Il cuore nel pozzo: Alberto Negrin
Il cuore nel pozzo (2005) è un film per la TV che, già nei titoli di testa viene esplicitamente dedicato alla tragedia della popolazione di etnia italiana giuliana, istriana e dalmata. E' stato trasmesso nel febbraio 2005 in due puntate (visto che dura complessivamente piùdi tre ore) ed ha avuto un notevole successo di pubblico (8 milioni la prima sera e 10 milioni la seconda). E' stato poi ritrasmesso nel 2008 in occasione della giornata del ricordo in una edizione ridotta. In entrambe le occasioni ha ovviamenti suscitato polemiche politiche visto che il tema della pulizia etnica, attuata dai titini, nel 1945 è argomento di quelli che scaldano i cuori.
L'aspetto positivo è stato quello di portare a conoscenza un gran numero di italiani di un argomento poco noto e che 65 anni dopo rischia di finire nel dimenticatoio (qualche giorno fa a l'Eredità l'alluvione del Polesine è stata collocata all'inmizio degli anni 80).
Secondo me le cose positive finiscono qui. Si tratta di un polpettone che non ha nemmeno il pregio della unilateralità assoluta. I Titini sono dei mostri assassini: uccidono, stuprano, infoibano (e questo aspetto l'abbiamo rivisto all'opera con serbi e croati negli anni 90), ma il movente principale della intera vicenda sta nel tentativo del loro capo di riappropriarsi del proprio bimbo di 6 anni avuto da una italiana presa con la forza: la ama (così dice) e di fronte all'ennesimo rifiuto è pronto a spararle alla testa; ma lei si getterà nella foiba dopo aver assistito alla ennesima strage di Italiani (la levatrice, il segretario comunale, il farmacista, …).
E’ il 1945 e la Seconda Guerra mondiale volge al termine quando una piccola comunità istriana è sconvolta dall'arrivo dei partigiani di Tito. Nel film ci sono due bambini protagonisti: Carlo figlio di Giulia, a suo tempo violentata da Novak che dopo anni di galera è diventato un capo dell'esercito titino e Francesco (che fa da voce narrante), il figlio della coppia cui era stato affidato Carlo nel tentativo di impedire che Novak lo ritrovasse.
La coppia (il medico del paese e la maestra di canto della scuola elementare) viene regolarmente infoibata insieme ad un numeroso gruppo di civili rastrellati in paese. Foibe per gli italiani adulti e ricerca spasmodica tra i bambini per trovare Carlo che Novak non ha mai visto e di cui Giulia ha distrutto tutte le fotografie. Non si vedono tribunali speciali, come documentato dagli storici, non c'è dibattito politico tra i titini e non c'è nemmeno il sentirsi parte di una organizzazione. Ad un certo punto un subalterno dice a Novak che è arrivato l'ordine di convergere tutti su Trieste; Novak se ne frega perché lui deve trovare suo figlio; la banda si divide tra chi va a Trieste e chi resta a infoibare gli Italiani, senza problemi. Non è una banda comunista, non è un pezzo di un esercito. Cos'è? Bisgnerebbe chiederlo al regista e agli sceneggiatori che hanno anche pagato una consulenza allo storico Giovanni Sabbatucci. Mai danaro fu speso così male!
Carlo era stato inizialmente affidato a Don Bruno (Leo Gullotta) che insieme ad Anya (Antonia Liskova) gestiva un orfanatrofio. Nel film svolgono un ruolo importante anche Ettore (Beppe Fiorello), un alpino sbandato reduce dall'Albania e fidanzato con Anya, e Walter un esponente del CLN italiano che si batte per salvare i bambini ed impedire la pulizia etnica. Walter sta formalmente con le milizie titine, come accadde per effetto della confluenza delle brigate Garibaldi nell'esercito jugoslavo, ma si sente italiano e fa quello che può.
Walter ed Ettore organizzano l'evasione di don Bruno e dei bambini dal campo dei titini ed inizia una dura marcia verso la salvezza (Gorizia) attraverso le montagne con alle calcagna la banda di Novak. Quello dei rapporti tra i bambini oltre alle musiche è quello che si salva rispetto al feuilletton. Dopo mille avventure, l'entrata in scena di una famiglia di commercianti vigliacchi (con un capofamiglia che le tenterà tutte per salvare la pelle e alla fine ce la lascerà), l'incontro con un provvidenziale gruppo di militari italiani sbandati, il matrimonio tra Ettore e Anya, una sparatoria finale in cui muoiono tutti (don Bruno, i Titini, i militari italiani, il commerciante e Novak) la avventura ha successo.
Nel finale gli scampati scendono verso il mare (ma Gorizia non ce l'ha) dove si vedono i camini fumanti del Toscana, la nave usata per l'esodo da Pola (2 anni dopo) ed è dalla nave che Francesco fa il suo racconto e spiega di essere diventato grande.
Poco prima della sparatoria finale c'è una scena che la dice tutta sulla banalità della sceneggiatura. Novak ferma i suoi perché "là dentro c'è mio figlio", poi ci ripensa e manda i suoi in un attacco finale allo scoperto perchè "là dentro sono rimasti solo in due" mentre lui resta al coperto. Un eroe da ogni punto di vista …
Navigando in rete mi ha stupito la mancanza di recensioni di stroncatura sul piano tecnico. Evidentemente i film per la TV vanno fatti così. Ho trovato invece qualche dichiarazione degli attori.
L’attore Dragan Bjelogrlic, che impersona il “crudele Novak”, afferma: “La crudeltà efferata del mio personaggio? Potrei dire che forse per un serbo che ha sofferto le guerre recenti non è poi tanto difficile immedesimarsi in uno sloveno così negativo… In questi luoghi nessuno è sopravvissuto indenne alla sofferenza delle violenze etniche”.
Leo Gullotta per la sua partecipazione al film è stato duramente contestato al congresso di Rifondazione comunista di cui era simpatizzante ed è stato difeso da Bertinotti. Circa la sua partecipazione al film ha dichiarato: "Ho cercato di capire, di saperne di più, di immergermi nella confusione storica di quel periodo. Dar voce a una tragedia dimenticata è la prima ragione che mi ha convinto ad accettare. Questo non è un film schierato, ma un atto di doverosa civiltà. E rompere il silenzio aiuta sempre. In questo caso, io spero, a non ripetere gli errori del passato.
Una curiosità per finire: questo film, così come "Si può fare" è stato prodotto da Angelo Rizzoli che ieri è stato arrestato per bancarotta fraudolenta in relazione alla gestione pilotata dei fallimenti delle sue società di produzione.
Il mio voto solo complessivo è 6, ma per la parte strettamente legata alla storia giuliana il voto è 4.