in Italia si discute – al più poi, forse, si farà il recupero
Leggo sul Gazzettino che dopo mesi di riunioni il numero di transiti di navi da crociera dentro la laguna di Venezia è aumentato del 7%; se ne occupano il Sindaco, il ministro dell'Ambiente, il presidente della Regione e intanto le navi continuano a passare.
Questo è il bel paese dove le discussioni durano tanto e le decisioni tardano a venire.
Deve accadere a Venezia quello che è avvenuto al Giglio per prendere una decisione su cui non ci sarebbe neanche da discutere?
Naturalmente ci sono gli interessi degli operatori turistici, quelli degli operatori commerciali, quelli di chi poi fa pagare 100 euro per quattro caffè, quelli di chi … poi.
La scelta di Napolitano nel nominare i 4 senatori a vita è andata in controtendenza rispetto a questo stile tutto italiano di volersi male. Ecco una bella battaglia per i 4 neosenatori.
Nella attesa, visto che esiste un comitato No grandi navi gli faccio un po' di pubblicità pubblicando un loro recente documento che fa il punto sulla situazione.
Negli ultimi quindici anni il traffico crocieristico è cresciuto a Venezia in maniera esponenziale: i passeggeri sono aumentati del 439 per cento e il numero delle toccate (gli attracchi delle navi) è passato da 206 nel 1997 a 655 nel 2011, 663 nel 2012. Senza contare i traghetti per la Grecia (351 toccate). Con un milione e 795 mila passeggeri imbarcati o sbarcati nel 2011, Venezia è diventata il primo “home port” croceristico del Mediterraneo e il primato è confermato nel 2012.
Le navi da crociera attraccano in Marittima, cioè in città, entrando e uscendo dalla bocca di porto di Lido: ciò significa che a ogni toccata esse passano per due volte in Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, nel cuore storico di Venezia, a 150 metri dal Palazzo Ducale. Il confronto è istruttivo: non si può dire che le navi siano grandi come palazzi, perché sono molto più grandi: 300 e più metri di lunghezza, 50 di larghezza, 60 d'altezza e stazzano decine di migliaia di tonnellate. E aumenteranno ancora, di numero e di dimensioni. Il 2 giugno 2012 è arrivata in Marittima la Msc Divina, la nave più grande mai entrata in laguna: 333 metri di lunghezza per 139 mila tonnellate di stazza lorda.
L'impatto visivo delle navi in Bacino è impressionante: le navi sono evidentemente fuori scala con la città. Ma il numero e la mole crescente delle navi non sono che un aspetto del problema; è chiaro che ci sono ben altri inconvenienti di cui preoccuparsi, come ad esempio gli effetti idrodinamici provocati dal passaggio delle navi su un tessuto urbano antico, fragile e delicato, o sull'ambiente lagunare; le grandi navi dislocano migliaia di tonnellate, quando passano l'acqua nei rii cala in un colpo solo di 20 e più centimetri per il risucchio.
Il rischio più grave, ma in genere poco valutato, è quello per la salute, perché nel 2007 l'Arpav (l'Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha stimato che il traffico crocieristico sia a Venezia la maggior fonte d'inquinamento atmosferico per le polveri: l'emissione di polveri sottili ascrivibile al porto passeggeri è in pratica pari a quella prodotta dal traffico automobilistico di Mestre. Ogni grande nave inquina come 14 mila automobili, soprattutto quando è all'ormeggio. Il consumo di 1 ton di olio pesante da parte di una nave da crociera produce 10 volte più composti inquinanti del consumo della stessa quantità di combustibile in una manifattura, che è molto più rigidamente controllata.
Ricordiamo che il tenore di zolfo nel carburante di queste navi è del 3,5% in navigazione e solo da poco dello 0,1% all'ormeggio e in transito in laguna, almeno sulla carta. Poco si sa dei controlli, che sono fatti a campione e prevalentemente sui documenti di bunkeraggio. Tanto per capire, il tenore di zolfo nel diesel delle automobili è dello 0,001%, cioè 3500 volte inferiore. Il parlamento europeo, dopo aver valutato che almeno 50 mila persone muoiono ogni anno in Europa a causa dell'inquinamento dalle navi, ha votato a fine settembre 2012 una direttiva che imporrà per tutte le navi il limite dello 0,5%, ma solo dal 2020. Dopo un anno di manifestazioni cittadine, di denuncie di casi d'inquinamento atmosferico prodotto dalle navi, di polemiche sui giornali, le compagnie da crociera, da pochi giorni, hanno sottoscritto un accordo volontario (Venice Blue Flag 2) con il quale s'impegnano ad usare carburante con tenore di zolfo non superiore allo 0,1% in Laguna di Venezia sin dall'entrata alle bocche di porto; ma un paese civile avrebbe definito un provvedimento che le obblighi a ciò in tutti i porti e in prossimità delle coste, e non solo a Venezia, mentre resta insoluto il problema dei controlli campionari che sono insufficienti.
