Gianni degli Antoni: 1935-2016
Il professor Gianni degli Antoni l'ho conosciuto nell'autunno del 1967, all'inizio del III anno di fisica. Avevo optato per l'indirizzo applicativo Elettronico Cibernetico e il corso di Elettronica Generale era uno dei corsi di ordinamento per quell'indirizzo.
Facevamo lezione nell'aula B di via Celoria e quel giovane professore di 32 anni con la erre e le sc strascicate alla piacentina e i capelli biondi e lunghi era abbastanza affascinante. Non se la tirava; era preparato; aveva scelto un testo di riferimento appena uscito negli Stati Uniti "Jacob Millman & Christos C. Halkias Electronic Devices & Circuits McGraw-Hill 1967", copertina rigida e blù e una marea di informazioni su semiconduttori, diodi e transistor, mosfet e i primi circuiti integrati.
Tutti attenti a prendere appunti e a fare domande perché in un solo corso annuale bisognava imparare tutto e tra noi c'erano persone che non sapevano quasi nulla sui circuiti elettrici e le reti.
Ricordo delle bellissime lezioni e applicazioni sullo studio dei transitori utilizzando le trasformate di Laplace; bisognava condensare in un solo corso questioni che avrebbero potuto stare in più esami: circuiti, reti, dispositivi elettronici e primi elementi di elettronica applicata. Quegli appunti li ho ancora in un quaderno ad anelli con fogli di piccolo formato bucati da me. Per ogni lezione c'è la data e dunque c'è anche il buco che corrisponde alla occupazione dei primi mesi del 68.
Il nostro rapporto è iniziato in quelle lezioni; stava raccontandoci quel che succede dentro un transistor a livello microscopico ed entravano in gioco spostamenti di buchi e di elettroni tra le diverse bande. Alzai la mano e gli dissi: la sua spiegazione non mi sembra convincente.
Stavo faticosamente cercando di spiegare cosa non mi tornava e lui rispose: ma questa è la spiegazione che ha dato Fermi.
Ma io non le ho chiesto chi ha dato questa spiegazione, ho detto che non mi convince e aggiungo che non mi convince anche se l'ha data Fermi. E' stato così che siamo diventati amici.
Per il laboratorio di elettronica ho poi progettato e realizzato un alimentatore stabilzzato e abbiamo iniziato a frequentarci. Lo stesso alimentatore l'anno dopo lo abbiamo usato, nel laboratorio del IV anno, per pilotare una macchina che impara costruita attraveso una complicata rete di poitenziometri di precisione.
Ho chiesto ed ottenuto di poter fare con lui anche l'esame di cibernetica e teoria dell'informazione usando come base le dispense del corso che aveva tenuto sino al 66/67 prima di passare ad elettronica. Sono fogli dattiloscritti ridotti fotograficamente in formato libro e poi rilegati. Così ho imparato i rudimenti di un mondo più legato alla matematica applicata che alla fisica; ho scoperto l'esistenza di Shannon (ma lui diceva Siennon) e di Wiener, gli automi, l'algebra di Boole, l'entropia probabilistica e il suo legame con l'informazione, il problema del rumore nella trasmissione delle informazioni e gli errori connessi..
Facevo tanta politica la mattina e il pomeriggio lavoravo al gruppo di elettronica coordinato da lui e che si occupava della realizzazione dei circuiti per i rivelatori di particelle inviati in quota nei palloni per le ricerche sui raggi cosmici (laboratorio CNR di fisica dello spazio del professor Occhialini). Era un bell'ambiente.
Entravi nell'area di ricerca del piano terra, giravi a destra e iniziava il nostro mondo. In particolare la seconda, o terza porta a sinistra dove c'era il suo studio ingombro di carte e di libri, con le lavagne a pennarello e le scrivanie del nostro gruppo. Scrivevamo i programmi in fortran per l'analisi dei dati (Tanzi, Mussio, Cioni). Sulla destra c'erano i laboratori di elettronica dura in cui un bravissimo tecnico toscano, di cui non ricordo più il nome, faceva materialmente i circuiti di rilevamento e trasmissione da annegare nella resina prima di mandarli nello spazio.
