parlar chiaro
Del ministro Fornero si potranno dire tante cose (emotiva, intempestiva, borghese, …) ma non che non ami parlar chiaro: Questa è una riforma seria ed equilibrata. Spero che i partiti capiscano: modifiche se ne possono fare, ma il governo non accetterà che questo disegno di legge venga snaturato, o sia ridotto in polpette.
Doppio messaggio: non ci faremo mettere nel tritacarne del rinvio e nemmeno in quello delle proposte ambigue.
"La linea l'ha tracciata il presidente Monti: le discussioni con le parti sociali si fanno, e sono doverose, ma a un certo punto devono finire, e il governo deve trarre le sue conclusioni, anche se qualcuno non è d'accordo. Su questo, da parte nostra, c'è assoluta fermezza. Il fatto che il premier abbia ribadito che l'approvazione del disegno di legge avviene "salvo intese" ha un significato meramente tecnico. Vuol dire che ci riserviamo di scrivere le norme nel modo più chiaro e più completo possibile. Non vuol dire invece che su certe norme sia ancora in corso una trattativa. Non vuol dire che la discussione è ancora aperta, e che per un'altra settimana riparte la giostra, e qualcuno è ancora in tempo per salirci sopra. Il provvedimento è quello, e non cambierà fino al suo approdo in Parlamento".
Dal nostro punto di vista, di governo che avanza una proposta abbiamo finito: la apetura ora è nella disponibilità a produrre un testo che non lasci spazio a furberie, iniquità, doppie interpretazioni, … Questo vuol dire che il ruolo del Parlamento dovrà essere di approfondimento sul merito del provvedimento, sulle singole norme che dovranno essee coerenti con l'insieme del provvedimento.
"Abbiamo il massimo rispetto per il Parlamento, che valuterà il disegno di legge e deciderà se e come cambiare. Ma per quanto riguarda il governo, è chiaro che non accetteremo modifiche che snaturino il senso delle singole norme. E sull'articolo 18 il senso della nostra riforma è chiaro: nei licenziamenti per motivi economici oggettivi è previsto l'istituto dell'indennizzo, e non quello del reintegro. Si possono fare correzioni specifiche, ma questo principio-base della legge dovrà essere rispettato".
Questa è la risposta agli azzeccagarbugli che si sono esercitati nel sostenere che nel caso di lavoratore vincitore nell'acclarare che la motivazione economica era insussistente il provvedimento del governo avrebbe comunque consentito il licenziamento.
"Quanto al modello tedesco noi non scavalchiamo nessuno. Le norme scritte in una legge ordinaria si interpretano, l'articolo 18 non è scritto nella Costituzione. Il nostro provvedimento prevede espressamente che le aziende non possano ricorrere strumentalmente a licenziamenti oggettivi o economici che dissimulino altre motivazioni. In questi casi, se il lavoratore proverà la natura discriminatoria o disciplinare del licenziamento, il giudice applicherà la relativa tutela. Non solo: il presidente Monti, nella stesura definitiva del ddl, si è impegnato a evitare ogni forma di abuso in questa materia. Dunque, nessuna macelleria sociale. Non distruggiamo i diritti di nessuno".
Ma se il Governo non accetterà stravolgimenti in cosa si precisa il ruolo del Parlamento? La prima risposta è ovvia; se questo Parlamento non condivide la scelta dell'impianto può respingere il provvedimento e il Governo ha detto che in quel caso andrà a casa (e con lui andrà a casa questo sistema politico).
Se invece il Parlamento vorrà lavorare di emendamenti non stravolgenti par di capire che ci sarà tutto lo spazio. Faccio un esempio: in molti si preoccupano del rischio che la fase conciliativa che precede l'andare dal giudice possa durare ben iù della decina di giorni che si vorrebbero. Nel settore pubblico la conciliazione si può svolgere davanti al Dirigente dell'ufficio, presso l'ufficio provinciale della amministrazione o presso gli Uffici del Lavoro. Ci si preoccupa, nel caso del settore privato dell'intasamento degli uffici del Lavoro perché allo stato non esisterebbero alri luoghi. Approfondiamo e troviamoli a condizione che lavoratore e datore di lavoro rimangano gli attori principali e non si apra la greppia degli oneri agli avvocati amministrativi.
"Ai precari avremmo voluto dare di più, ma un po' d'indennità con la mini-Aspi gliel'abbiamo pur data. Tra niente e un po', le chiedo, cosa è meglio? La verità è che anche in questa riforma, come nelle altre che abbiamo fatto, abbiamo dovuto e dobbiamo tenere conto di tanti interessi contrapposti e di altrettanti opposti estremismi. In tanti, troppi dimenticano che il Paese è in grandissima difficoltà, e le risorse a disposizione sono davvero poche. Per alcuni la grande riforma del mercato del lavoro è abolire del tutto l'articolo 18, per altri è abolire tutti i contratti flessibili. Noi ci muoviamo su questo sentiero, che è molto, molto stretto".
Il decreto legge avrebbe corso il rischio di essere poco credibile (rispetto alla necessità ed urgenza) e anche eccessivamente rigido. La legge delega, come mi è già capitato do osservare avrebbe corso il rischio di un rinvio alle calende greche anche se alcuni nodi di tipo applicativo sarebbero stati affrontati con maggiore attenzione ed approfondimento.
Un decreto legge – obietta Fornero – sarebbe stato una forzatura, data la vastità dei temi contenuti nel provvedimento. Ci sono regole precise, sulla necessità ed urgenza, e le regole non possono essere bypassate. La legge delega avrebbe rischiato di avere tempi persino più lunghi del ddl. Per questo abbiamo optato per quest'ultimo strumento. Ma guai se questo venisse letto come un cedimento, che consente ai partiti di fare melina, di allungare i tempi e di annacquare la riforma. Sarebbe un disastro per l'Italia, anche sui mercati.
ore 22
Questa volta nessuno potrà accusare Elsa Fornero di fare le gaffes; dal suo viaggio verso l'Oriente Monti dichiara:
Crisi? «Rifiuterei il concetto: a noi è stato chiesto di fare un'azione nell'interesse generale. Un illustrissimo uomo politico diceva: "meglio tirare a campare che tirare le cuoia". Per noi nessuna delle due espressioni vale perché l'obiettivo è molto più ambizioso della durata ed è fare un buon lavoro».
Ovvero Monti non è un democristiano e nemmeno il portatore di chissa quali interessi e congiure. E' il portatore di un punto di vista teso a cambiare lo stato dell'Italia anche rmpendo rapporti di forza e consuetudini che il sistema paese non poteva più reggere. Non siete d'accordo? Non c'è problema. Fate voi.