Il diritto di essere – seconda parte
Sono già intervenuto il 10 dicembre su Il diritto di essere e l'evoluzione del quadro, che sembra far presagire una presenza attiva ed esplicita di Monti, insieme alla decisione di Pietro Ichino di fare da capolista per la Lombardia nel progetto montiano, mi inducono a fare alcune precisazioni.
Le tre principali forze con cultura di governo, prima dei sommovimenti montiani, avevano una loro proposta:
- il PDL cosciente di essere allo sbando accentuava la linea antieuropea e populista; mandava al macero tutti i discorsi sul nuovo partito e le primarie, avanzava una proposta strumentale di alleanza con la Lega (probabilmente destinata a fallire perché la Lega non reggerebbe con il suo elettorato una nuova alleanza con Il Caimano). Nel PDL sanno di non poter aspirare a governare, ma vogliono costruire una robusta (numericamente) opposizione. Così Berlusconi si è buttato sulle TV e domani sera, per arrivare alla prima serata, andrà addirittura da Santoro-Travaglio (mi aspetto qualche sceneggiata e sarà bello vedere la sfida tra esperti che si odiano ma usano le stesse armi).
- il PD si candidava a vincere da solo (in alleanza con Vendola) rinviando a dopo le elezioni un eventuale ipotesi di collaborazione con l'UDC e teneva Monti come arma di riserva a condizione che se ne stesse buono in campagna elettorale. Aveva persino espunto dal documento di coalizione ogni riferimento alla agenda Monti, come richiesto da Vendola, e manteneva un atteggiamento ambiguo in proposito (aperture di Bersani e chiusure di Fassina). Se le elezioni vanno molto bene facciamo da soli (salvo sulle questioni di rilevanza istituzionale); se invece ci fossero problemi al Senato o si creasse qualche problema con l'Europa ci appoggeremo nuovamente su Monti e sulla UDC
- il trio Montezemolo-Riccardi, UDC-Casini, F&L-Fini sosteneva esplicitamente la necessità di ripetere, dopo le elezioni, una nuova esperienza di tipo montiano, magari dopo aver tagliato un po' di unghie a sinistra e soprattutto verso il PDL
Si trattava e si tratta di tre proposte del tutto legittime e sarebbe opportuno che le tre forze arrivassero alle elezioni chiarendo molto bene, in termini di programmi, cosa intendono fare. A suo modo Berlusconi lo sta facendo e bisognerebbe prenderlo sul serio ed essere netti nell'evidenziare agli elettori cosa accadrebbe all'Italia se lo si lasciasse fare.
Monti, in termini programmatici lo ha fatto con il recente documento pre natalizio, in termini politici sembra si stia orientando ad un listone di centro che mandi agli elettori il messaggio che, se lo votano, non voteranno per una forza numericamente residuale.
E qui siamo al punto perché, di fronte ad un quadro del genere, il PD ha la necessità di dire cosa intende fare e deve dirlo in maniera esplicita: a) voglio andare da solo e tentare di vincere b) votate per me ma sappiate che, dopo le elezioni dovremo probabilmente allearci con i montiani e ridiscutere il senso di parole come conservatore e riformatore (il rapporto con l'estrema sinistra, il rapporto con la CGIL di Susanna Camusso, le politiche per il lavoro, ….).
Non basta che Bersani dica «Nell'Agenda del premier non ho visto nulla di sorprendente. Ci sono alcune cose condivisibili, altre un po' meno, altre su cui si può discutere». Bisogna dire quali e non basta dire che nella agenda del PD c'è «più lavoro, più equità e più diritti». Bisogna entrare nel merito e farlo è il modo per combattere a viso aperto la propria battaglia. Le frasi di oggi di Bersani, dette così, non significano nulla e vanno bene per ogni stagione. Se qualcuno, due mesi fa, pensava che si potesse vincere facendo il pesce in barile ("aspettiamo perché adesso tocca a noi") sappia che così si perde di sicuro.
Sempre oggi Bersani ha detto che Monti deve chiarire: "Ho il massimo rispetto per Monti, ora aspettiamo di vedere se sarà sopra le parti e o sceglierà piuttosto una parte. Questo non l'ha chiarito". Si tratta di una frase assolutamente incomprensibile: la novità è che Monti ha scelto la sua parte (cioè il suo progetto); quel progetto prevede la collaborazione esplicita con il PD mentre ci sono riserve verso Vendola e verso la CGIL. Adesso è Bersani che deve dire cosa ne pensa, sapendo che i voti il PD li prenderà dimostrando due cose: essere una forza democratica e di rinnovamento (e lo sta facendo con le primarie), saper parlare all'elettorato moderato e di centro, quello che in Italia, da sempre, condiziona il risultato delle elezioni.