ciò che era giusto dire
Ho trovato un elemento del mio modo di comportarmi su cui non ho ancora deciso se sia meglio lasciar fare al flusso di coscienza o controllare il demone.
Dire o non dire? Essere sinceri sino in fondo al punto di risultare sgradevoli? Qualcuno poi pensa che te la tiri, un altro pensa che sei un po' stronzo, un altro che lo fai apposta, ma non è niente di tutto questo. Essere assertivi è difficile mentre è facile, magari sotto l'effetto di qualche spinta emozionale, essere aggressivi.
Classificare è facile, dire cosa sia astrattamente giusto, anche; poi viene la vita concreta.
Arbus è il primo della classe e non ne può più di una scuola in cui ha l'impressione di perdere il suo tempo con lezioni noiose e ripetitive e professori pigri e prevedibili.Così va dal prreside a dire che non sta imparando niente.
Da "la scuola cattolica" di Edoardo Albinati pag. 120
Era caratteristico dei tipi come Arbus, se mai ne esistono altri simili a lui: non tenere in nessun conto l'interlocutore, nè il suo rango nè il suo umore, non sentire alcun bisogno di scendervi a patti, di preoccuparsi di come avrebbe reagito, adattando il proprio discorso alle circostanze come facciamo per educazione o per timore o tornaconto o semplice ipocrisia. Niente di tutto questo: Arbus voleva dire quella che credeva fosse la verità, ma senza alcuna pretesa o compiacimento nel dare una lezione o gettare una sfida. Voleva dire insomma ciò che era giusto dire, fosse pure spiacevole o scandaloso, quasi senza curarsi dei suoi effetti, anzi, senza accorgersi che potessero esservene. Puro, ingenuo, innocente, spietato, autmatico: così era il mio amico Arbus.