di 10 in 10 si arriva a 70
Sono nato l'8 ottobre del 46 intorno alle otto di sera. La mamma diceva che ha stirato sino alle sette e alle otto io ero già nato. Deve essere iniziata da lì la mia abitudine a fare le cose in fretta, a non menarla, abitudine che mi è rimasta e che mi porta a fare il gesto delle dita che si aprono e chiudono quando ascolto qualcuno che divaga o va troppo per le lunghe.
Mio padre era stato liberato dal carcere a gennaio dopo il processo con assoluzione e, sarà stata la forzata astinenza, ma sono stato messo in cantiere quasi subito. La storia di cosa c'è stato prima e che mi ha portato a dire che sono figlio della liberazione (in un altro senso da quello con la L maiuscola) è il primo capitolo della mia autobiografia dove potete trovare dettagli e approfondimenti intorno a questa riflessione da settantenne. A proposito, mia madre non mi allattato, come per altro ha fatto con gli altri quattro, e credo che da lì sia rimasto un mio problema con le tette, le tette una meraviglia della natura.
Vita tranquilla, famiglia benestante: scuola, oratorio, giochi nelle corti del centro paese.
8 ottobre 1956, da pochi giorni sono in Collegio a Varazze; non era previsto, ma ho deciso che bisognava fare compagnia a mio fratello Sandro a cui, dopo una broncopolmonite era stato consigliato di evitare gli inverni lombardi, e così è incominciata una storia durata 4 anni nel corso della quale ho persino rischiato di fare il prete salesiano.
Di quel periodo mi ricordo che ero un bravo bambino, ma mentre vincevo regolarmente la medaglia per il profitto e per la religione, non ho mai vinto quella per la condotta. In quinta elementare ho fatto il segretario della compagnia di San Luigi (le compagnie erano l'Azione Cattolica dei Salesiani) e ho incominciato a misurarmi con cose come presiedere una riunione, fare una relazione.
Si giocava a calcio, a tamburelli e a pallavolo; si cantava (in chiesa e durante le passeggiate sui colli dell'entroterra): giocare e cantare sono due cose importanti.
Dopo il collegio ci sono stati/e la la scuola superiore all'Hensemberger di Monza, la scoperta della tecnologia (le mani) mescolata con la scienza (la testa), l'esperienza molto intensa in Gioventù Studentesca, le amicizie giovanili, i filarini (pochi).
8 ottobre 1966, quante cose succedono in dieci anni. Sto per iniziare il secondo anno di università; da un anno è iniziato il rapporto con Bruna e tra un mese, insieme alle due associazioni universitarie di centro sinistra (UGI e Intesa) andrò a Firenze a tirar fuori dal fango i libri della Biblioteca Nazionale.
L'Università è faticosa perché gli scogli di ingresso (a base di astrazione, astrazione, astrazione) mal si conciliano con la formazione da perito industriale.
Sono un cattolico inquieto, seguo le vicende di don Milani, Testimonianze di padre Balducci, Quest'Italia di Vladimiro Dorigo, Raniero La Valle, il terzo mondo; non mi piace un papa come Montini, troppo pastina e decisamente più chiuso in politica e sui temi della sessualità del precedente Roncalli. La mia formazione politica avviene su Rinascita a cui mi sono abbonato e che sarà per me una scuola di cultura e di cultura politica. Mi fa impressione l'egemonia comunista tra gli intellettuali.
Dal 66 al 76 ci sono la laurea, il 68, il servizio militare, l'impegno nella sinistra rivoluzionaria con incarichi di direzione via via più alti, i primi saggi; dò il mio contributo al tentativo di passare da una logica di gruppo a partito nazionale, dalla contestazione e dal lavoro di massa alla politica.
8 ottobre 1976, da qualche giorno ho chiuso con il Quotidiano dei Lavoratori. Ci tornerò solo il 15 dicembre per scrivere l'editoriale sulla morte di Walter Alasia, che conoscevo, e di due funzionari di polizia impegnati nel movimento di democratizzazione: il segno di una tragedia e la conferma che certe cose potevano nascere (e sono nate) dentro la storia del comunismo, altro che provocatori.
Dalla elezioni del 76 era risultato chiaro che il PCI era fortissimo e che la sinistra rivoluzionaria non riusciva ad avere consenso significativo nemmeno nei punti di maggiore presenza. Bisognava fare il punto e il disorientamento c'era in tutte le organizzazioni (Lotta Contnua, Potere Operaio, Pdup-Manifesto, Avanguardia Operaia, Movimento Lavoratori per il Socialismo).
