Le nuvole non chiedono permesso – Tito Barbini
Dopo aver letto Quell’idea che ci era sembrata così bella ho deciso di fare, in forma letteraria, lo stesso viaggio di Tito Barbini, leggere le sue esperienze di viaggio nello stesso ordine con cui lui le aveva compiute per disintossicarsi da una vita con la politica al primo posto. Tito era reduce da una doppia delusione, il fuoco amico che ne aveva bloccato la candidatura a Sindaco di Arezzo nel 2004 e la sconfitta del centro sinistra che aveva visto vincere il centro destra in una delle città più rosse d'Italia.
Decise che per uscirne, per ritrovare la carica, bisognava mollare tutto e andare per il mondo (l'America dalla Patagonia all'Alaska), a quel primo viaggio ne sono poi seguiti altri.
Il primo libro di viaggio le nuvole non chiedono permesso (dalla Patagonia all'Alaska 100 giorni a piedi e in corriera) ha dietro di sè l'idea di vagare in un continente che, a partire dalla lingua, deve molto all'Europa, che non è mai decollato, ma non ha nemmeno fatto l'esperienza del comunismo. Una domanda a Tito: perché non sei andato anche a Cuba?
Forse la risposta è nel titolo; il primo viaggio è un viaggio nei grandi spazi e Tito vaga (prevalentemente in autobus di linea o con i collectivos, gli autobus a richiesta) facendosi trasportare come fanno le nuvole alla ricerca della natura (lo spazio, la solitudine, il silenzio, la miseria).
Ogni capitolo si apre con una riflessione di poche righe che riguarda la sua storia e devo dire che la precedente lettura della autobiografia mi ha aiutato nella decodifica di pensieri buttati lì come colpi di pennello.
In America andrò a caccia di tracce di passato, di fallimenti e di delusioni, ma anche e soprattutto di speranze e di nuove utopie. Cercherò, cercherò perché so che attraverso il passato e il presente di un continente può emergere anche il senso della mia storia e la possibilità di un futuro che non sia solo mio.
In una intervista Tito Barbini così sintetizza il suo libro e il so viaggio:
Ho smesso di fare politica nel 2004. Ho chiuso definitivamente la mia esperienza politica, un’esperienza che mi ha dato tanto, straordinaria. Oltre quarant’anni di vita politica. Ho scelto di lasciare questo impegno ma non la passione che rimane intatta. Ho lasciato tutti gli incarichi, tutte le responsabilità, anche quelle importanti che mi ero portato dietro. Ho preso uno zaino, me lo sono messo sulle spalle e a sessant’anni sono partito per un viaggio straordinario, lunghissimo.
Un viaggio che è iniziato dalla Terra del Fuoco ed è arrivato fino in Alaska, attraversando tutta l’America del Sud e l’America del Nord. Oltre tre mesi da solo. Questo viaggio è stato il prologo al cambiamento: mi ha portato a considerare necessario attraversare la mia storia, i viali della mia gioventù, i miei miti, le grandi scelte, che tutti noi abbiamo fatto, soprattutto quelli della mia generazione. Attraversare non solo i luoghi fisici ma anche i luoghi dell’anima; fare i conti cioè con la propria vita, con quello che si è stati ma soprattutto con quello che dovremmo essere rispetto all’incontro con l’altro, con il diverso. Il viaggio se è davvero importante è l’incontro con il diverso da te, con l’altro, con quello che incontri per la strada, con quello di cui cerchi di cogliere la storia. E ho fatto questo viaggio che ha portato al mio primo libro, Le nuvole non chiedono permesso, attraverso tutti i paesi dell’America Latina, cercando non solo di recuperare i miei entusiasmi, da Che Guevara ad Allende agli indiani d’America ma cercando, in questi tre mesi, di trovare risposte. Queste risposte le ho poi trovate nel secondo grande viaggio che ho fatto, in Antartide.
L'America del Sud ha un lungo peduncolo meridionale e Tito scende dal Cile e risale dall'Argentina e in questa parte del viaggio passa attraverso Neruda, Allende, Victor Jara, i Mapuche che difendono la loro identità in Patagonia, gli spazi, il clima, la solitudine della Patagonia che ti fa riscoprire il bisogno di meditare e ti consente di capire che alla politica servono un cambio di linguaggio e di vocabolario in cui trovino posto le emozioni e i significati nascosti.
