Scenari 3 – l’Italia
Non intendo esaminare la realtà italiana dal punto di vista dell’economia, mi interessa viceversa sottolineare gli effetti sulla composizione sociale e sui partiti politici determinati dalle ultime trasformazioni.
Inizierò osservando che da quando la CGIL con Cofferati promosse, nel 2002, la manifestazione in difesa dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori sono passati 14 anni. Quella che al tempo consideravo una grande affermazione ora non posso che giudicarla come un evento di un’altra epoca.
Questi ultimi quattordici anni hanno visto una crisi di fiducia nei partiti politici (che ha dato origine al movimento 5 stelle e alla disaffezione dal voto) e il pesante ribaltamento sul nostro paese della crisi economica mondiale.
L’effetto principale di questi due fenomeni è stato il progressivo frantumarsi delle aggregazioni di classe con il crollo di fiducia verso le ideologie ereditate dal ‘900. E’ importante ricordare che questi atteggiamenti di ampi gruppi di cittadini non sono limitati alla realtà italiana, sono comuni a quasi tutti i paesi europei, e la campagna per le primarie in USA ancora in corso ha messo in luce che ciò vale anche negli Stati Uniti.
In sostanza si sta consolidando in tutto il mondo sviluppato la tendenza alla disaggregazione delle classi sociali che si riorganizzano attorno a temi o di tipo populista o di tipo anti-politico. Nel nostro paese emerge anche una ripresa di forme di aggregazione locali, direi quasi tribali, comunque eredità dell'Italia dei Comuni e dei Principati, frutto della paura del diverso e del terrorismo.
Senza entrare nel merito della responsabilità della classe politica in tutto ciò, emerge chiaramente un fatto che non permette più alla sinistra di considerare come mezzo aggregante le lotte sociali attorno a temi strettamente economici, con un pizzico di visione sociale di solidarietà. Viceversa le aggregazioni, temporanee, si costituiscono sul tema dei diritti sociali e individuali, come è avvenuto in parte con la battaglia per le unioni civili.
La caratteristica delle forze politiche, d’altra parte, è di agire quasi tutte in uno scenario di tipo trasformistico proprio per cercare di catturare questi momenti aggregativi.
Il tema dell’anti-politica al momento appare molto solido anche quando opportunismi e trasformismi portano a modificare l’orientamento di tali partiti. Ne sono esempio il cambiamento dei 5 Stelle sulle unioni civili o il cambiamento di posizione di Forza Italia sulle riforme costituzionali.
Arriviamo alla domanda centrale: la sinistra in che condizioni è e cosa può fare?
Distinguo due campi di sinistra: una sinistra socialdemocratica rappresentata dal PD e una sinistra tradizionale che non si riesce a organizzare attorno ad una unica struttura. Il PD è accusato dalla sinistra tradizionale di aver tradito gli ideali da cui è nata. Ritengo quest’accusa in parte infondata.
Per capire ciò occorre ancora fare riferimento alle grandi tendenze dei processi mondiali in atto di cui il PD, in particolare la classe dirigente attorno a Renzi, si rende conto e di come tali processi non possano essere ostacolati o governati in un ambito strettamente nazionale.
Infatti, Renzi si è fatto promotore di due forti iniziative a livello Internazionale e in particolare in ambito europeo. La prima riguarda il tema dell’immigrazione e la sua relazione con i conflitti in nord Africa e in medio Oriente. Il Governo ha agito con proposte e partecipazione a iniziative di rilievo. Federica Mogherini, in particolare, ha contribuito agli accordi con l’Iran svolgendo il ruolo di presidente e coordinatore delle riunioni dei paesi coinvolti. E’ un ruolo da non sottovalutare, che indica la conquista di una dimensione di autorevolezza; infatti non si lascia a una figura priva di autorevolezza una funzione così delicata.
Renzi e Gentiloni si sono impegnati sui due fronti della stabilizzazione della Libia e del riconoscimento di un’iniziativa coordinata a livello europeo sull’accoglimento dei migranti. I risultati non sono ancora pienamente emersi e la loro azione si è scontrata con le chiusure di alcuni paesi europei (Austria, Ungheria, Danimarca) e sulla difficoltà di giungere a deliberazioni condivise. Ho già accennato alla proposta di Renzi del migration compact consistente in investimenti per lo sviluppo per i paesei Africani, superando il lungo periodo degli aiuti di emergenza.
