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noi … e le cattiverie della rete — 3 commenti

  1. Nessuno ha ucciso Tiziana
    Per capire la vicenda di Tiziana Cantone dovremmo mettere da parte questo sentimento divenuto un mantra costante della Rete: l'indignazione morale. [Manolo Farci]

    *A differenza di Claudio, che sembra tenere (poco?) conto del contesto che ci condiziona e indica un ideale non so quanto raggiungibile o praticabile oggi: "la ricerca di una misura, prima personale e poi collettiva" o "un sano vivere civile dove ogni diversità di opinioni e comportamenti possa essere valutata con garbo", l'autore dell'articolo che segnalo sposta il problema (fin troppo?) sul contesto ( la Rete)…

    http://megachip.globalist.it/Secure/Detail_News_Display

  2. Il problema è che la comunicazione (il pensiero, la parola densa di contenuto il cui scopo è il racconto di qualcosa) si è trasformata oggi in pura diffusione incontrollata. Non importa più ciò che viene detto, ma importa solo che sia detto. Il più possibile, duraturo nel tempo, ampio nella diffusione.
    In questi termini i social hanno generato un'arma potentissima che, in quanto tale, finisce col ferirne le parti coinvolte. Spiegare la comunicazione era complesso prima, quasi impossibile oggi; manca una coscienza di base, manca persino l'idea di cosa sia veramente la diffusione sociale, quale sia la sua vera portata.
    Conosciamo il potere di ciò che leggiamo sui libri o sui quotidiani d'epoca, sappiamo molto del meccanismo storiografico, ma ancora nulla su ciò che entra solo oggi nel nostro quotidiano: lo stesso "meme", il mito online, il nuovo linguaggio, è qualcosa che utilizziamo anche inconsapevolmente senza saperlo identificare.
    È un periodo veramente complesso per la comunicazione uno-ad-uno, ancor di più per la comunicazione di gruppo. Il broadcasting nelle mani di chi non ne comprende la portata è veramente pericoloso e angosciante.

  3. Il punto è un altro. Chi pubblica contenuti in rete spesso non comprende cha sta agendo da autore di comunicazione, ruolo per il quale raramente è preparato.
    Nel caso, credo di aver capito, l'autore non è neppure la fanciulla vittima ma qualcuno che si è impossessato del contenuto. Un ladro di contenuti quindi e per di più inconsapevole del senso della comunicazione che mette in atto. Da qui non tanto una diagnosi quanto una possibile terapia.
    Occorre insegnare i fondamenti della comunicazione in tutte le scuole. Le opere di U. Eco possono essere di aiuto.

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