Il Bagno di Macereto
Il desiderio di approfondire mi è venuto quando, dopo aver visitato e fotografato la vecchia villa di Cerreto a Merse, ho deciso di fare una puntata ai ruderi del vecchio bagno termale di Macereto. Se si presta attenzione guardando sulla sinistra le risaie (in direzione Siena) dopo il distributore dell'AGIP (bar, ristorante, stazione di servizio, negozio Il Doccio) si vede una stradina sterrata che va verso la Merse e in fondo ad essa c'è un rudere proprio in riva al fiume e ampiamente ricoperto dai rovi.
Si tratta di un edificio a due piani ed è tutto ciò che rimane di un villaggio e bagno termale intorno ad un castello operativo sin dall'alto medioevo.
Al centro del rudere in alto si osserva una lapide in pietra bianca che ho tentato di decifrare. E' da questo tentativo e dalla ricerca sulla figura di Leonida Landucci che è venuto tutto il resto. La lapide dice:
IL NOBIL SIGNOR LEONIDA LANDUCCI NELLA MINOR ETA‘ DEL CONTE BERNARDO TOLOMEI RESTAURO‘ E TOLSE ALL‘INDECENZA MDCCCXXXVIII |
Siamo nel 1838 e Leonida Landucci, esperto di economia agricola, operativo a Siena e tutore del conte Bernardo Tolomei (proprietario dei terreni della zona sino al castello Tolomei) pone mano alla struttura termale che, dopo gli splendori del medioevo, è finita in stato di abbandono a partire dalla metà del seicento per essere poi lentamente riscoperta a partire dalla fine del 700.
Il Landucci incarica il professore Giuseppe Giulj, senesen chimico e professore universitario dall'approccio positivista, di indagare sulle caratteristiche fisico-chimiche delle sorgenti, prima di procedere alla ristrutturazione.
Ne viene fuori questo libricino (scovato su Internet grazie a Google Books) che raccoglie in 5 articoli i frutti del lavoro di Giulj. Dato l'interesse per eventuali studi e progetti di rilancio dell'area non mi sono limitato a leggerlo (era in versione pdf a immagini) ma l'ho convertito in un formato leggibile e ne ho ricavato un nuovo PDF ripulito da errori e cattive decodifiche (la nuova versione la trovate qui):
"Giacevano inosservati sotto rovine, e ricoperti di roghi e di piante selvagge i resti dell‘antico Castello di Macereto, e dei suoi bagni appena se ne restava una traccia da quello che un giorno furono, non essendovi che una rustica capanna di materiale, la quale serviva a ricuoprire il cratere diviso da una muraglia, onde servisse per bagno ai due sessi; ove si facevano le immersioni, e per ricovero per spogliarsi, vestirsi ed asciugarsi i bagnanti vi era un riparo, o bivacco di eriche o scope diviso in due parti, uno per gli uomini, l’altro per le donne, che non serviva neppure alla decenza, perché la divisione essendo anch‘essa d’eriche permetteva agl‘indiscreti di turbare la modestia delle bagnanti".
Giulj si reca a Macereto nel 1829 e lavora sulle sorgenti e sui ruderi sino alla metà dell'800.
"Nell‘epoca in cui feci sopra quest‘acque il primo lavoro, si vedevan esse venir fuori in un punto solo del bagno, e di fatto i due bagni erano alimentati dalla stessa sorgente, essendovi nel muro divisorio delle aperture di comunicazione. Vi è da credere, che il fiume Merse, il quale passa in somma vicinanza delle muraglie del bagno per l'inesatta costruzione delle muraglie medesime, somministrasse delle acque dolci, le quali allungassero le termali, e ne abbassassero la temperatura marcata in quel tempo in gradi 33, mentre l‘attuale è di 39 nei due bagni, quando non son pieni. Le sorgenti ora son tre, che due servono a riempire il bagno delle donne, e la terza è destinata per il medesimo uso nel bagno degli uomini, ma della respettiva loro temperatura se ne farà cenno altrove".
