Scenari 4 – una politica per il futuro
Chiarito il mio pensiero sulla interpretazione da dare ai processi in atto e alla loro possibile evoluzione, soprattutto in relazione all’approssimarsi della crisi di singolarità e della disgregazione mondiale delle classi sociali, vorrei suggerire qualche idea di una politica socialdemocratica realistica.
Come è confermato dalle elezioni amministrative appena svoltesi, il centro sinistra ha perso voti soprattutto nelle periferie urbane e, in particolare, il progetto politico di Renzi ha subito una prima sconfitta.
Poiché sono convinto che sia necessario proseguire sul cammino di una politica social democratica che può essere attuata solo dal PD (sempre con la speranza che ad esso si affianchino le forze della sinistra tradizionale per portare i loro valori), occorre capire come rafforzare la proposta politica da avanzare.
Ritengo sbagliato insistere sulla strada della cosiddetta narrazione della svolta giovanile di Renzi e della velocità di realizzazione delle riforme. Quel che è sbagliato non sono il cambiamento generazionale o la necessità di attuare riforme in fretta, ma il fare di questi due punti la sostanza dell’immagine politica che viene proposta ai cittadini. Oltre a ciò questa narrazione è arrivata ai cittadini contemporaneamente alla presentazione di un programma così ampio dal far ironizzare molti sulla capacità di raccontar storie da parte del presidente del Consiglio. A mio giudizio aver dichiarato all'inizio della azione di governo quali fossero i temi di riforma che avrebbe affrontato è stato un fatto molto positivo e, a posteriori, è innegabile che gran parte dei punti siano stati effettivamente affrontati, pur con soluzioni non interamente condivisibili.
Quello che ha deluso masse della periferia delle grandi città (e uso il termine massa in senso proprio, cioè aggregazioni prive di struttura e idee condivise) è stato il convincimento che quanto è stato fatto finora e quanto si promette di fare in futuro non ha cambiato e non cambierà le condizioni di vita degli emarginati. Per periferia non dobbiamo intendere solo la periferia geografica, ma la periferia sociale, cioè coloro che fan parte dell’emarginazione perché non ne sono mai usciti o perché ne sono entrati per perdita di reddito e ruolo sociale.
Come ho detto questo è in parte inevitabile per il processo di riequilibrio del benessere mondiale, ma il compito di una forza social democratica deve essere quello di recuperare e sostenere queste aree sociali, attenuando l’atterraggio violento e aiutando un nuovo percorso di uscita.
Finora si è affermata una politica economicistica: solo la ripresa economica potrà ricreare posti di lavoro e opportunità di mobilità sociale. Ma la risposta si rivela non tanto sbagliata quanto inadeguata per i tempi medio lunghi che in generale richiede. Dal punto di vista degli scenari mondiali ed europei che ho cercato di interpretare, questa politica oltre che inadeguata è anche insufficiente.
Da questo punto di vista hanno ragione gli esponenti della sinistra PD e della sinistra esterna nel criticare il governo Renzi, anche se usano il linguaggio novecentesco del tradimento degli ideali di sinistra.
Quel che il governo dovrebbe fare è affrontare questo tema individuando i mezzi per un intervento guidato dallo Stato, senza attendere la ripresa economica. Sembra una politica keynesiana e lo è dal punto di vista del modello economico, ma dal punto di vista dell’azione politica lo considero piuttosto un New Deal. E' da qui che può emergere una nuova narrazione, cosa che piace tanto ai comunicatori politici, ma è anche l’unica cosa che i media capiscono.
Immagino un New Deal che si articola su due binari, quelllo nazionale e quello Europeo.
Occorre, a mio parere, che Renzi parli con grande chiarezza invitando tutto il paese al new deal, al nuovo patto, partendo dal dichiarare senza incertezze e ambiguità che non sarà possibile tornare al passato del welfare costruito a debito, non sarà possibile tornare al passato del lavoro garantito per tutti, perché il mondo non solo è cambiato ma cambierà ancora di più.
In effetti quel che è mancato nella comunicazione attuale è proprio il parlar chiaro da parte del governo, non tanto da parte di qualche intellettuale o economista, le cui parole giungono solo agli addetti ai lavori, ovvero lo spiegare che riforme e rilancio dell’economia non ci faranno tornare indietro al benessere degli anni 80-90.
In questo discorso del new deal un posto particolare centrale lo deve giocare la visione dell’Europa che Renzi propone, e per cui, pur con tutte le difficoltà, sta già operando.
L’immagine che giunge alle masse di questa azione al momento è quella di un governo che cerca aiuto a toglierci le castagne dal fuoco, non che cerca di costruire una azione congiunta per fare un passo avanti sul cammino dell’accoglienza dell’immigrazione e sul cammino del rilancio della Unione Europea.
Non arriva alle masse il messaggio del Manifesto di Ventotene che in realtà è contenuto nell’azione per portare la UE a superare la politica dei sacrifici e costruire strutture di governo sovranazionali ma che rispondano in modo democratico aicittadini Europei. Credo che l'unico modo e allo stesso tempo il contenuto più dirompente per lanciare un new deal sia proprio riaprire i lavori per la costruzione della Costituzione Europea chiedendo l’elezione di una Assemblea Costituente Europea.
Daniele Marini
(4 fine) – i precedenti articoli sono qui Scenari 1 – il mondo – Scenari 2 – l’Europa – Scenari 3 – l’Italia