Bronte – cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno mai raccontato: Florestano Vancini
Bronte, è un film proiettato nel 1972 ma che, dal punto di vista del regista (curiosità, documentazione, stesura della sceneggiatura) inizia nel 1961, subito dopo la lunga notte del 43. Vancini conferma l’interesse alla storia d’Italia dal punto di vista della gente e, in particolare della povera gente e lavora alla sceneggiatura che poi, per difficoltà varie, rimase ferma sino alla fine degli anni 60.
Nella seconda parte degli anni 60 molte persone della mia generazione hanno letto Proletari senza rivoluzione di Renzo del Carria, un libro di non-storia dedicato alla storia d’Italia dal punto di vista del popolo senza voce, una storia di antistoria. La attenzione ai fatti Bronte, un paese della regione etnea, oggi noto per i suoi pistacchi, risale a quel periodo così come il dibattito sul carattere positivo del fenomeno del brigantaggio.
Florestano Vancini, in una intervista del 1993 spiega in primo luogo come mai il film, nei titoli di coda, presenti una sfilza di nomi slavi. Si tratta di una coproduzione italo iugoslava e il film, per ragioni di ambientazione, impossibili a Bronte, fu girato in un paesino della Croazia, Sveti Lovrec. Il progetto originale prevedeva uno sceneggiato TV di 3 ore, ma i dirigenti RAI, che lo avevano commissionato, dopo averli visionato ed essersi complimentati, spiegarono che pagavano, ma che non lo avrebbero mai mandato in onda (si era nel 72 e l’opera fu giudicata pericolosa). Nella loro magnanimità davano al regista la possibilità di trasformarlo in un film tagliandone altre la metà e così fu. L’originale giace negli archivi RAI e non è mai andato in onda.
Il film, prima dei titoli di testa, si apre con una scena molto violenta che vuole descrivere le condizioni di vita dei contadini siciliani: un contadino povero viene beccato a raccogliere legna nel bosco del padrone; lui e soprattutto la giovane che lo accompagna vengono massacrati di botte e alla fine il padrone magnanino (una delle vittime della successiva rivolta) gli concede di prendersi la legna e la donna, “te le sei meritate”.
La rivolta di Bronte scoppia con l’arrivo di Garibaldi in Sicilia e ha due protagonisti: il popolo fatto di contadini poveri e di carbonai (quelli che producevano il carbone di legna dal taglio delle foreste) e la borghesia locale fatta di professionisti (avvocati e notai), proprietari terrieri, clero. Il potere borbonico è in crisi, tutti inneggiano a Garibaldi con finalità diverse: la rivoluzione e la distribuzione della terra, la vendetta, il gattopardismo.
Nel film ci sono diversi personaggi:
- l’avvocato Lombardo (Ivo Garrani), un liberale che si schiera dalla parte della rivoluzione, che vorrebbe controllarla a favore del progetto garibaldino di costruzione dello stato unitario; un liberale coerente che fa il liberale, che è disposto a comprendere le efferatezze della jacquerie come risultato non gradito, ma inevitabile, di secoli di miseria e sfruttamento. Lombardo rappresenta la parte di borghesia siciliana che si opponeva al latifondo ed era a favore di una distribuzione delle terre demaniali ai contadini. L’avvocato Lombardo, nel 72, fu visto dalla crtica di sinistra come esempio di strumentalizzatore delle masse e il suo ruolo di protagonista-vittima diede adito a critiche nei confronti di Vancini accusato di voler difendere il moderatismo (erano gli anni 70 !). Dall’altra parte la destra “patriottarda” insorse contro il vulnus che si faceva al Risorgimento.
- i due capipolo, il contadino di inizio film e il carbonaio Calogero Gasparazzo (al quale gli sceneggiatori fanno dire: «Santo diavolone! E come si fa a fare la rivoluzione contro i «cappelli» se chi la comanda è un «cappello?». I capi della rivolta si daranno alla macchia prima dell’arrivo di Nino Bixio.
- Il notaio Cannata che rappresentava gli interessi del grande latifondo “La Ducea” dei Nelson (quelli di Orazio) e che sarà una delle prime vittime della rivolta, scatenata dalla sua imprudenza nel far arrestare i contadini più accesi nel processo formale di liberazione fatto di canti notturni ed entusiasmi da osteria.
- Nino Bixio in una versione durissima, giunto a Bronte su incarico diretto di Garibaldi, a sua volta allertato dagli interessi inglesi relativi al latifondo dei Nelson (la flotta inglese aveva garantito il viaggio tranquillo dei Mille). Non è chiaro se Bixio sia andato al di là ma, nella storia dei movimenti rivoluzionari successivi ha certamente avuto degli emuli. Nel film è comunque asciutto e solitario come si conviene ai despoto delle migliori scuole (grande interpretazione).
- Lo scemo del villaggio che fa da contrappunto a tutte le fasi del film e che sarà uno dei 5 fucilati della repressione di Bixio. Esce indenne dalla fucilazione e viene freddato dall’ufficiale mentre inneggia al suo diritto alla grazia.
Tirando le fila: le scene della rivolta sono crudissime e fanno da contrappunto a quella iniziale della fustigazione. Tra il 2 e il 4 agosto del 1860 vengono ammazzate 16 persone. Poi arriva Nino Bixio, indirettamente chiamato dagli Inglesi e in pochi giorni si ha il processo con 5 fucilazioni come richiesto dal generale già prima di nominare la commissione militare. Bixio se ne va e negli anni successivi veranno portate a processo oltre 700 persone a Catania con una decina di ergastoli. Poi il silenzio appena velato dalla novella metaforica Libertà di Verga che, come dice Vancini, parla di questi fatti e non si capisce cosa sia accaduto, quando e dove si siano svolti i fatti. Da studente, Verga mi intrigava e questa novella inspiegabile mi spinse a cercar di capire cosa c’era dietro.
Il mio voto: 9