Bersani pensa che siamo cretini?
Stamane, prima di andare a votare, Bersani ha dichiarato alla 7 che il cammino della riforma elettorale non è scontato perché c'è la questione dei capolista bloccati di collegio; secondo lui (che cita simulazioni dei suoi collaboratori) solo il partito che prende il premio di maggioranza riuscirebbe ad eleggere qualche deputato con le preferenze mentre, negli altri casi, risulterebbe sempre eletto il solo capolista deciso dal partito. Ha anche buttato lì che Parma e Piacenza sarebbero un unico colegio e dunque mai e poi mai il capolista potrebbe esere legato al territorio.
Considero queste affermazioni del tutto strumentali e gravi visto che vengono dall'ex segretario del PD e non da un frequentatore del bar sport e vi spiego perchè:
1) Prendiamo in esame la proposta originaria del PD, quella di cui si parla sempre, ma che poi nessuno del PD sostiene sul serio perché sarebbe minoritaria. La proposta del PD prevede un uninominale secco su collegi piccoli (un collegio per ogni deputato da eleggere) e cerca di garantire le forze minori attraverso il meccanismo del ballottaggio previsto quando non venga raggiunto il 50% al primo turno (cioè quasi sempre). Il meccanismo dei due turni non è quello dell'uninominale secco all'inglese che cerca di legare fortemente il deputato al suo territorio e invece lascia aperta la strada delle coalizioni e degli aparentamenti. Come fa S&L ad avere deputati? Si mette d'accordo con il PD per avere un suo uomo come capolista in collegi sicuri; in cambio garantisce che in altri collegi farà confluire al ballottaggio i propri voti sul PD. Insomma un meccanismo in cui il peso dei partiti c'è eccome, ma in cambio viene sancito il legame forte dell'eletto con il proprio territorio. Si punta inoltre a creare una classe politica locale fatta anche di persone che dopo aver perso la sfida, non vanno a casa ma continuano a lavorare sul territorio in vista della prossima sfida. Chi decide i candidati: o le primarie di partito o le segreterie regionali dei partiti.
2) All'estremo opposto c'è il meccanismo proporzionale basato su collegi di dimensione sovraprovinciale o regionale in cui si eleggono da 5 sino a 40 e più deputati. Con il meccanismo proporzionale l'elettore ha la "soddisfazione" di credere di avere scelto ma, in realtà, per la presenza di medesime persone presentate in più collegi, per il meccanismo della alternanza di genere, per la presenza dei partiti nella costruzione delle liste di collegio, alla fine decide molto poco. Non dimentichiamo poi cosa è stato in passato il meccanismo delle cordate (ai tempi di Andreotti, Gava, Gasparri, De Mita, ….) e ricordiamo anche che il signor Fiorito alle penultime elezioni per la regione Lazio fu di gran lunga il vincitore in termini di preferenze.
3) La legge elettorale (detta Italicum) prevede:
a) premio di maggioranza: su 630 deputati ne vengono assegnati 340 alla lista che prende almeno il 40% su scala nazionale al primo turno o che vince il ballottaggio. Non si parla di coalizione di liste ma di lista. I restanti 290 deputati sono distribuiti tra i non vincitori. Il ballottaggio e la distribuzione dei seggi riguardano conteggi di tipo nazionale.
b) percentuale di accesso: una lista ottiene degli eletti se prende su scala nazionale almeno il 3%. Il quorum è stato abbassato ed è stato tolto di mezzo ogni riferimento alle coalizioni.
c) dimensione dei collegi: sono 100 hanno una dimensione dell'ordine di 600 mila elettori ed eleggono in media 6 deputati.
d) preferenze: solo il capolista di collegio è bloccato e viene eletto per primo; da lì in poi scattano le preferenze (max due, diverse per genere). I capilista, sul totale dei collegi regionali, devono garantire una alternanza di genere nel rapporto massimo 60/40.
e) pluricandidature: sono ammesse per un massimo di 10 collegi. Questa norma (che non amo) viene prevista per garantire i leader delle piccole formazioni
f) entrata in vigore dopo il luglio 2016 visto che si applica per la sola Camera dando per acquisito che nel frattempo sia operativa la riforma del Senato.
Detto ciò dovrebbe essere chiara la strumentalità della polemica contro i capilista bloccati (voluti fortemente da FI e dai partiti minori). Si tratta di una legge di compromesso. Supponiamo di eliminare i capilista bloccati e consideriamo il collegio di 600 mila elettori. Chi decide chi va in lista? Quali strumenti ha il candidato per farsi conoscere dagli elettori? Mi pare che in termini di sostanza non cambi molto (i protagonisti continuano ad essere i partiti) ed è strano che Bersani che sa molto bene sia cosa sono i partiti, sia cosa sono i compromessi, si ostini sulla linea dell'abbiamo ottenuto 100 ma qui ci vuole 101.
In questa legge i partiti continuano ad esistere, semplicemente si mettono dei paletti su: possibilità parziale degli elettori di incidere nella scelta dei candidati, principio della governabilità (chi vince ha la maggioranza), rappresentanza garantita alle forze minori (il 3% è un valore basso ma va valutato insieme al fatto che il premio di maggioranza va ad una lista e non più alle coalizioni), rappresentanza di genere.
Rimangono aperti i seguenti problemi: a) elezioni primarie per la scelta dei candidati fatte all'americana e non all'amatriciana b) vincoli che evitino la formazione di liste che tali non sono e che nascano per temporaneo apparentamento di partiti destinati a separarsi il giorno dopo le elezioni (questo problema riguarda sia il centro destra sia il centrosinistra mentre non riguarda i 5 stelle molto più coerenti al riguardo).