Riforma della Costituzione 1: le modifiche
Oggi ho trovato in rete un documento che, articolo per articolo, fa la comparazione con testi a fronte, delle modifiche che saremo chiamati a confermare o respingere nel referendum confermativo di autunno.
E' mia intenzione intervenire sugli aspetti essenziali e, di volta in volta, citare quelli che ritengo elementi di forza e di debolezza procedendo in maniera analitica. Lo farò nei prossimi mesi.
In questo primo post voglio però prendere posizione sulla operazione vista nel suo insieme:
referendum raggruppato o spacchettato?
Al di là del fatto che, con gli ordinamenti vigenti, il referendum è necessariamente su conferma o respingimento della intera legge modificativa, e dunque bisognerebbe procedere ad una modifica della costituzione per fare diversamente, basta dare una occhiata al documento che pubblico per rendersi conto della impraticabilità della proposta di votare per parti.
- come si fanno le parti e in quante parti si fa la divisione? chi è titolato a farlo?
- cosa accade se nel referendum vengono respinte alcune parti e accettate altre ad esse collegate?
- con quale livello di chiarezza potrebbero segliere gli elettori quando si entra in elementi di dettaglio talmente tecnici che nemmeno gli organi di informazione e le forze politche ne hanno dettagliato?
siamo arrivati al dunque
Seguo con un certo interesse le problematiche di riforma della Costituzione e le mie prime letture in proposito risalgono addirittura alla seconda metà degli anni 70 dopo la lettura del testo del professor Ugo Rescigno "costituzione italiana e stato borghese" (Samonà e Savelli 1975) un testo abbastanza schierato, così come era schierato Rescigno. Scoprii allora che le sinistre erano inizialmente contrarie all'istituto regionale ed ebbi modo di cominciare a riflettere su cosa sia una costituzione, che tipi di costituzioni esistono, le peculiarità di quella italiana.
In proposito trovo molto positive (ma viste da pochi amatori) le trasmissioni che Paolo Mieli e Giuliano Amato stanno mandando in onda su Rai Storia sulla genesi della nostra costituzione facendoci vedere non il solo Calamandrei, che sembra diventato l'unico padre, ma anche Moro, Jotti, La Pira, Lelio Basso, Terracini.
Mi sembrava sin da allora assurdo e rituale il modi di lavorare del Parlamento e rimanevo colpito dal fatto che, al termine della legislatura, tra metà e due terzi dei provvedimenti incardinati e già approvati in uno dei due rami, erano lasciati in eredità culturale al parlamento successivo che necessariamente doveva ricominciare daccapo. Non mi convincevano le due Camere con gli stessi compiti e poteri.
Da allora è passata molta acqua sotto i ponti. Le disfunzionalità sono aumentate e il sistema viaggia ormai verso un quadro in cui si finisce per ridurre progressivamente la capacità legislativa dei parlamenti a favore di una azione diretta dei governi: vuoi per la mancanza di maggioranze ben definite, vuoi per la mancata riforma dei regolamenti parlamentari, vuoi per la complessità di molte problematiche, vuoi per l'esistenza di un corpus legislativo mastodontico che deve far riferimento oltre che alla complessa articolazione dello stato, alla esistenza di un livello sovranazionale come quello dell'Europa,
Cambiano le maggioranze di governo e il problema si ingigantisce: diminuiscono le leggi approvate per iniziativa parlamentare, aumentano le leggi omnibus, magari fatte da un solo articolo con 1000 commi, dilagano le leggi delega con cui il Parlamento si limita a fissare un quadro di principi e lascia poi al governo il comito di legiferare tramite i decreti legislativi, aumenta ad ogni legislatura il numero dei decreti legge in cui il requisito della urgenza deriva esclusivamente da una precedente inefficienza.
Mentre accadeva tutto ciò il sistema italiano ne ha provate tante senza però portare a casa nulla: commissioni bicamerali, tentativi di accordo, forzature parlamentari, bocciature al referendum.
Questa volta il principio di fare le cose insieme è stato salvaguardato in partenza: c'è chi si è chiamato fuori da subito (Lega e M5S) e chi si è chiamato fuori in corso d'opera (come è stato per Forza Italia e il patto del Nazzareno).
Il prodotto finale risente di questa impostazione, nata come unitaria (dunque con molti compromessi) e terminata dalla sola maggioranza di governo. Gli elementi di debolezza oggi presenti risentono secondo me di questo iter faticoso e del fatto che quei compromessi inseriti nella fase unitaria sono stati giustamente mantenuti.
si poteva fare di più?
Qualunque passaggio più radicale avrebbe richiesto di affrontare il nodo della struttura del nostro stato: parlamentarismo con esecutivo rafforzato, premierato alla tedesca, presidenzialismo. Si è scelta la prima strada e personalmente avrei preferito un maggiore coraggio, ma questo avrebbe richiesto un processo costituente di tipo assembleare che il fallimento di esperienze precedenti (commissione bicamerale di D'Alema) e l'emergere di una forza antisistema (come il M5S) rendevano impraticabile.
Cito qualche problema meritevole di attenzione e non affrontato:
- eliminazione completa del Senato e introduzione di un sistema (del tutto o semi) presidenziale con elexione diretta del capo dello stato (alla francese o all'americana).
- riforma dell'ordine giudiziario e separazione delle carriere dei magistrati
- revisione della struttura, delle dimensioni e dei poteri delle regioni facendo delle regioni più grandi e dando loro la funzione di governare i macroterritori attraverso strutture provinciali da riformare ma non da eliminare
Come vedremo, analizzando in dettaglio il documento comparativo che pubblico, ci sono parecchie innovazioni e la principale è quella di un rapporto parlamento governo in cui i poteri rispettivi aumentano e sono ben definiti in modo di ridurre le invasioni di campo (oggi molto in auge nella azione di governo). Il tutto dovrebbe essere garantito da una legge elettorale decisamente maggioritaria che, dando luogo a maggioranze parlamentari politicamente omogenee, toglierà di mezzo sia la necessità di compromessi sia l'azione di surroga della iniziativa di governo nei confronti della azione legislativa.
Il mio atteggiamento, non molto dissimile da quello che ebbi in occasione del referendum sul progetto Tremonti-Berlusconi, sarà dunque di appoggio. Non ricordo più se l'altra volta mi astenni o votai a favore. Allora non mi convicevano nè la fretta della operazione nè lo schieramento di quella serie di parrucconi (professoroni di diritto costituzionale) che paventavano sciagure. Ci sono anche questa volta, anche se in numero minore. In Italia, ogni volta che ci si appresta a cambiare qualcosa di rilevante, scendono in campo i difensori della costituzione più bella del mondo a spiegarci che sta per accadere il finimondo.
Come vedremo l'impianto della Costituzione cambia molto poco in particolare nella prima parte che rimane largamente immutata. Si interviene con alcuni aggiustamenti sulla seconda e si tratta di aggiustamenti che potranno essere corretti alla luce della esperienza. Tra l'altro, a differenza di quanto si dice, proprio perché nasce un contesto di governo ragfforzato nei suoi poteri, vengono fortemente aumentati i poteri della opposizione fissandone diritti non aggirabili.
In buona sostanza, traducendo in italiano un detto popolare lombardo la mia posizione sarà: piuttosto di niente è meglio piuttosto.