il PD andrà alla opposizione?
La domanda è tutt'altro che peregrina. Pacifico che si debba andare alle elezioni, pacifico che il risultato del PD, confrontato con quello delle europee ci dica che la sconfitta c'è stata ma la situazione non è disastrosa (13 milioni di sì su 33 milioni di votanti, 11 milioni al PD su 27 milioni di voti validi alle europee). Il dato numerico serve a rendere meno cocente la elaborazione del lutto.
Ma quel confronto non basta perché va accompagnato da una riflessione su come è andata nelle regioni e su come è andata nelle diverse classi di età. Basta guardare la figura qui a lato per capire cosa è accaduto: i giovani e la generazione dei quarantenni sono alla opposizione. I più anziani (più saggi, ma anche più tutelati) si sono dichiarati a favore.
Questo dato mi proccupa, mentre mi preoccupa di meno quello delle regioni meridionali, anche se è preoccupante e segna una non tenuta sul fronte sociale; mi preoccupa di meno perché alle anomalie nei risultati delle regioni del sud l'Italia ci convive da quando è una repubblica (mi riferisco particolarmente alla mobilità elevata, a volte inspiegabile, nella espressione del consenso e nella partecipazione al voto).
Quelli che da anni non votavano hanno percepito che questa volta, invece di stare a casa, valeva la pena di andare al seggio, dire NO, perché quel NO avrebbe inciso, e così è stato.
Giovanni Cominelli nel commentare il risultato in Pensieri dall'Italia nel Limbo sottolineava che dai tempi del governo degli onesti di Berlinguer siamo entrati in un giro in cui il problema non sarebbe quello di riformare le istituzioni ma quello di combattere i politici cattivi (che non sono coerenti, che rubano, che si prendono il malloppo e lasciano cadere le briciole, che si fanno gli affari loro, che promettono di rottamare e poi non lo fanno, che si alleano con i poteri forti, che sono come Piocchio, …).
In un quadro del genere è anche scomparso il sistema dei partiti su cui ha scommesso la Assemblea Costituente e su cui si è organizzata la partecipazione politica del dopoguerra; la politica si fa al bar, allo stadio, davanti alla TV, sui social network attraverso l'infernale meccanismo della condivisione delle stronzate virali e dei mi piace.
Ma la platea di quelli che ragionano è diventata minoritaria? No, è divisa tra il PD e una parte di elettorato di Forza Italia e, in generale del centro. Fuori di lì predominano l'invettiva, lo spirito di rivalsa, la voglia di dare la spallata (penso alla Lega e ai 5 stelle che stanno su fronti opposti eppure sono facilmente miscibili dentro l'invettiva e la protesta, e oggi che sentono odore di vittoria dicono che sulla legge elettorale va bene qualsiasi cosa madama la marchesa).
Ormai questa legislatura è finita e tra il rischio di modificare la legge elettorale in maniera inefficace e quello di trascinare la situazione per mesi, penso che sia più grave il secondo perché servirebbe solo ad aumentare la sfiducia e la incazzatura. Spero dunque che il Parlamento si sciolga in questo mese (dopo la legge di bilancio) in modo che si possa votare a febbraio. I politici lo sanno che a gennaio ci sarà la sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum e, se vogliono che la politica decisiva non la faccia un organismo esterno al parlamento, si diano una mossa. A me piacerebbe qualcosa di simile all'Italicum esteso anche al Senato o comunque qualcosa che consenta di formare un governo che rispetti l'esito del voto in termini di possibilità numerica e cristallina di governare).
E' in atto una specie di gioco del cerino: a noi va bene tutto purché si voti (5*, FdI, Lega), il PD deve fare un governo e fare proposte (Berlusconi), noi vogliamo votare prima possibile ma Mattarella ci fa osservare che abbiamo la maggioranza parlamentare e dunque … (il PD). Non è nello stile riservato di Mattarella, ma sarebbe interessante un messaggio del Presidente al Parlamento sui paletti necessari per andare alle elezioni.
Il PD è in attesa (domani) della direzione in cui si dovranno sciogliere due nodi: a) come si va alle elezioni b) come si risolvono le contraddizioni interne. E' chiaro che se Renzi intende mantenere la segreteria e preparare la riscossa (cosa che mi auguro) andranno prese alcune decisioni:
- chi sta nel PD ne porta avanti con lealtà la proposta politica che parla all'intero paese e chi è per fare un'altra cosa di sinistra-sinistra va da un'altra parte
- il partito va riorganizzato perché la politica del PD si deve muovere su due gambe (la leadership e il lavoro dei circoli, facendo qualche riflessione sulla necessità di avere strutture non solo di territorio, ma anche sociali e di ambito professionale)
- tra il rischio di perdere le elezioni mettendo insieme un cartello eterogeneo (come fece Bersani con Vendola) e quello di perderle sulla base di un programma ben chiaro, meglio la seconda ipotesi
- esplicitazione del carattere alternativo ai 5* e al populismo fascio-leghista senza demonizzazioni: in democrazia governa chi vince le elezioni e se i 5* vincono governino ricevendo dal PD una opposizione leale e costruttiva
- il governo che ci porta alle elezioni non deve essere un governo Renzi perché questo non farebbe alltro che rafforzare la ribellione antigovernativa. Quelli che hanno vinto politicamente il referendum devono metterci la faccia in termini di proposte e di persone. Lo so che il PD è forza di maggioranza in parlamento (e per quello darà la sua opinione determinante) ma non è indispensabile un governo a trazione PD; il Presidente del Senato (seconda carica dello stato) può essere la figura idonea a prendere decisioni condivise sulla legge elettorale
- nessun tentennamento nei confronti dell'Europa e se c'è da affrontare il salvataggio del nostro sistema bancario lo si affronti prima che la situazione si faccia insostenibile
Poi c'è da aprire la discussione su quale sia il programma con cui si va alle elezioni (ci deve entrare la riforma della costituzione o è meglio saltare un giro?) e sulla sua intangibilità rispetto a inattesi mutamenti del quadro, perchè il consenso si raccoglie su quello, ma prima risolviamo le urgenze contingenti.