Il libretto si compone di 5 articoli ma ai fini della riscoperta del sito sono i primi due a destare interesse (gli ultimi 3 sono dedicati all'analisi delle acque e alle loro proprietà terapeutiche e sono certamente superati anche se, la parte di chimica analitica e quantitativa, potrebbe essere oggetto di una lavoro di qualche scuola e/o università su temi di storia della scienza).
Come si vede dalla immagine satellitare di Google Maps, la zona compresa tra il rudere e la Merse è completamente invasa da rovi e sottobosco fitto e meriterebbe di essere ripulita per verificare la eventuale presenza sia di sorgenti affioranti, sia di eventuali resti degli edifici. A prima vista sembra di vedere la presenza di un fondo di travertino (considerao indicatore di termalismo) come dicono le fonti antiche.
un po' di storia
Il bagno di Macereto è antico ma le prove portate a favore di una citazione addiritura da parte di Cicerone (Balneas Senias) si sono rivelate fasulle.
"La prima menzione che si trova fatta di Macereto, è del 1218 in un contratto di compra della metà d’un bosco" detto Riganiche in corte di detto luogo, passato tra il compratore Benudito fratello dello Spedale di Siena, e Montanello di Messer Martinello da Macereto".
Il comunello di Macereto eistette tra alterne fortune sino al 1777 quando il gran duca Leopoldo pose mano alle strutture comunali dell'intera Toscana, ma è nella metà del 1200 che Siena e l'Ospedale di S. Maria della Scala potenziano e regolamentano il luogo: "Si dispone in primo luogo, che il Potestà debba otto giorni dopo Pasqua prendere informazione mediante un suo dipendente dello stato dei bagni, e vi debba stare un Soldato nei mesi di Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile e Maggio, e da Settembre fino all‘otto di Decembre, onde l'invigili. Nel tempo che vi si tratterrà il Soldato Rettore, vi dovrà stare anche un Notaro. Nei mesi di Marzo e d’Aprile il Soldato Rettore dei bagni dovrà ricercare e ritrovare le sorgenti dell'acque calde. Ogni anno nel mese di Gennaio si faranno al Consiglio della Campana quelle proposizioni necessarie per i riattamenti dei bagni."
Un insieme di disposizioni urbanistiche tutelevano il luogo. I residenti erano coinvolti nel lavoro periodico di manutenzione (realizzazione di una canale tale da impedire, che l’acqua della Merse non entrasse dentro il bagno) ed esistevano anche norme in materia igienico sanitaria (sulla qualità del cibo e sul divieto di lavare i panni presso i bagni), contro speculazioni nella assegnazione di lavori e di prevenzione in riferimento all'ordine pubblico ("il giuramento agli abitatori del Castello di Macereto tanto agli uomini, quanto alle donne, onde non ricevessero, nè dessero alloggio, né permettessero di dimorare nelle respettive loro abitazioni ai ladri, ed ai malfattori. Era proibito agli abitatori di Macereto di ritenere armi, e se mai fossero venuti ad abitare con loro dei forestieri l’avvertissero che non potevan ritenere, e tanto meno portare armi, e nel caso che avessero voluto contravvenire a questa legge l’avessero denunziati).
La lettura di queste disposizioni mi ha fatto venire in mente il degrado in cui versa oggi Petriolo (a proposito di ordine pubblico) ma anche la presenza endemica del tifo lungo il Lambro (da cui provengo) negli anni 30 quando si beveva l'acqua dei fontanili dove, poco più a monte, si lavavano dalla merda i pannolini degli infanti.
Tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300 gli statuti perfezionano le norme di igiene (tener puliti i bagni, evitare che l'acqua ristagnasse nelle fosse circostanti) e si costruiscono mura contro le scorrerie (a metà del 200 sono residenti 15 famiglie e gli incassi da gabelle sono superiori a quelli di Rapolano).
