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Storia di un comunista – Toni Negri — 2 commenti

  1. ANCORA SU "STORIA DI UN COMUNISTA" DI A. NEGRI 
    In risposta alla recensione Claudio Cereda https://www.ceredaclaudio.it/wp/?p=5668

    Intervengo ancora su «Storia di un comunista», visto che sono stato io a consigliare la lettura di questo libro. Aggiungendo inoltre di confrontarlo con «La rancura» di Romano Luperini, perché – e lo conferma anche questo commento di Cereda – danno valutazioni diverse della storia degli anni Settanta e del ruolo che vi svolsero certi leader emersi con il ’68-’69; e presentano – altro problema per me sintomatico e di grande interesse per valutare come lavora la memoria di un autore sul passato – un dosaggio altrettanto diverso tra narrazione autobiografica e riflessione col senno di poi.
    Questa lettura di Cereda del libro di Negri mi pare sbrigativa e su alcuni punti contraddittoria. Perché, se è vero che il libro contiene parti «particolarmente pesanti» per un lettore digiuno di filosofia e che possono «essere totalmente o parzialmente saltate», chi le salta (o ha difficoltà a entrarci dentro) dovrebbe poi essere molto più cauto nel giudicare l’intero libro.
    Non poter valutare l’«evoluzione mentale e filosofica di Negri» equivale a non entrare nel merito delle motivazioni teoriche e delle sue scelte politiche. ( E questa dovrebbe essere operazione preliminare e indipendente da quella – successiva – di giudicarle giuste o sbagliate). 
    Per capirci. È come se io visitassi alcuni quartieri di una città e giudicassi l’intera città solo da quelli che mi sono piaciuti. O che di Einstein m’interessassi alla sua vita quotidiana e pretendessi di giudicare poi da essa la sua teoria della relatività.
    In questo errore mi pare cade Cereda. (In parte, perché non è che lui sia un lettore del tutto al digiuno degli aspetti teorici e filosofici trattati da Negri, avendo pur egli avuto il suo periodo “marxisteggiante”). 
    Trova, infatti, piacevole la parte autobiografica (che tratta «l'infanzia, l'adolescenza, l'impegno nella Azione Cattolica con la organizzazione di una corrente progressista, i primi anni di università e il girovagare per l'Europa»), che credo sia vicina alla sua esperienza. E l’apprezza, perché scrive:« Ne esce l'immagine di una figura interessante, poliedrica e sono questi gli elementi che hanno poi contribuito a farne un leader, pur di un progetto sconfitto senza appello». Eppure il suo giudizio finale sul libro si fonda proprio sulla parte che salta o legge troppo sbrigativamente o giudica «aberrante» ma facendo suoi i pregiudizi più comuni e diffusi tra i nemici o gli avversari di Negri.
    Secondo me, così facendo:
    1. non si capisce in che rapporto sia la parte che gli è piaciuta con l’altra: c’è continuità o no tra esse o c’è solo schizofrenia? E perché?
    2. vengono trascuratati o liquidati proprio quei problemi, affrontati in «Storia di un comunista», che non sono stati “affari” di Negri o della sua parte politica (Potere operaio, Autonomia) ma erano *comuni* in quegli anni all’esperienza biografica e politica di tantissimi che militarono nei cosiddetti gruppi extraparlamentari.
    Quando Cereda scrive: «La riflessione degli operaisti alla Negri è che, dopo i fallimenti della socialdemocrazia e del comunismo leninista, si deve in qualche modo ricominciare daccapo e questo ricominciare daccapo (partendo da Marx) si concreta nel lavoro ai cancelli, nell'inchiesta,nella costruzione di avanguardie di fabbrica in grado di smascherare l'inconcludenza sindacale», sembra non accorgersi che sia Negri e Potere Operaio sia Lotta Continua, Avanguardia Operaia o il Pdup si posero i medesimi problemi (necessità della organizzazione politica, autonomia della classe, critica della socialdemocrazia e del PCI) ed ebbero pratiche comuni: lavoro ai cancelli delle fabbriche, inchiesta, « nella costruzione di avanguardie di fabbrica in grado di smascherare l'inconcludenza sindacale». Certo con accenti diversi e letture diverse e contrapposte di una tradizione che è stata anch’essa sempre diversificata e contrapposta (ad es. Marx/Bakunin, Lenin/Luxemburg).
    Il tentativo di Negri e di Potere Operaio di rileggere « i Grundrisse e il frammento sulle macchine di Marx» o di «rivedere e revisionare l'intera storia del comunismo sia nelle varianti dell'est sia nelle vie nazionali come quella italiana» non è poi – almeno nelle intenzioni “rivoluzionarie” di allora – *estraneo* a quelli fatti da altri militanti o gruppi politici di allora.
    Dire della posizione di Negri: « Ho sinceramente una grande difficoltà a comprendere questo progetto entro la prospettiva del comunismo» diventa ai miei occhi quasi comico ( e un pochino ipocrita). Perché mi verrebbe da chiedergli: ma non dicevano (ad es. quelli del PCI) anche a noi di Avanguardia operaia che quel che facevamo non aveva nulla a che fare con la prospettiva del comunismo? Non appaiono oggi taluni scritti di Avanguardia operaia di quegli stessi anni « pieni di fantasie ed elucubrazioni»? 
    Cereda legge «Storia di un comunista» di Negri in una maniera un po’ troppo comoda: semplicemente dissociandosi dalle posizioni di ricerca che in quegli anni erano *comuni* anche ad altri gruppi. Lo fa perché fece sue le posizioni del PCI di allora. E non a caso richiama la figura di Amendola (« credo che Giorgio Amendola, dall'oltretomba, quello di “Una scelta di vita” si stia facendo una grossa risata»). Ma si appoggia davvero su un terreno solido? Certo il mondo è cambiato. E le ricerche di Negri e di altri sono state interrotte e quei progetti sono stati sconfitti. Ma lo stesso PCI non esiste più. Quindi la risata di Giorgio Amendola dovrebbe essere ben più amara e forse tragica. E l’ironico « tutto va bene madama la marchesa» andrebbe rivolto non solo a Negri ma a tutta la fu-Sinistra.
     