La descrizione della terra del fumo, come la battezzò Magellano, occupa diverse pagine e storie che prendono spunto dall'ambiente e dai personaggi incontrati sia in Cile sia in Argentina: il vento dal Pacifico o dall'Antartide, i ghiacciai, gli spazi incontaminati, i laghi dai 100 colori.
Lasciando la Patagonia fa una puntata a Bariloche, un pezzo di Argentina che richiama le Alpi e la Baviera; fu qui che si rifugiarono diversi criminali nazisti, da Priebke, ad Eichmann a Mengele. I richiami al nazismo gli fanno tornare alla mente l'infanzia quando, scoprendo di essere stato circonciso da neonato per curare una infezione, si convinse di essere ebreo finché lo dichiarò in casa: sento ancora il sonoro scapaccione che mi arrivò dal babbo, che così sentenziò: "cretino! Tu non sei ebreo, sei comunista!". Si tratta dello stesso babbo che lo mandò a scuola con il lutto al braccio il giorno della morte di Stalin e che piangeva commosso, per le scale, il giorno della sua elezione a Sindaco di Cortona a 24 anni.
A Buenos Aires l'incontro principale è con le madri de Plaza de Mayo e rivive la tragedia dei tanti giovani torturati e poi buttati nell'Oceano, ancora vivi, da un aereo militare. L'Argentina è Evita, Maradona, Borges, il tango, Che Guevara, il mate.
Le nuvole non chiedono permesso e così il viaggio, per una questione di colectivo non disponibile, passa per l'altopiano boliviano; anche sul treno delle nubi non c'è posto e così la Bolivia si fa su una scassata Toyota 4×4 affittata con altri giovani argentini: il malesere da quota combattuto masticando foglie di coca, un cimitero di vecchie locomotive a 4000 metri, Laguna Colorada, Natalio che cava il sale a sessanta centesimi di euro la tonnellata (quello che sta in copertina), i minatori, i comunisti marxisti leninisti, Cuzco e Machu Picchu, i 1000 km da Cuzco a Lima con un bus di linea più simile agli autobus dei nostri film del neorealismo sia per la meccanica, sia per la compagnia.
Le meraviglie di Panama dove si ripara di tutto sono occasione per ricordare la fducia nella scienza dei comunisti di una volta e il rapporto controverso di suo padre con la TV acquistata con tanti sacrifici e distrutta, una sera, per la faziosità anticomunista del telegiornale.
Alla frontiera tra Messico e USA, passata come al solito a piedi, c'è l'esperienza di San Isidro: intravedi una fila lunghissima di gente che viene dal sud, avvolta in stracci. Gente che ha trascorso la notte all'addiaccio, succhiando arance e tequila. Uomini e donne che, per scaldarsi si sono coperti di cartoni che al mattino hanno dovuto bruciare per ordine della polizia, chissa perché. Vecchi e bambini che ti fissano muti, con sguardi silenziosi che ti pongono domande a cui non puoi rispondere.
Il resto del viaggio è una rapida risalita verso nord che si conclude con la scoperta di un terrificante genocidio compiuto negli anni 30 e 40 nella zona di Vancouver: bambini indiani strappati alle famiglie e piazzati nelle "Scuole residenziali indiane"; i documenti ufficiali parlano di almeno 50 mila ammazzati con altri sottoposti ad abusi mentali e sessuali.
Così si ritorna a casa convinti che il desiderio di avventura e di scoperta si alimenta nella scoperta. Il viaggio interiore c'è stato.
Non basta vedere il mondo che non si conosceva; bisogna esplorare quello in cui si è creduto, bisogna vedere il luoghi del comunismo tentato, fallito o sopravvissuto. Se ne riparla nel 2009 con Caduti dal muro.
Le nuvole non chiedono permesso. Dalla Patagonia all'Alaska. Cento giorni a piedi e in corriera
Barbini Tito
Prezzo di copertina € 8,00
2006, 168 p., ill., brossura Editore Polistampa