Il Porto garantisce che l'inquinamento verrà reso nullo all'ormeggio con l'alimentazione elettrica da terra (cold ironing). Al riguardo, sia chiaro, esiste solo uno studio di fattibilità dell'Enel, non finanziato dalla Autorità Portuale, per alimentare 4 navi delle 9 che a breve la Marittima potrà ospitare, contro le 6 di oggi: ovvero, ammesso che il progetto sia realizzato, l'inquinamento prodotto domani sarà identico a quello prodotto oggi. Questo parere è condiviso dallo studio secondo l del gruppo di ricerca Apice (Actions for the mitigation of Port, Industries and Cities Emissions, 2013).
Ci sono poi l'inquinamento elettromagnetico per i radar sempre accesi durante il transito in città (e ci si preoccupa per i telefonini) e quello marino per le pitture antivegetative delle carene; i rumori assordanti, giorno e notte delle navi all'ormeggio in pratica a ridosso delle case; le vibrazioni che liquefanno i leganti delle malte di case e monumenti; il rischio d'incidenti (perdita di rotta, incendi, spandimento di carburante) o -perchè no? -di attentati in Bacino San Marco.
I cittadini hanno cominciato a mobilitarsi, e negli anni l'Autorità portuale ha cercato di rassicurare la popolazione con una serie di studi autoassolutori, tutti commissionati e di parte. Ad analizzarli con attenzione, gli studi si rivelano parziali, carenti e superficiali. Ad esempio, per quanto riguarda gli effetti idrodinamici, l'Autorità Portuale ha strumentalmente continuato ad affrontare solo il tema del moto ondoso di superficie, spacciandolo in tutti i suoi comunicati come l'unico problema, ma non ha mai analizzato quanto avviene su rive e fondali a causa del dislocamento; si sa che l'Ismar Cnr ha analizzato alcuni aspetti del problema, ma i risultati non sono noti. Le conclusioni per i rumori sono altrettanto ambigue, anche se si sa che le grandi navi ai camini, emettono un rumore di circa 120 db, mentre il limite ai rumori, per non essere nocivi alla salute, è di 55 db.
C'è poi l'impatto turistico: nel luglio 2011 da sei navi ormeggiate contemporaneamente in Marittima, sono sbarcati in città in un solo giorno circa 35 mila croceristi e altrettanti si sono imbarcati o nello stesso girono o il giorno successivo; questi crocieristi si sono aggiunti ai 60 -70 mila ospiti presenti quotidianamente in una città il cui numero di abitanti è già sceso sotto la soglia dei 59 mila. Venezia si sta trasformando (se non lo è già) in un parco tematico. Ma, se il turismo è ricchezza, come dicono gli operatori, le compagnie di navigazione, l'Autorità portuale, non si capisce come mai la città in quanto tale si stia spegnendo e il Comune debba vendere i suoi più bei palazzi per garantire i servizi. In realtà i guadagni si distribuiscono in un numero limitato di persone mentre i costi dell'invasione turistica sono pagati da tutti i residenti.
Lo stesso presidente dell'Autorità Portuale, Paolo Costa, in più occasioni (l'ultima sul Corriere della Sera del 4 giugno 2012) riconosce che il contributo economico dei croceristi alla città è modesto, mentre afferma che la vera ricchezza portata dal crocierismo sta nell'indotto. Ma quali sono le cifre? Chi ne guadagna? Quali sono le società? Dove sono localizzate? Quali ne sono i capitali? E dove vivono i lavoratori? Quanto lavorano? Con che contratti? Perché se le risposte a queste domande lasciassero capire che una parte o molto dell'indotto vanno altrove, Venezia farebbe (come al solito) solo la parte della mucca da mungere.