Tra la fine del 69 e i primi mesi del 70, si ricavò uno stanzino chiudendo il fondo al corridoio, ed arrivò un terminale che funzionava in Time-sharing (condivisione di tempo) con un mainframe della General Electric. Si interagiva in un basic molto spartano scrivendo i programmi su questa telescrivente che, sul lato sinistro, produceva un nastrino di carta perforato. Si controllava che fosse tutto ok e poi lo si dava in pasto alla macchina che chiamava il cervellone e si prendeva qualche millisecondo di capacita di elaborazione. Ci pareva un miracolo vedere la macchina stampare le risposte prodotte dal mainframe.
Con Gianni si parlava un po' di tutto: di cosa stavamo combinando con il movimento, di cosa ci passava per la testa, di contestazione globale e di materialismo dialettico. Ne sapeva più di noi, ma non ce lo faceva pesare.
Visto quello che ha fatto poi, con il corso di laurea in scienza dell'informazione, direi che aveva le idee chiare. Dentro il movimento stavano emergendo i più bravi di quella generazione e con la sua disponibilità al confronto realizzò quella che si potrebbe chiamare una operazione di egemonia culturale conquistandoci all'informatica, che allora non si chiamava così, che non era il luogo del sofware, e in cui c'era un largo spazio per problematiche di bionica (la bioelettronica) e di cibernetica (la scienza del controllo).
Ricordo seminari sul sonar dei delfini o sull'occhio della mosca e sulla possibilità di simularne elettronicamente il funzionamento.
Nel corso del 1969 Gianni si è ammalato; aveva delle febbricole che comparivano dal primo pomeriggio sino a tarda sera e che lo indebolivano impedendogli, a volte, di lavorare. Eravamo abbastanza preoccupati ma poi è guarito e non si è capito cosa avesse avuto.
Sempre nel corso di quell'anno, finiti gli esami è venuta fuori l'idea della tesi di laurea sui fuzzy set (insiemi sfumati). La logica delle proposizioni e la teoria degli insiemi si basano sul vero o falso (0 o 1) nello stabilire se un elemento appartiene a un insieme oppure no.
Ma gli insemi concreti non hanno, per difetto di informazione, o per elementi di soggettivismo, questa impostazione netta e possiamo pensare che ogni elemento sia caratterizzato da una funzione di appartenenza che prende qualsiasi valore tra 0 e 1. Questi insiemi pazzerelli si portano dietro una logica a infiniti valori e sul piano teorico le problematiche della intelligenza artificiale.
Alberto Bertoni (che era un vero genio della astrazione e che ha poi fatto il preside di facoltà a informatica) ed io (più portato a vedere gli aspetti applicativi delle questioni) ci siamo così imbarcati in una tesi su un argomento per il quale allo stato esisteva solo l'articolo di Zadeh che li aveva pensati. Bisognava creare dal nulla, o meglio da un'idea. Relatore Gianni degli Antoni, correlatore Piero Mussio (un simpaticissimo ingegnere convertito alla fisica): una tesi tutta da inventare.
Ci furono due problemi entrambi risolti dalla diplomazia e fermezza di Gianni: 1) stavamo per fare la seconda tesi di laurea di gruppo (una parte comune, quella generale, e poi due parti separate svolte individualmente). La prima mi pare che l'avessero fatta, qualche mese prima, Oskian e la Manara. 2) più che una tesi di fisica era una tesi di matematica (ricordiamoci che l'informatica non esisteva) e i fisici della commissione tesi storcevano il naso.
Come si può vedere dalla Autobiografia ho poi preso altre strade dopo il militare e così il rapporto con Gianni si è allentato. Si è fatto vivo lui nel 1992 per chiedermi se poteva avere la mia tesi perché voleva farne oggetto di uno dei suoi prossimi corsi. Gliel'ho portata (in originale) e spero che ne abbia fatto buon uso. Penso di sì perché in occasione della festa per il suo pensionamento nel 2010 l'ha citata lasciandomi allibito e ha citato anche qualche episodio goliardico su quel nostro III anno di fisica con i compagni di allora ormai divenuti professori universitari. In quella occasione fece un cenno a una malattia degenerativa in agguato.
Di nuovo silenzio sino a un mese fa quando avendolo visto su FB (tra gli amici di amici) gli ho chiesto l'amicizia. Silenzio e poi 15 giorni fa la accettazione e l'accesso ad immagini di un Gianni in ospedale. Un messaggio affettuoso da parte mia e poi più nulla sino alla mazzata di oggi pomeriggio.
Non so se passerà alla storia come un grande scienziato; ma di sicuro è stato un grande maestro e un grande organizzatore culturale; una mente aperta e poliedrica. Insomma un vero fisico.