallo Rosso e quello del Cavallo Livido non mi ritrovo proprio nell’Albero della Vita che avrebbe dovuto fermarsi agli anni 50. Insomma: un grande libro di testimonianza storica e umana; ma non un progetto, per favore.