Accadeva che nelle grandi piene della Merse le di lei acque traboccavano dentro i bagni, per cui i bagnanti non potevano fare l‘immersioni, fu ordinato fare un foro, dice lo statuto, forse un canale, che dal bagno conducesse le acque fino al ponte di Fojano e fosse di tal grandezza da impedire, che l’acqua della Merse non entrasse dentro il bagno, ed impedisse di potervisi bagnare, e ciò si faccia per tutto il mese di Maggio, e di Giugno. La spesa poi doveva essere a carico dei proprietari delle case occupate dagli abitanti permanenti in detto luogo, ed era a carico degli stessi uomini il mantenimento del nominato canale, ed era incaricato il Soldato Rettore d’invigilare all’esatta osservanza di quest’ordine.
Ho cercato di capire dove fosse questo ponte di Fojano e ho scoperto che, in realtà, si tratta dell'antico nome di quello che oggi chiamiamo ponte di Macereto.
Nel 1313 l’Imperatore Arrigo VII, nel corso di una campagna militare contro Siena, viene colpito da febbri e dal 16 al 20 di agosto tenta senza esito le cure termali a Macereto (morirà il 24 agosto a Buonconvento).
Nel corso del XV secolo inizia la decadenza anche se l'attività procede; infatti nel 1446 vengono eseguiti lavori per ritrovare la vena della sorgente e il riparto delle spese riguarda 43 contribuenti tra cui lo Spedale che vi possiede tre alberghi.
Nel 1587nell'opera De Thermis il Baccio (un medico) dopo aver enumerato le caratteristiche delle acque sulfuree di Macereto e le indicazioni terapeutiche ci informa sulle origini del nome: la macerazione del Lino (odore fetido, vapori, acqua stagnante). Probabilmente essa aveva luogo nel torrente Maceratano che, provenendo dalla zona di Fontazzi, sbocca nella Merse qualche centinaio di metri più a monte e questa attività rendeva sconsigliabile l'accesso al bagno nei mesi più caldi. Lo stesso Baccio ci informa della consuetudine di trasportare l'acqua calda (40°) a Siena per fare immersioni in loco.
Tommasi nella Storia postuma di di Siena del 1625 scrive«Cinque miglia lontano da Petriolo tornando verso Siena vi è il bagno di Macereto, l’acque del quale per poca cura si mischiano con le dolci, e quello che anticamente era profittevolissimo, ora apporta poca utilità. Questo benchè tenga di zolfo, non di meno è meno acuto, ma pure è utile al dolore dei nervi, levar e liberare le altre membri. dall’infermità umide e fredde».
"Lontano dieci miglia da Siena vi è il Bagno di Macereto famoso appresso gli Scrittori e salutifero in una valle lunga miglia otto e più, e circa tre larga. Il fiume Mersa la bagna, che abbondante d‘acque e copiosa di pesci e di gustosissime anguille, mette nell‘Ombrone. La valle da capo è tutta collivata e piena di castelli e di ville amenissime, ma nel suo fine verso il Bagno ha più del salvatico. Chiudesi da ripe altissime e da un ponte di nobile ed antica struttura. Quivi il Leccio sempre verde veste la parte destra del monte, la sinistra abbonda di Quercie produttrici di molto ghianda".
Il Doccio, perché si chiama così?
All'inizio dell'800 il Gigli ci parla della Osteria del Doccio: "tal nome gli è provenuto, perché non distante dai Bagni stessi vi è un‘ osteria appresso a cui vi è una fontana abbondante d‘ acque , la quale le versa in una vaschetta mediante un tubo di ferro a cui il volgo li dà il nome di Doccio e l'ha esteso anche ai prossimi Bagni".
Così, per prossimità, il bagno di Macereto viene anche chiamato bagno del Doccio:
« Quest’acqua minerale forma il così detto Bagno del Doccio situato sulla sinistra della Mersa, consistente in una piccola vasca coperta, dal fondo di cui sorge non copiosa l’acqua con bolle di un fluido aeriforme.