Solo da poco tempo la Francia riconosce la necessità di un approccio congiunto. Oltre a ciò le minacce e le azioni del terrorismo sedicente islamico mettono continuamente in discussione i risultati parzialmente raggiunti.
Pe quanto riguarda l’azione politica interna il governo Renzi ha indubbiamente accelerato interventi di rinnovamento del paese con riforme che la sinistra tradizionale ritiene negative secondo il punto di vista della tutela degli interessi delle classi svantaggiate.
Emerge qui un elemento assai grave. La sinistra tradizionale italiana ha lo sguardo rivolto a un passato che in nessun modo si può ricostruire. La scomparsa sostanziale delle classi ha reso inapplicabile il modello tradizionale di origine marxista e impone di elaborare una nuova teoria del conflitto. Sottolineo che non si tratta di un conflitto locale in ogni singolo paese ma di un conflitto globale tra gli esclusi del mondo e i padroni del mondo.
Più in dettaglio la riforma della scuola è stata criticata per l’aumento del potere decisionale dei presidi e per la penalizzazione degli insegnanti appena assunti costretti a spostarsi dalla propria città di origine.
La prima critica è mossa da un modello di scuola partecipativa che ha mostrato il suo carattere velleitario e la sua incapacità di adattare la scuola alle nuove generazioni di studenti. Sta di fatto che sono ripresi gli investimento sulla scuola, che sono in corso nuove assunzioni per numeri elevati, che il potere dei presidi è solo apparentemente cresciuto, ma quel che è cresciuta è la loro responsabilità. Criticare i principi della valutazione e della mobilità geografica è sbagliato.
Sono principi che quando sono attuati, ad esempio nel mondo universitario, permettono di agire e migliorare. La mobilità universitaria è un aspetto positivo perché incoraggia una fecondazione incrociata d’idee muovendo tra le sedi i docenti più giovani che in tal modo non si fossilizzano su comportamenti di tradizione e sul potere dei propri maestri.
La stessa cosa deve valere per la scuola che ha bisogno di soggetti che portano esperienze diverse da culture diverse. Un’analogia con comunità biologiche porta a cogliere la differenza tra in-breeding e cross-breeding: tra la fecondazione interna alla comunità che riduce la varietà biologica e quella attraverso le comunità che massimizza la varietà biologica.
Ancora la questione del preside responsabile diventa una necessità a fronte di processi di trasformazione veloci. Con l’avvicinarsi della singolarità nessuno può permettersi di perdere una coorte di studenti che, per 5 o più anni addestrati da insegnanti inadeguati, saranno destinati a subire il fallimento.
Altre iniziative riformiste del Governo hanno riguardato la legislazione del lavoro. Come ho già detto sono passati quattordici anni dalla manifestazione di difesa dell’art.18 e il mondo è cambiato in modo radicale. La natura più importante della nuova legge sul lavoro secondo me riguarda la tutela dei diritti di chi in precedenza era escluso. Le soluzioni attuate non sono del tutto soddisfacenti ed efficaci ma sono una strada da percorrere e perfezionare.
Ad esempio l’estensione dei voucher è stata eccessiva e fa riemergere quel che si voleva combattere: il lavoro nero. La tecnica però permette di individuare meglio queste deviazioni e le norme dovranno essere adeguate. Gli incentivi economici alle assunzioni sono destinati a calare e la crescita dell’occupazione ne potrà essere influenzata. Tuttavia non è nei poteri del governo costringere gli imprenditori ad assumere. Sono loro a dover riprendere gli investimenti per crescere.
Sulla questione dei licenziamenti e art.18 da quando è esploso il precariato e l'occuapzione è calata pesanetemente, penso che alcune garanzie a chi ha un impiego a tempo indeterminato sono ingiuste verso chi è precario o escluso. Che poi imprenditori e manager abbiano fatto dell'art. 18 l'argomento principe per non assumere è comunque un fatto.
