il mio Dalai Lama
Le cronache dei giornali dei giorni scorsi, con i resoconti della visita del Dalai Lama a Milano, mi ha fatto ricordare un altro incontro con Sua Santita' avvenuto piu' di vent'anni fa a Delhi nel periodo indiano della mia vita.
In quegli anni era bello abitare e lavorare nella capitale indiana: al Lodhi Garden, nel vicino Khan Market o in qualche serata tra amici capitava di "incrociare" personaggi di spessore come Tiziano Terzani oppure rimanere affascinati dalle parole e dall'energia di quella straordinaria persona che fu Padre Lanfranco, missionario cappuccino arrivato in India alla fine degli anni '40, subito dopo l'indipendenza del Paese, a bordo di un mercantile che ai quei tempi faceva la rotta Brindisi-Bombay.
A portarmi a sentire il Dalai Lama, in un capannone alla periferia di Delhi, furono due cari amici: il compianto Gigi Noia, che a quei tempi lavorava all'Ambasciata d'Italia, e sua moglie Paola.
Fu un'esperienza incredibile e indimenticabile. Il Dalai Lama e' una persona che si esprime non solo con la parola ma anche con il corpo: sorridendo, grattandosi e muovendosi continuamente. Quel giorno, in un capannone pieno di pubblico locale, prese anche bonariamente di mira un piccolissimo gruppo di occidentali, tra cui noi tre, accovacciati in un angolo.
Ci disse tra l'altro delle cose che non dimentichero' mai:
- che lui non capiva, anche se ovviamente ognuno e' libero di fare la sua scelta e ha il diritto di cambiare, gli occidentali che diventavano buddisti perche' convinto che si debba rimanere tendenzialmente fedeli alla religione delle proprie tradizioni;
- che noi occidentali quando facciamo qualcosa, come aderire ad un nuovo credo, lo facciamo con troppa serieta', insomma ce la "tiriamo" troppo, sconfinando qualche volta nel fanatismo.
E a riprova di quanto affermava, sul fatto che non bisogna essere fanatici, cito' un episodio della sua vita. Disse piu' o meno: la mia religione mi suggerisce di essere vegetariano ma ogni tanto sento che il mio corpo ha bisogno di mangiare un poco di carne. E quando mi succede di sentire questa esigenza io la mangio.