Questo è gas acido carbonica e gas idrogeno-solforato: il prima le dà un sapore acido, ed il secondo alterandone alquanto il sapore, le comunica un odore leggermente zulfureo, e decomponendosi al primo suo arrivo all’aria libera, deposita zolfo. Questo trovasi misto col sedimento calcareo bianco dell’acqua stessa, che incrostasi vagamente anche le conserve che sembrano ciuffi et peli bianchi.
La temperatura era a gr. 34 mentre a quella del mio Termometro segnava all’aria nell’ombra gr. 23. Fanno uso di questa Bagno gli abitanti del paese circonvicino per dolori reumatici ed artitici: e per mali cutanei specialmente. Ma una sola vasca serve prima alle donne, e poi agli uomini, e per scarsezza non si rinnuova l’acqua se non una volta il giorno. Mancavavi poi ogni comodo, e luogo d‘ abitazione, è perciò da considerarsi come un Bagno di piccolissimo conto ».
I ruderi del castello di Macereto a inizio 800
Il Giulj, a inizio 800 ci dà una descrizione dei resti del castello di Macereto e dei Bagni (per farsi una idea delle dimensioni si tenga presente che il braccio fiorentino era pari a 58 cm):
"Presso la Strada Regia Grossetana, e sulla parte destra di quelli che da Siena si portano a Grosseto si vede una riunione di piante salvatiche, come querci ed altre arboree, e sono queste circondate da roghi, e spini, in questo luogo appunto vi si trovano i ruderi stessi dell‘ antico Castello.Tutto è rovinato, e per essere ingombrato il suolo tutto dalla macchia non si possono distinguere i resti delle fabbriche, parte dei muri delle quali si inalzano parecchie braccia dal suolo, ma non si scuopre a qual’uso erano destinate.
Con tutto questo si vede, che il Castello era longitudinalmente traversato dalla strada maremmana, e che lateralmente vi eran per tutto le case. Sulla sinistra di chi vien da Siena vi sono due frammenti di muro distanti tra loro 60 braccia, e la di cui larghezza oltrepassa le braccia 20, son larghe tali muraglie un braccio circa, e questi resti di muraglie s’inalzan circa dieci braccia al di sopra del suolo, si può supporre, che tale fabbrica fosse uno dei tre Casaloni, che vi possedeva lo Spedale di Siena, e si può prender da ciò un‘idea della popolazione dei bagnanti, i quali nei tempi floridi dello stabilimento balneario vi concorrevano.
Vi sono due forni intatti, ed una cantina sotterranea per riporvi il vino, e per essere impossibile introdursi per tutto, non mi è riuscito vedere ove si trovava la chiesa, ed altre fabbriche cospicue.
Il Castello era circondato da una muraglia della grossezza di braccia tre , ed il fondamento si trova da tutti i lati del Castello.
Questo era lungo braccia circa 400, e larga 130, e tutta la sua area era ripiena di fabbriche da abitarsi , per cui si può concludere che vi eran abitanti ed in numero. Non si sa poi in qual epoca era in florido stato, ma certamente dal 1100 al 1300, e quindi cominciò a decadere, e finalmente ora tutto è distrutto."
Dai numeri che fornisce il Giulj il castello era davvero imponente (oltre 200 metri per 70) e poichè il percorso della vecchia strada in questo punto coincide con la nuova deduco che castello e annesso villaggio occupavano quel pianoro terrazzato dove ora si trova la risaia (a destra e a sinistra della strada). Questo elemento mi pare però in contrasto con una informazione fornita in più punti secondo cui la popolazione era tra le 20 e le 30 persone. Sarebbe comunque importante sapere se esistono ancora dei ruderi, magari presso le sponde o se tutto è stato distrutto in fase di costruzione della nuova strada, degli argini e delle risaie.
le zone circostanti
Quindi l’altra osteria detta del ponte di Macereto poco più d’un miglio, e finalmente il Palazzo detto di Macereto appartenente al Conte Tolomei, anch’esso è alla distanza di circa un miglio, vi è l’incomodo di salire il monte, ove è fabbricato, ma ha in compenso l’aria buona anche nel corso dell‘estate, e vi si può bevere dell'acqua eccellente di cisterna".