In ogni caso, coloro che prendono per oro colato le valutazioni sui vantaggi economici che il crocierismo porterebbe alla città dovrebbero porsi anche il problema dei suoi costi ambientali, fisici, sociali. Su questo tema l'unico studio non di parte che noi si conosca è stato prodotto non da un'Autorità italiana, come sarebbe doveroso, ma dall'Ente croato per il Turismo, poiché le navi da crociera che partono da Venezia, costeggiano la Dalmazia e fanno tappa anche a Ragusa (Dubrovnik) dove la popolazione è scesa sul piede di guerra. Ebbene, lo studio ha terminato che il beneficio economico annuale del crocierismo per la Croazia può essere stimato in una cifra tra i 33,7 e i 37,2 milioni di euro, mentre il danno ambientale va calcolato in almeno 273 milioni di euro, con un saldo negativo di ben 238 milioni di euro!
Uno studio del prof. Giuseppe Tattara, docente di Politica Economica al Dipartimento di Economia dell'Università di Ca' Foscari, ha valutato che l'indotto complessivo prodotto dal crocierismo sia pari a 240 milioni di euro all'anno e che i costi ambientali connessi ammontino a 270 milioni di euro all'anno. Costi e benefici, dunque, praticamente si equivalgono, ma per calcolare i costi il prof. Tattara ha considerato solo quei parametri sui quali la comunità scientifica internazionale ha definito con una certa sicurezza un valore monetario. Non sono stati valutati i danni ai monumenti, i danni da rumore, la devastazione morfologica della laguna.
Cittadini e associazioni sono da anni sul piede di guerra, manifestazioni, assemblee e comunicati si susseguono, si è appunto costituito il nostro Comitato No Grandi Navi – Laguna Bene Comune (il 6 gennaio 2012). Anche la sezione veneziana di Italia Nostra è molto attiva su questo fronte, Ambiente Venezia ha prodotto negli anni mostre multimediali itineranti (foto e videoinchieste) e alcuni dossier assai documentati inviati a tutte le autorità, si è mobilitato il Fai (Fondo per l'Ambiente Italiano). Ad oggi, oltre 12.600 persone hanno firmato in pochi mesi una petizione che al primo punto chiede l'estromissione delle navi incompatibili dalla laguna.
Il sindaco, Giorgio Orsoni, aveva dapprima proposto di spostare il terminal crocieristico dalla Marittima a Marghera, in gronda di laguna, e recentemente ha rilanciato questa sua idea. Nei fatti, e a oggi, assieme al presidente dell'Autorità portuale, Paolo Costa, ha raggiunto un accordo mai rinnegato incentrato sull'idea di una sorta di “senso unico”: le navi, cioé, entrerebbero dalla bocca di porto di Malamocco passando dal Canale dei Petroli e uscirebbero da quella di Lido, dimezzando il numero dei transiti in Bacino San Marco. E' la proposta che i ministri Corrado Clini (Ambiente) e Corrado Passera (Infrastrutture) hanno tradotto nel decreto 2 marzo 2012 sulla protezione dei parchi e delle aree protette nazionali all'interno dei quali è vietata la navigazione alle navi che superino le 500 tonnellate di stazza lorda. Per Venezia si prevede il divieto del passaggio in Bacino San Marco solo per le navi oltre le 40.000 tonnellate di stazza lorda; questo limite si applica a partire dalla disponibilita' di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate. Per capire, la dimensione delle navi vietate diciamo che la corazzata Roma e il Titanic stazzavano 46.000 tonnellate.
E’' un limite che nessuno sa dire come sia stato determinato; meglio sarebbe aver fatto riferimento al dislocamento che è una misura più significativa.
La alternativa proposta dalla Autorità portuale prevede che si raggiunga la Marittima dal Canale dei Petroli, attraverso lo scavo del piccolo canale Contorta Sant'Angelo che dalla profondità di 1,80 m di oggi verrebbe dragato fino a raggiungere una profondità di 10 – 12 m. e dalla larghezza di 6 m. di oggi verrebbe dragato fino a raggiungere a 80 -100 m. Gli oppositori giudicano la proposta peggiore del male, poiché portare le navi in Marittima dalla porta di servizio, manterrebbe tutte le criticità, in primis l'inquinamento, devastando definitivamente la laguna. Ciò vale anche per l'idea di portare le navi a Marghera, che sembra essere sostenuta dal sindaco, poiché si tratterebbe solo di uno spostamento dei problemi, mantenendo le navi comunque entro la laguna: restano immutati l'erosione dei fondali e l'inquinamento. Per gli oppositori, insomma, le grandi navi, quelle incompatibili con la città e con la laguna, vanno poste fuori della laguna.