C'era un clima pesante, di detto e non detto; la nuova maggioranza di AO pensava che fosse solo una questione di lotta alla destra interna, che bastasse tenere la barra diritta; comunque nulla di quel dibattito nel gruppo dirigente doveva emergere. Mi avevano processato per aver resi pubblici i contrasti nel gruppo dirigente e pretendevano di fare il giornale dei brubru (in redazione dicevamo così) intendendo un bollettino di partito.
Stare al giornale dopo due anni di volontarismo spinto non funziona, mi sento svuotato, stanco di compagni che non capiscono che abbiamo perso e abbiamo perso perché abbiamo sbagliato; mi preparo a ricominciare ad insegnare. Fondamentale la lettura di Gramsci per riflettere sulla complessità della lotta per il socialismo nell'occidente democratico, sui limiti del giacobinismo leninista. Ho visto troppe cose che non mi hanno convinto anche al nostro interno; la fase della politica al primo posto è finita.
Nel giro di pochi mesi insegnamento appassionato, tanto studio (matematica, fisica, epistemologia, storia della scienza) rifacimento critico dell'intero curriculum universitario: razionalità, passione, niente sconti al buonismo e alla nascente autonomia (men che meno al terrorismo rosso). Mi rendo conto che è meglio parlare a 20 persone, con competenza, piuttosto che scrivere per 20 mila saltando dalla Palestina, alla questione cattolica, alle istituzioni. Il mondo è complesso e noi abbiamo operato per eccesso di semplificazione.
8 ottobre 1986: ho dato tanto alla scuola, ma mentre compio 40 anni in comincio a sentirmi inquieto; ho voglia di cambiare, mi sento sottoutilizzato. Riprendo i contatti con Oskian (il segretario defenestrato di AO); ha una piccola azienda che opera nel terziario avanzato. Inizio a collaborare e, tempo qualche mese si prospettano l'autolicenziamento dalla scuola, un nuovo lavoro e una nuova vita.
Sarà così dall'87 al 92; ho imparato tante cose e ho anche guadagnato qualche soldo, ma mi rendo conto che la scuola, con la sua vivacità, sincerità e passione mi manca. Quella di fare il professore, per chi l'ha presa sul serio, è una scelta di vita e così nel 92 rientro nei panni di professore di matematica e fisica al liceo classico di Monza. Nel 95 muore papà e muoiono suicidi due miei studenti in un contesto di sradicamento dal reale che coinvolgeva tanti giovani subornati da cattivi maestri.
Lotta per la razionalità e maggiore vicinanza a questi ragazzi così fragili; bisogna parlare con loro, portarli in giro a scoprire la natura e la fatica fisica. In politica sono sempre più vicino a posizioni riformiste: viva la legalità ma nessuno sconto ai khomeinisti (di mani pulite). Fare politica vuol dire confrontarsi con il presente e cercare di trasformarlo in meglio, rispettare chi è diverso da te. Sto scoprendo Popper non solo sul versante epostemologico ma anche su quello della filosofia politica.
8 ottobre 1996: nel ritorno a scuola oltre al quotidiano lavoro in classe ho portato tante cose apprese nel privato: dopo l'esperienza di organizzazione in politica, quella di una struttura aziendale. Anni di collaborazione con presidi diverse tra loro e diverse da me; una bella collaborazione.
Ho sistemato l'Aermacchi 350 comperata nel 73; va ancora bene ma qualche mese fa, al ritorno da un lungo giro tra la Valtellina e l'Alto Adige sono arrivato lungo su una curva (scivolata e frattura di costola); ho deciso che è ora di passare ai freni a disco; sarà una Guzzi (abbasso il Giappone e viva l'Italia) e l'anno prossimo Capo Nord.
Allo Zucchi ci resto ancora qualche anno ma devo prendere atto amaramente (guardando alle iscrizioni) che a Monza non interessa un liceo classico aperto all'approfondimento scientifico; sta per riaprirsi il tarlo del cambiamento; tornerò al Frisi a fare un liceo scientifico-scientifico (8 ore di matematica e fisica dalla prima alla quinta).
