Pietro Ichino interviene sul referendum per la moratoria sulle trivellazioni e scrive sul suo blog "una domanda ai no-triv":
– no alle centrali a carbone, perché sono troppo inquinanti;
– no alle centrali atomiche perché c’è il rischio di fughe radioattive;
– no alla produzione di energia eolica, perché torri e pale deturpano l’ambiente;
– no a petrolieri e petroliere, perché i primi sono tutti farabutti e le seconde ogni tanto fanno naufragio devastando mare e coste;
– no allo shale oil (petrolio estratto da scisti), perché si rovinano le rocce sotterranee;
– no agli inceneritori dei rifiuti, perché solo in Germania sono capaci di farli funzionare senza inquinamento e qui siamo in Italia;
– no al metanodotto, perché serve per acquistare gas da Putin, inoltre può avere delle perdite e comunque rovina la spiaggia dove riemerge dal mare (copyright del presidente della Puglia Emiliano);
– no a bruciare la legna, perché comporta di abbattere alberi;
e ora anche no all’estrazione del gas dal fondo del mare oltre i venti chilometri dalla costa (cioè molto oltre l’orizzonte visibile da terra) – anche se tutti gli altri Paesi maggiori si avvalgono di questa risorsa a tutte le latitudini e longitudini; anche se questo consentirebbe di avere in giro meno petroliere, meno centrali a carbone, meno pale eoliche, e di acquistare meno gas da Putin e meno energia dalle centrali atomiche francesi – perché le trivelle rovinano il fondo del mare e non siamo sicuri che non inquinino anch’esse.
Tutto questo è molto coerente con l'”economia del chilometro zero”, nella quale non occorre far funzionare fabbriche che consumano molta energia, con persone che arrivano in auto o in treno, per produrre cose che poi vanno spedite in varie parti del mondo, magari in aereo, e che a loro volta consumano energia.
Sì, dunque, alla cosiddetta “economia curtense”, quella artigiana e agricola che si sviluppa per intero intorno alla corte del castello. È chiaro a tutti che questi rifiuti, se li praticassimo davvero in modo rigoroso e coerente, comporterebbero un ritorno al medioevo?
E' una bella provocazione, ma forse, senza demonizzare la tecnologia, ma anzi sviluppandola in maniera intelligente, bisognerà porsi anche il problema del contenimento nello sviluppo della popolazione mondiale. Lo ricordava con estrema lucidità Karl Raymond Popper in una delle sue ultime opera La lezione di questo secolo di cui trovate qui la mia recensione.
Tutto questo parlare del problema dell'ambiente non serve a nulla se non si affronta la questione reale, la crescita spaventosa della popolazione. È questa la causa della distruzione dell'ambiente, che deriva soltanto dal fatto che c'è troppa gente.
Io abito in un posto incantevole sul confine di una riserva naturale, in una valle in cui non ci sono più insediamenti umani da dopo il 1300 e dove un tempo si estraeva un po' di ferro e funzionavano le ferriere alimentate con il carbone di legna fatto sul posto e con l'energia dell'acqua fiume: boschi, fiume incontaminato, riscaldamento a legna, 1300 abitanti su 13 mila ettari e di questi 11 mila sono a bosco: ulivo, castagna, funghi, carne buona, frutta.
Per fare l'economia curtense bisogna essere in pochi e allora si può campare secondo ritmi e regole antiche avendo Internet. Potremmo essere un po' di più, ma non tanto, e il limite è quello del bilancio tra la CO2 prodotta dall'uomo e quella demolita dal bosco. E' per quello che su in Brianza ci torno sempre più di rado; quando arrivo alla barriera di Melegnano e vedo quelle file di auto, le case una contro l'altra, i centri commerciali come luogo di aggregazione, mi viene voglia di invertire la marcia.