Al riguardo, serve una breve spiegazione. La laguna di Venezia è un ambiente artificiale nel quale, per un millennio, gli interventi del governo della Serenissima hanno sfruttato i fenomeni naturali per mantenerne l'equilibrio, garanzia di sopravvivenza della città. Il destino di ogni laguna, infatti, è interrarsi o divenire un braccio di mare, ma se oggi Venezia è ancora in parte protetta dalla sua laguna lo si deve appunto alle sagge politiche di conservazione attuate nei secoli passati dai suoi reggitori, che hanno sempre dimensionato le navi alla laguna e mai viceversa.
Caduta nel 1797 la Repubblica, saperi e attenzione ambientale si sono persi e si è iniziato un lungo percorso di adattamento della laguna alle esigenze della portualità, cosa che ha finito per rompere il delicato equilibrio lagunare e per devastarlo. Le bocche di porto sono state allargate e approfondite, sono stati scavati canali artificiali profondi e rettilinei, sono stati interrati migliaia di ettari di “barena” col risultato che oggi, se non fosse per la sopravvivenza del catino fisico e dei cordoni dei lidi che la separano dal mare, non si potrebbe più parlare di laguna dal punto di vista morfologico, biologico, idrodinamico.
Il Canale dei Petroli è un cancro che ogni giorno divora la laguna, e con la proposta di farlo percorrere dalle navi a senso unico, il sindaco e il presidente dell'Autorità Portuale vogliono portare il mare in Piazza San Marco. Al riguardo, segnaliamo la lettura dell'ottimo libro “Fatti e misfatti di idraulica lagunare”, del prof. Luigi D'Alpaos, docente di idraulica all'Università di Padova (Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, Memorie, Venezia 2010). Cent'anni fa, la profondità media della laguna era di 40 cm., ora a seguito della perdita di sedimenti, è di 1,50 m. e tra cinquant'anni, se non si porrà mano per davvero al suo recupero morfologico, sarà di 2,50 m. Cioè la laguna di Venezia non sarà più una laguna, ma un braccio di mare.
Le leggi speciali per Venezia prescrivono da quasi quarant'anni (legge n. 171 del 1973) l'estromissione almeno del traffico petrolifero dalla laguna, ma finora non vi si è ottemperato e solo oggi, non per ragioni ambientali ma per adeguare la portualità a nuovi traffici e per temperare gli intralci e i ritardi all'entrata delle navi in laguna che seguiranno all'entrata in funzione del “Mose”, l'Autorità portuale ha lanciato il progetto di un avamporto, posizionato in mare aperto, dove far attraccare le petroliere e le navi porta-container. Dunque, se si vuole si può, anche se non è questa la strada che al momento sosteniamo. In ogni caso, se si estromettessero anche le navi da crociera, per la prima volta, da duecento anni a questa parte, si potrebbe cominciare a pensare di invertire davvero il degrado della laguna, arrivando forse in futuro alla chiusura del Canale dei Petroli, rimuovendo cioè le cause del dissesto morfologico così come prescritto dalla legge speciale (legge n. 798 del 1984).
Noi oggi suggeriamo un percorso che ha per obiettivo l'estromissione dalla laguna delle navi incompatibili col complessivo benessere della città e col recupero morfologico della laguna. La vera alternativa è cambiare modello, rifiutare la corsa al gigantismo che fa gli interessi solo delle compagnie da crociera, ma non della città. Si facciano studi seri, autorevoli, non di parte per definire questa soglia di compatibilità, fondata su stazze, dislocamento, pescaggio, carburanti puliti, e poi si fissi un limite di sostenibilità turistica complessiva, assegnandone una quota invalicabile al crocierismo. Date queste due precondizioni – compatibilità fisica e sostenibilità turistica – si potrà decidere quali e quante navi potranno continuare a entrare in laguna e venire ad attraccare in Marittima e quali e quante saranno destinate all'estromissione, e solo allora sarà possibile, anche col sostegno di un attento studio costi – benefici, riempire di contenuto quel “fuori le navi dalla laguna”. Il range va dall'opzione zero (nessuna altra nave oltre a quelle che possono entrare), all'attracco in altri porti e il trasferimento con altri mezzi dei croceristi a Venezia, alla costruzione di una struttura portuale alla bocca di porto del Lido come proposto nel progetto presentato da Cesare De Piccoli, alla struttura portuale ipotizzata dall'Autorità Portuale sulla piattaforma dei cantieri del MoSE alla Bocca di Porto di Malamocco, al terminale in mare aperto (suggerito da qualcuno tramite stampa) come per petroli, container e rinfuse.