Guardando su Google Maps il palazzo Tolomei appare in situazione di degrado (tetto in fase di crollo) al contrario di quanto appare sulla scheda del piano territoriale provinciale.
Siena, è la città la più vicina, e vi ha comunicazione per mezzo della strada Regia Grossetana, il di cui XIII. miglio è dirimpetto ai Bagni. Quantunque i Bagni e l’osteria del Doccio sieno nella cura di Casciano delle Donne, da cui i Bagni son distanti tre miglia, i bagnanti nei giorni di festa vanno ad ascoltar la messa a S. Lorenzo a Mersa, ed allora si passa la Merse sopra il ponte che è presso l’osteria detta del Ponte a Macereto. Ad un’egual distanza vi è la parrocchia di Recenza, ma per andarvi conviene passare a guado la Merse. Vi sono altre Cure, come Cerreto alla distanza di un miglio, ma ha l’istesso incomodo per andarvi di Recenza; Tocchi è a miglia 4, ed Orgia a 5, ma con strade pessime ed al di la della Merse.
Cerreto, Recenza, Tocchi e Orgia sono collegate male dal punto di vista viabilistico. Il nome Casciano delle donne deriva dal fatto che ospitava un grande monastero di suore dedicato a S. Giusto.
A S. Lorenzo a Merse vi risiede un Chirurgo che attualmente è l’affittuario dei Bagni; a Casciano delle Donne (i) vi è un medico condotto, da questo paese si possono avere le carni, ed altre cose inservienti ai comodi della vita frugale, ma vi son sempre delle occasioni per procurarsi tutto quello che piace da Siena. Le medicine conviene cercarle alla Farmacia di Torri a sette miglia di distanza, o alla Costa al Pino a due miglia fuori di Siena.
Lo stato dei Bagni dopo la ristrutturazione
Lo stato attuale rende praticamente impraticabile l'accesso a causa dei rovi che hanno invaso l'edificio ma, magari, una puntatina, muniti di idonea attrezzatura e di un po' di spirito di avventura , converrà farla.
Scrive il Giulj: La nuova fabbrica dei Bagni è lunga braccia trentadue e dieci larga. Questa fabbrica è intonacata ed imbiancata all‘esterno, ed egual decenza si trova nell‘interno. In basso vi sono due vasche separate l‘una dall’altra per mezzo d’una muraglia, e sono queste stanze coperte con volta. Sopra ai Bagni vi sono due stanzoni, quello primo che si trova all’entrare della porta è destinato per le donne, e vi è un camino per riscaldare la biancheria, onde potersi asciugare. Da questa stanza si discende per mezzo della scala fatta di materiale nel sottoposto Bagno. Per servire alla decenza, e render libero 1’altro stanzone destinato per gli uomini vi è stato costruito da una parte laterale dello stanzone delle donne un andito, che da accesso allo stanzone stesso mediante porta, e poi mette capo nella sua fine a quello degli uomini, così vi è una perfetta libertà, e decenza.
"Si pensa ora di inalzarvi dalla parte di tramontana una separata fabbrichetta divisa anch’essa in due spartimenti in ognuno dei quali vi saranno poste tre tinozze di marmo in tante distinte sta'nzette, ed avanti d'entrar nella respettiva stanzetta vi sarà un salottino destinato per spogliarvisi e vestirsi, e vi sarà pure un canapè per potervisi riposare dopo preso il bagno. L’acqua che alimenterà questi bagnetti sarà portata in una vasca per mezzo dell’inalzamento del pozzetto, il quale circonda il pozzo artesiano naturale prodotto dalla sorgente di S. Niccolò, e di cui si parlerà in seguito. Da questa vasca poi sarà fatta a comodo cadere nelle respettive tinozze per mezzo di un canale, e cosi mentre le tinozze si riempiono daranno anche il comodo della doccia quando abbisogni."