C'è stata la rivoluzione dell'informatica domestica, sta arrivando Internet e mi vengono due idee: documentare il lavoro didattico mettendo a disposizione le prove scritte corrette e commentate, mettere in cantiere un corso di fisica di tipo innovativo in cui modernità, storia della scienza e riflessione e metodologica vadano di pari passo. Penso che la ricerca didattica sia parte integrante del lavoro di ogni bravo docente, un dovere.
8 ottobre 2006: proprio bella questa esperienza di insegnamento dalla prima alla quinta; li vedi crescere, cambiare e hai tempo per parlarne; ma non mi riesce di stare fermo, sono il contrario dei culi di pietra fermi nelle loro certezze e nel quieto vivere.
E' stato bandito il primo concorso a Dirigente Scolastico; il Preside non l'avrei mai fatto, ma questa roba nuova mi intriga con le sue responsabilità e l'idea di una scuola che vive dentro un territorio. Ho fatto il concorso e l'ho passato nonostante i posti a disposizione fossero davvero pochi. Non ho neanche dovuto studiare perchè tra esperienza politica, passione per la scuola a 360°, abitudine a studiare la normativa e a organizzarne la lettura sul sito della scuola mi sentivo abbastanza pronto tranne per alcune fisse pedagogiche dell'era morattiana. La scuola, come si dice, deve essere di tutti e di ciascuno, ma ogni tanto i pedagogisti ci ricamano troppo. Il mio approccio è stato del tipo "porto là me stesso con la mia storia, le mie idee e la mia esperienza; sa la va la ga i gamp".
Così per il mio sessantesimo compleanno sono ancora ad insegnare al Frisi, ma aspetto la nomina che sarà nel 2008. Il percorso per diventare DS (oltre alle prove di concorso, 2 scritti, un orale in gruppo e un orale individuale) è fatto di altre cose e la più importante è stata il corso di formazione in cui ho conosciuto tante persone in gamba. E' stata una occasione per riflettere sul fatto che nella scuola, come nella vita, i meccanismi selettivi sono importanti, più sali e più trovi persone motivate, colte o comunque interessanti dal punto di vista umano.
Così, per 4 anni ho fatto il DS: 3 anni all'Hensemberger e un anno al Bandini a Siena. E' un bel lavoro; l'ho fatto con passione cercando di innovare: scuola in evoluzione, apertura al territorio, alternanza scuola lavoro, innovazione, coinvolgimento di studenti, famiglie e attori sociali del territorio (che in gergo tecnico sono detti gli stake-holders). I maltrattati sceriffi hanno tutto il mio appoggio, dovrebbero avere maggiore potere per contrastare la conservazione burocratica e bisogna affiancargli almeno due vicesceriffi a tempo pieno e con retribuzione più alta di quella da docente: un vice alla didattica e un altro alla organizzazione.
Con l'aria che tira (burocrazia, resistenze corporative, direzione governativa debole) bisogna avere una forte resistenza e una forte motivazione; il ministero scarica sui DS le sue mancanze di coraggio: responsabili di tutto, ma senza potere. Non so come avrei reagito al coitus interruptus della Buona Scuola (amato con qualche riserva all'inizio, disamato man mano che si evidenziavano compromessi al ribasso e sostanziale continuità con il passato).
8 ottobre 2016: sono in pensione da 4 anni; sto abbastanza bene (tanta attività fisica); vita solitaria nella natura; mi chiedo: ma noi che abbiamo fatto il 68 saremo mai felici? Forse la nostra felicità si chiama inquietudine, la molla che ci impone di non stare seduti troppo a lungo nello stesso posto.
La politica mi prende sempre, ma non mi appassiona più: troppi deja vu. Questa Italia sempre più superficiale, gridata e rozza non mi piace e cerco collaboratori per "Pensieri in Libertà". Fatevi sotto, requisiti: avere delle cose da dire, amare il senso critico e autocritico; il resto si impara.
Come ha detto è scritto altre volte, quando mi guardo indietro e rifletto su quel che ho fatto ho un solo rimpianto: quello di aver lasciato la fisica in nome della politica al primo posto. La scienza ha due grandi pregi: non è democratica e dunque non obbedisce ai principi di opportunità, ti consente di essere parte di una grande avventura, quella della conoscenza.
Nessun pentimento e chi mi conosce sa che di svolte e di cambiamenti di fronte ne ho fatti parecchi (un po' lo si vede anche da questo articolo). Alla prossima.