Giordano Bruno: Giuliano Montaldo
Il Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo è stato girato dopo che il regista si era fatto una notevole fama con Sacco e Vanzetti e furono pertanto messi a sua disposizione mezzi che, altrimenti, non si sarebbe sognato. Il produttore è Carlo Ponti e, in particolare per la prima fase girata a Venezia, lo spettatore si ritrova proiettato all'indietro di quattro secoli con inquadrature che sembrano riprese dai grandi pittori italiani del Rinascimento.
Giordano Bruno è Gian Maria Volontè mentre in tutta la prima parte del film gli è accanto una bellissima Charlotte Rampling nella parte dell'amante del suo ospite veneziano Giovanni Mocenigo. Siamo nel 1973 e Charlotte Rampling appare nuda. Anche questa volta, il film è Gian Maria Volontè che adatta il suo accento del nord a quello del frate nolano.
Il film tratta dell'ultima fase di vita del filosofo, cosmologo e scienziato assurto a simbolo mondiale della libertà di ricerca e della libertà più in generale. Si va dal 1592, quando il suo protettore veneziano lo tradisce, sino al 17 febbraio del 1600 quando Giordano Bruno, condannato per eresia, dopo aver rifiutato di abiurare viene messo al rogo in Campo dei Fiori con un morso metallico in bocca che gli impedisca di gridare. Giordano Bruno era rientrato in Italia dopo aver girovagato per l'Europa trascinandosi accuse di eresia e tentando di indurre i re di Spagna, Francia, Inghilterra e Germania a farsi promotori di un rinnovamento religioso e civile. Pensava di poter insegnare liberamente nella cosmopolita e libera Venezia e invece da lì iniziò il calvario della inquisizione veneziana prima e romana poi.
Dedico la recensione a papa Ratzinger che proprio in questi giorni se ne è uscito con una sparata che, prendendo spunto dalla celebrazione della Pacem in Terris, finiva per prendersela contro il relativismo etico padre di tutti i mali. E invece nel film vediamo all'opera (in pensieri ed opere) i sostenitori della verità: la verità che non si discute, la verità che giudica pericolose le differenze, la verità di un potere vaticano sconvolto da quel che sta accadendo in Europa con il sorgere di identità nazionali e di chiese nazionali, la verità della santa inquisizione così forte da mettere al due persino il papa e il cardinal Bellarmino.
La figura di Giordano Bruno come filosofo e come scienziato è troppo complessa per riuscire a ad esaminarla con un film, ma un film può essere un significativo momento di ricostruzione storica. Personalmente mi ha nuovamente colpito la pedanteria dei processi inquisitori dove tutto è regolato da regole scritte e apparentemente civili (esemplare la scena della lettura della sentenza); Bruno deve essere condannato, ma la denuncia di Mocenigo è troppo debole per un rogo, ed ecco che si corrompono (fregandoli) altri eretici per indurli a confessare atti di Bruno che possano appesantire le "nefandezze" degli scritti. La Chiesa aborre il sangue e dopo che l'Inquisizione ha stabilito che di eretico si tratta, il condannato viene consegnato al potere civile per la pena.
Le cose che mi hanno colpito di più: Venezia città liberal, la tortura, il rapporto di parziale autonomia tra l'Inquisizione, i cardinali e il Papa.
Se la visione del film vi induce ad approfondire trovate su Wikipedia questo articolo molto dettagliato.
Il mio voto: 8,5 al film e 10 alla interpretazione di Gian Maria Volontè.