Di questa parte in progetto, che dovrebbe stare dove ora c'è la strada delle risaie, non si vede traccia e non so dire se sia mai stata realizzata.
"Le altre due sorgenti vale a dire di S. Leonida, e del Beato Bernardo Tolomei che s’allacciano attualmente saranno ciascheduna serrate in un pozzetto, e così non potranno usarsi a capriccio dai ricorrenti, e solo dietro la direzione della persona addetta all’arte medica che vi presiede. Dietro questi nuovi bonificamenti qualunque persona vi potrà, se non trovar lusso, almeno comodo e pulizia, cose tutte di cui mancava all‘atto il locale che vi era negli ultimi tempi."
Il Giulj ci informa infine sul grado di utilizzo: circa 800 persone l'anno con permanenze in loco di 3 o 4 giorni oltre a quelli provenienti in giornata dalla zona di Casciano.
Analisi fisico geologica della zona
Sembra, che la parte della Valle, ove sono situati i bagni, formasse anticamente un bacino, il quale fosse serrato superiormente, vale a dire a Tramontana, in cui ha termine il piano di Filetta, dai monti di Frontignano, i quali s’attestassero con quelli di Capraia, il primo resta su i monti alla sinistra della Merse, il secondo alla destra; I monti sono composti di calcarea compatta, o abbalsano come la chiamano nel Senese.
Sembra che le acque del fiume traboccando al di sopra dell‘abbassamento della catena dei monti, il quale era nel punto, ove ha termine il rammentato piano di Filetta, l’abbian corroso, ed in seguito avendo subito sirnil sorte altri ostacoli i quali si trovavano nel fiume prima del suo sbocco nell‘Ombrone, tal ristagno d‘acqua venisse a formare la piccola pianura di Macereto. Nei monti da Frontignano al Palazzo di Macereto in principio e nell’alto vi regnan dei gran strati di ferro ossidato rosso ed altro giallo, ed in basso la solita calcarea , quindi ove ha origine il fosso detto dei Ponticini vi è un gran spazio di terreno in cui sono aperte delle cave di gesso, e siccome in alcune di quelle parti vengon fuori delle correnti di gas acido idrosolforico, vi si trova in alcuni punti sotto la superficie del terreno la miniera di zolfo in erosione, e quivi in altri tempi vi è stato scavato questo combustibile.
Ritorna la calcarea nei Monti di Casciano, ed in vicinanza del Palazzo di Macereto vi si trova il travertino. Questo è l’andamemto dei monti del bacino di Macereto dalla parte sinistra della Merse. Sulla destra il monte di Capraia, ove anche attualmente vi sono degli abitatori, in una parte dell’antico fortilizio Vi è la solita calcarea, seguita nei monti che circondano la valle di Recenza, e passata questa località in basso i monti son composti di travertino antico, la qual pietra comincia a farsi vedere dal fosso che viene da Tocchi, e tale andamento lo ha anche dentro il Castello di s. Lorenzo a Mefse, e s'estende tal prodotto delle acque dolci fin verso il fosso delle Ornate. I monti di S. Lorenzo e gli altri di Casciano per mezzo di tortuosità pare che al di sotto del ponte di Macereto s’attestassero e qui avessero termine i lati del bacino.
L‘attuale pianura parte è prodotta dalle alluvioni, e in parte vi si vede il travertino, il quale sulla‘sinistra ha cominciamento dal fosso Maceretano, ed ha termine fin verso il ponte sulla Merse, e sale anche verso il Palazzo. Nello spazio pieno del terreno vi son le sorgenti dei Bagni, ed altre non allacciate, le quali cominciano a vedersi passato il fosso Maceratano, e cuntinuano a scappar dal terreno fino dirimpetto alle rovine dell‘antico Castello. Sulla destra poi del fiume si trova una sorgente d’acqua solfurea fredda ed abbondante passato il ponte sulla Merse venti canne, ma essendovi queste termali, ed abbondanti non l’esaminai, essendo persuaso, che niuno se ne sarebbe servito.
