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La pedagogia della memoria — 4 commenti

  1. Certo. Ho parlato infatti di "cultura ufficiale" e di "cultura delle istituzioni". A fianco (sia contro, sia semplicemente parallela) vi è sempre stata una cultura "altra", popolare e non, consapevole e non, che ha espresso valori diversi e anche, spesso, gli stessi valori in modo diverso, con un rovesciamento di prospettiva. Non si tratta solo della storia di "servi" e di "classi subalterne", ma anche della storia di frammenti dei ceti dominanti non in linea con la cultura dominante, cioè di "ribelli", di non conformisti, per i più diversi motivi.

  2. «Propria del fascismo», dunque, non perché fascista, ma perché il fascismo è collocato nel lungo arco della storia di una cultura molto più antica. Se perdiamo di vista questa profondità storica, si banalizza una caratteristica di fondo della storia stessa." (Aguzzi)

    Andrebbe aggiunto per completezza che è "una caratteristica di fondo" non "della storia stessa" ma della storia dei "signori" o dei "dominanti" e che ad essa s'è sempre contrapposta un'altra caratteristica, altrettanto "di fondo", quella della storia dei "servi" o dei dominati o delle "classi subalterne".
    Con una citazione da Brecht, che è col tempo diventata per me quasi una fissazione: Anders als die Kämpfe der Höne sine die Kämpfe der Tiefe! (Diverse dalle lotte sulle cime sono le lotte sul fondo![1]).

    [1] Dal frammento La bottega del fornaio

  3. «L’esaltazione dei valori quali religione, patria, famiglia, conformismo, etica del lavoro, propria del fascismo». Non mi sembra proprio che questa linea pedagogica e questa esaltazione dei valori elencati sia propria del fascismo. La si trova anche nella cultura classica e via via in tutta la cultura "ufficiale" lungo i secoli del medioevo e dell'età moderna. La si trova però anche nelle culture non occidentali. Direi pertanto che è propria di tutte le società organizzate, da un lato come cultura ufficiale o almeno più sentita della comunità e, in parallelo, dall'altro, come cultura dell'autorità istituzionale (politica, pedagogica ecc.) che domina la comunità. In sostanza le società organizzate, con istituzioni politiche e pedagogiche, sviluppano, tutte, una cultura che esalta alcuni valori che servono a cementare, tenere uniti, insieme, i membri della società e questi alle loro istituzioni di governo. Valori relativi alla religione, alla famiglia, alla patria, alla tradizione e all'identità, all'etica del lavoro (come a quella dell'onore militare ecc.). «Propria del fascismo», dunque, non perché fascista, ma perché il fascismo è collocato nel lungo arco della storia di una cultura molto più antica. Se perdiamo di vista questa profondità storica, si banalizza una caratteristica di fondo della storia stessa.

  4. Elogio degli esercizi di memoria, sì. Ma, se non si seleziona nella memoria quello che ha valore (e non solo per chi ricorda perché è un *suo* ricordo) , si rischia di fare una ginnastica che non ha obiettivo.
    Qui, ad esempio, a me pare che prevalga solo l'amarcord di un certo ceto sociale….

    Che dice la pioggerellina di marzo
    Le poesie nei libri di scuola degli anni Cinquanta
    Manni Editore

    Fatta salva l’ipotesi che quella letteratura non abbia guastato gli animi di un’intera generazione e non abbia fatto sopravvivere il consenso a una cultura retorica, guerresca e autoritaria, c’è da chiedersi cosa abbia trasmesso, che valori, che dubbi, che pensieri emergessero da quelle letture.

    dall'Introduzione di Piero Dorfles

    L’albero cui tendevi la pargoletta mano; Ei della gondola, qual novità; Il morbo infuria, il pan ci manca; Eran trecento eran giovani e forti; O Valentino vestito di nuovo; Partì in guerra e mise l'elmo; La donzelletta vien dalla campagna… Intere generazioni che si sono formate negli anni Cinquanta conoscono ancora a memoria i versi imparati a scuola, che siano opere di poeti celebri o filastrocche dei “poeti dei banchi”, che scrivevano appositamente e unicamente per i testi scolastici: Pezzani, Angiolo Silvio Novaro, Ada Negri, Zietta Liù, Lina Schwarz, ma anche Diego Valeri, Moretti, Pascoli, Leopardi, Carducci e perfino D’Annunzio, accanto ai poeti “patrioti” Bosi, Mercantini, Fusinato, Giusti. In questa antologia sono raccolte le poesie più diffuse sui libri delle scuole elementari e medie di quegli anni, che dimostrano la continuità culturale e pedagogica della Repubblica con il ventennio fascista.
    L’esaltazione dei valori quali religione, patria, famiglia, conformismo, etica del lavoro, propria del fascismo, prosegue infatti nel dopoguerra, e il libro di testo si conferma uno strumento di costruzione del consenso come era avvenuto nel passato. Il volume ha una struttura per sezioni che riprende quella dei manuali dell’epoca, con vari temi: Famiglia, Scuola, Affetti, Religione, Patria, Lavoro, Povertà e rassegnazione, Storia, Natura e Giocose.
     

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