Inquietudini, brexit, populismi europei, Trump – dove va la democrazia?
Da qualche anno a questa parte gli elettori delle democrazie liberali paiono imbizzarriti, il loro voto è diventato volatile e reversibile. Nessun candidato è più al sicuro. Quello del “ribaltone” è diventato uno scenario realistico. La delega è in crisi. Accade nelle democrazie di antica tradizione, in quella inglese o in quella americana, accade nella nostra, assai più recente e meno liberale. Il disincanto degli elettori, l’apostasia rispetto ai vecchi partiti, la diaspora pura e semplice, l’astensionismo, la crescita di nuove sigle come funghi notturni producono effetti sia sul sistema politico sia sul sistema istituzionale.
Il passaggio da strutture bipolari a quelle tripolari produce una pressione molto forte sul sistema istituzionale, soprattutto laddove non sia così fondato in una lunga tradizione e pertanto così collaudato da poter resistere al mutamento del sistema politico. Inglesi, americani, francesi e tedeschi paiono disporre di sistemi istituzionali capaci di resistere ai venti che scuotono i loro sistemi politici.
I MOLTI PERCHÉ
Siamo in grado di dare un nome alla drammatica Rosa dei venti contemporanea:
- l’aumento delle opportunità economico-sociali e la percezione crescente di esserne esclusi;
- il mutamento delle classiche gerarchie socio-economiche;
- il contatto imposto dall’esterno con culture molto diverse dalle nostre, importate dalle correnti migratorie;
- le guerre locali, che producono massacri e terrorismo locale o da esportazione;
- l’anarchia del sistema mondiale degli Stati;
- il cedimento strutturale di entità statali costruite artificiosamente dalle potenze coloniali e imperialistiche a Versailles un secolo fa in Medioriente e in Africa.
Dai deserti dell’Africa e da quello siriaco soffia un vento di sabbia, il vento dell’incertezza e del rischio.
LE FRAGILITÀ DEL SISTEMA ITALIANO
Diversamente da quasi tutti i Paesi dell’ex-Occidente, noi Italiani non disponiamo di un sistema istituzionale così solido e flessibile, in grado di piegarsi al vento, senza spezzarsi. Perciò i cambiamenti rischiano di essere più traumatici e ingovernabili.
Il senso di impotenza e di incertezza viene con ciò rinforzato e retroagisce con un effetto valanga. Crisi della rappresentanza, cioè della mediazione, della delega? In realtà il concetto di rappresentanza è ambivalente, perché può indicare tanto la persona-portavoce quanto la persona-governo; tanto la persona che porta le domande del Paese in Parlamento, quanto la persona che dà le risposte al Paese.
Ora, non si può certo dire che in Italia la rappresentanza, intesa come portavoce delle domande, sia in crisi. Il Paese è un ribollire di domande buttate nell’arena pubblica e fatte valere in Parlamento, dove arrivano i macro-interessi – ma anche quelli micro di ceti – di gruppi professionali, di territori.
I mass-media, a loro volta, e i social-media sono portatori di domande. L’idea di by-passare la delega in nome della domanda diretta, elaborata in tempo reale da un sistema informatico, può probabilmente consentire una percezione micrometrica delle istanze, così da trasformarle in progetti di legge più aderenti ai bisogni sociali, ma non aggiunge molto alla sintesi della rappresentanza.
IL GOVERNO CHE NON C’È
La crisi della democrazia in Italia non nasce da una rappresentanza insufficiente. Nasce dal governo-che-non-c’é. Si parla non dei governi di ieri e di oggi – ne abbiamo avuti anche troppi – ma del governo come istituzione.
In Italia l’istituzione-governo è debole, cioè non riesce a risolvere i problemi che il Paese porta in Parlamento e espone nell’arena mediatica. Per quanto il sistema politico possa essere squassato da nuove domande, da movimenti sociali, da rabbie diffuse, esso può reggere, se il sistema istituzionale è in grado di governare.
Trump negli USA rappresenta nuove domande, nuovi rancori e risentimenti, ma, anche nell’ipotesi che vincesse, il sistema istituzionale lo antecede e mette al riparo il Paese dalle convulsioni del sistema politico. Lo stesso si deve dire del post-Brexit, lo stesso della Germania e della Francia. Viceversa, da noi il sistema politico-partitico ha esercitato un tale primato invasivo sul sistema istituzionale che, per un verso, gli ha impedito di consolidarsi come ambito autonomo e universalistico per tutti, in cui si raccolgono le domande e si danno le risposte e, per l’altro, oggi lo trascina in basso con sé. Spezzare il circolo vizioso di incertezza, ingovernabilità, rabbia è possibile, se anche in Italia matura tra i cittadini che solo un governo istituzionalmente forte può preservare la democrazia, oltre i labili, ormai, orientamenti degli elettorati.