Altre leggi sono pianificate: sulla giustizia per smontare i disastri del ventennio berlusconiano, sui diritti civili con le unioni civili e speriamo presto sul fine vita.
Riguardo la riforma costituzionale mi limito qui a segnalare due questioni: la prima sulla sua legittimità, la seconda sulla sua necessità.
Sulla legittimità ci sono tre aspetti da sottolineare:
- legittimità del parlamento che è stata confermata dalle sentenze della Corte Costituzionale in occasione del ricorso contro la legge precedente (il porcellum di Calderoli e Tremonti).
- legittimità del Governo che è stato nominato e votate seguendo rigorosamente le procedure previste sempre dalla Costituzione
- Infine più che di legittimità considero la liceità della riforma del Titolo Secondo e successivi della Carta Costituzionale,
La riforma della seconda parte della Costituzione è prevista dalla Carta stessa e deve seguire un iter ben specificato e tale iter è stato seguito. La prima parte della Costituzione è immodificabile. L’unico modo di modificarla sarebbe attraverso una nuova assemblea Costituente, cosa che solitamente avviene a seguito di rivolgimenti politici colossali (guerre, colpi di stato ecc.).
La previsione di riformabilità della seconda parte prevista dalla Carta dà attuazione a un principio di filosofia del diritto che considera le norme frutto delle condizioni storiche sociali e non frutto di principi normativi astratti e universali. Rifarsi a principi universali è quindi sbagliato, come rifarsi alle ragioni storiche di allora che, dopo settanta anni, sono cambiate.
Chiarito il mio pensiero sulla natura socialdemocratica del PD, consideriamo la sinistra tradizionale. Come ho detto essa guarda al presente con la testa volta all’indietro mentre quando guarda in avanti non coglie le grandi tendenze in atto. In sintesi ritengo che abbia perso il contatto con la realtà. E ciò è provato dalle recenti votazioni in cui le varie liste di sinistra-sinistra hanno raccolto un numero di voti ben lontano dalle speranze e dalle astratte aspettative sugli abbandoni del PD da parte dei sinceri democratici. Ciò significa che il loro messaggio non è raccolto che da gruppi marginali di cittadini.
Chi contesta il PD perché poco socialista ormai si astiene, chi lo contesta perché corrotto, si rivolge ai 5 stelle, chi lo contesta perché non condivide una politica troppo sociale va verso Forza Italia e chi lo contesta per la debolezza sulla immigrazione trova nella Lega i suoi esponenti.
Concludendo sia il PD sia la sinistra tradizionale devono modificare il loro porsi sul teatro della politica. Il PD deve riconquistare il contatto con i cittadini e questo è il problema del rinnovamento del partito; deve espellere le tossine della corruzione, e ancora questo riguarda il funzionamento del partito. Soprattutto deve aprire un grande dibattito coinvolgendo gli intellettuali che restano disponibili a leggere e interpretare i processi mondiali in atto e capire come modificare la propria azione. Infine deve costruire un socialismo europeo effettivo e propositivo perché non ci sono ricette valide in un solo paese.
La sinistra tradizionale deve abbandonare la passione per la scissione atomica dei propri gruppi dirigenti, pena la sua scomparsa definitiva, Deve capire che l’unico modo per continuare ad avere un ruolo è di partecipare alla costruzione dei programmi politici social democratici, facendo del PD non un avversario ma la forza aggregante di massa nella quale inoculare idee, proposte e principi cui tutti siamo affezionati.
Oltre alla necessità di ricostituire una struttura di partito, tutta la sinistra deve fare uno sforzo di analisi per comprendere i processi in via di accelerazione. L'approssimarsi della singolarità è la sfida da cogliere per una risposta socialista. Non ho ricette, ho solo la sensiblità e la capacità di notare quel che accade e cercare di segnalarlo. Temo, come sarà emerso dalle note precedenti, che arriveremo impreparati allo sconvoglimento della struttura del mercato del lavoro e a tutte le altre conseguenze.
Daniele Marini
(3 – continua) Questo articolo fa seguito a Scenari 2 – l''Europa