     

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    • Qualche precisazione nell’ambito di una replica garbata:
      1) non penso che gli intermezzi filosofici siano inutili; li ho triovati eccessivi e in alcune parti fuori contesto; meritevoli di essere messi altrove.
      2) ho trovato una frattura nella parte biografica tra la esperienza giovanile e il passaggio all’età adulta, come se quelle esperienze di vita, che pure sono raccontate con un certo dettaglio, non abbiano avuto a che fare con il resto
      3) penso che l’esperienza operaista, e mi pare che lo pensi anche Negri, si distacchi in maniera netta da tutta la restante storia del movimento comunista (Lenin, Mao, Togliatti, sinistra rivoluzionaria italiana) nel modo di concepire la costruzione della coscienza rivoluzionaria e nel ruolo del partito. Non sono in grado di esprimere valutazioni di natura teorica e forse mi esprimo male: Negri cerca di tornare ad un pezzo di Marx nel tentativo di fondare un comunismo su altre basi. In questo tentativo non mi convince e io mi sento dalla parte degli altri (tutti). Il modo di concepire il lavoro di fabbrica e di costruire i “quadri operai” era del tutto diverso da come lo si concepisce in Potere Operaio prima e nella Autonomia poi.
      4) la cosa che mi inquieta è quanto questa persona sia piena di sè al punto di non tentare nè un bilancio nè una revisione del proprio pensiero anche di fronte a) al fatto che il mondo è cambiato b) le sue ipotesi sono state sconfitte
      5) Sulle stupidaggini a proposito di scienza e tecnologia mi viene da dire: ma dove vive ed è vissuto?

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