Si tratta probabilmente di un affioramento della grande sorgente che, nel frattempo, è stata individuata al di là della Merse dalla proprietà della Locanda del Ponte e che avrebbe portate e caratteristiche simili a quella di Petriolo.
I Bagni son situati, come si è accennato, suilla sinistra della Merse e nella parte pianeggiante del bacino di Macereto formato da questo fiume, per questo non deve esser molto esposto tal luogo ai venti, e nell‘estate tanto la mattina, che la sera vi si deve sentire l’azione dell’Uzza o freddo umido. Nel corso della giornata nella sopra indicata stagione e specialmente dopo il mezzo giorno vi si fa sentire il soffio del piacevole, e salubre maestrale, che vi si fa strada per la valle di Recenza.
Tre sono i punti nel Campo Minerale, da cui vengon fuori le cinque prenominate sorgenti. Tre di queste si trovano dentro il recinto dei Bagni, e sono quelle di S. Niccolò, di S. Camilla, e di S.Maria. La prima vien fuori dentro il bagno degli uomini, le altre due in quello delle Donne. La quarta ha il nome di S. Leonida, che è fuori della prenominata fabbrica distante questa circa cinquanta braccia. La quinta è sopra il bordo del fosso di Barattoli, ed è distante dai Bagni circa braccia 500.
Vengono fuori tutte e cinque in distanza di poche braccia dal corso della Merse.
Gli articoli proseguono descrivendo pressione, portata, dislocazione e composizione delle sorgenti. Nel mettere in tabella le misurazioni e i dati di analisi, sono rimasto impressionato dalla modernità di quanto fatto, rispetto all'epoca (tipo di analisi quantitative, scelta dei reagenti).
La parte medica contiene sia le indicazioni terapeutiche sia qualche riferimento improprio, dal punto di vista eziologico, all'endemismo della malaria come qui: Si è notato altrove, che per la situazione fisica dei Bagni di Macereto, presso di essi specialmente la mattina e la sera, e nella pianura che li contorna vi si fa sentire nel corso dell’estate in tali periodi del giorno il freddo umido o l'uzza, per cui volendo far uso dei Bagni, o portarsi presso le sorgenti destinate per la cura interna nelle ore prime mattutine, vi dovranno andare i ricorrenti ben coperti ed indossare gli stessi vestimenti che son soliti adoptare nella stagione freddda.
Cosi si garantiranno dall’azione malefica dell’uzza, che è quella la quale in ogni dove è la causa della malaria. Anche nei monti, e dove regna per tutto l'aria sana nell’intiero corso dell’anno, nella stagione estiva presso i molini, ove s’aduna l’acqua nelle gore, nelle quali vi è spesso del pantano, che resta quasi scoperto nell’impiegare l’acqua radunata per mettere in attività l’edifizio, si formano dei vapori in quantità dall’azione calorifera del sole, che poi condensati dalla diminuzione della temperatura atmosferica, danno nascita all’uzza, per cui i mugnaj e gli altri abitatori delle case annesse ai mulini di questa sorte, sono attaccati dalle febbri intermittenti di tutte le specie, solite compagne dei paesi marazaosi, ed umidi.
Forse nascono tali malattie per ragione, che la traspirazione vien soppressa. Sembra di fatto che gli abitatori della Sardegna presso i luoghi ove ristagnano le acque si garantiscono in parte nell’estate dall’azione della malaria, o come essi dicono dall’influenza col tenersi vestiti di tessuti di lana assai gravi, per cui la traspirazione non viene a diminuirsi, nè vengono ad essi con tanta facilità quei disturbi, ai quali vanno soggetti gli abitatori delle nostre Maremme, ed altre località umide, perché non tengono questo salutare sistema.