Secondo noi il sindaco deve promuovere un percorso partecipato che ponga un argine ai disegni autoreferenziali dell'Autorità Portuale e della Venezia Terminal Passeggeri, che stanno immaginando una laguna trasformata in Rotterdam. Serve, insomma, un nuovo Piano Regolatore Portuale (l'attuale è del 1908!) costruito d'intesa con la città, come vuole la legge.
Abbiamo espresso queste considerazioni anche ai ministri competenti, senza ottenere alcuna risposta, e ci sovviene di quando, all'indomani degli ultimi scontri in Val di Susa, lo stesso ministro delle Infrastrutture, Corrado Passera, affermò pubblicamente che sui grandi problemi ambientali bisognava cambiare metodo, ascoltare le popolazioni locali, discutere fin dai primi passi i progetti di grande impatto sul territorio. Siamo consapevoli della complessità dei problemi ma altrettanto convinti che non tutti i valori debbano andare subordinati a calcoli economici che oltretutto spesso si dimostrano miopi, se non erronei. La salute e l'ambiente non hanno prezzo.
Le crociere, l'occupazione e il contributo alla ricchezza del comune di Venezia
L'occupazione creata dal porto crocieristico, secondo le stime della Autorità portuale, è di 1536 addetti diretti. Si tratta di lavoratori stagionali addetti ai servizi alla nave, con stipendi in media, non elevati.
Si vagheggia, a seconda degli interlocutori, di 4500-7500 ocupati compreso l'indotto (nazionale). Di fatto non esiste un comparto economico che generi un indotto di questa mole a partire da 1536 addetti diretti
Lo spostamento del porto crocieristico “ai bordi della laguna” non comporterebbe il venir meno di nessuno di questi posti di lavoro, anzi li aumenterebbe.
Richiederebbe la creazione di una piccola flotta di mezzi di trasporto acqueo superleggeri, alimentati elettricamente, come i mezzi recentemente commissionati alla Siemens per la navigazione nei fiordi norvegesi. Pensiamo a mezzi che trasportano 1000-2000 passeggeri (le attuali motonavi ne trasportano più di 1000) e le linee sarebbero sicuramente in attivo perchè i biglietti sarebbero pre-acquistati dalle compegnie di crociera. Quindi, riassumendo, gli effetti sarebbero:
- – aumenterebbe l'occupazione per la costruzione delle nuove banchine;
- – aumenterebbe l'occupazione nella cantieristica veneziana, cui si farebbe fare un passo avanti tecnologico, utile per rimodernare gradualmente tutta la flotta ACTV;
- – farebbe acquisire dei know how nella costruzione di banchine off-shore, che si inserisce in un trend di sviluppo della portualità sempre più accentuato, dato il gigantismo navale;
- – specializzerebbe le ditte che progettano il porto in costruzioni ecocompatibili, con un indubbio vantaggio per la collettività;
- – manterrebbe un porto passeggeri in Venezia centro storico, dedicato alle navi “compatibili”.
- La autorità portuale ha incaricato 4 “saggi” delle università di Venezia e Padova di studiare l'impatto del porto crocieristico sulla “ricchezza annuale”, ossia sul prodotto interno lordo (PIL) del comune di Venezia.
Lo studio ha presentato grossolani errori, tanto che gli autori a febbraio sostenevano che l'attività del porto crocieristico pesava per il 6% sul PIL comunale, per affermare, dopo 2 mesi, che il valore corretto era 3,5%; più grossolani di così e meno saggi di così!
Noi crediamo che il contributo sia ancora inferiore. Le compagnie di crociera hanno una organizzazione verticalmente integrata che fornisce alla nave la maggior parte dei rifornimenti di cui abbisogna, si tratti di home port o di porto di transito poco importa. In questo modo il territorio del comune dove è situato il porto è tagliato fuori dalla catena della fornitura e, a Venezia, i rifornimenti alle navi non coinvolgono, se non in piccola parte, la produzione veneziana.
Lo spostamento del porto passeggeri non influirebbe comunque su questa grandezza, qualunque essa sia.
Comitato No Grandi Navi – Laguna Bene Comune – Giugno 2013