questo ministro
Questo ministro mi stupì positivamente quando, appena insediato, si presentò in commissione istruzione affermando che era ora di finirla con la linea del quando si cambia maggioranza nella scuola si ricomincia da capo. Fece allora un discorso che conteneva molti elementi che indicavano la intenzione di volare alto.
Dove ha sbagliato?
Alle parole non ha fatto seguire i fatti. Non ho polemizzato con lei sulla questione dei tagli. Magari sono stati fatti male ma erano doverosi. La mia è una critica di insufficiente capacità riformatrice, di attenzione ai princìpi e di scarsa attenzione alla sostanza, alla applicazione delle cose.
Un ministro i collaboratori se li sceglie. Da cosa dipende il fatto che al MIUR c'è un solo sottosegretario (Pizza) e per di più messo lì come atto di riconoscenza per non aver fatto saltare le elezioni per una questione di simbolo (chi è il titolare del simbolo della DC?). Gelmini governa da sola un ministero che spazia dalla ricerca, all'università, alla scuola. Si prendono i provvedimenti e poi, regolarmente, si scopre che "il re è nudo" in sede di applicazione: ritardi, mancata emanazione di provvedimenti ministeriali, errori di gestione.
Sulla questione del tunnel per neutrini, gaffe immateriale di non grande valore ma che ha pesato, colpa dell'addetto stampa. Sugli errori nei quesiti del concorso a DS dice: ""La commissione che li ha prodotti non l'ho nominata io. Sono errori gravi, non mi capacito. Gli autori non saranno retribuiti e l'agenzia che li ha scelti sta valutando se chiedere i danni". Ministro, a chi li chiediamo i danni per la demotivazione dei candidati più seri a cui stanno girando le scatole ancor prima che il concorso incominci?
Io sto nella Istruzione Tecnica, ho appena cambiato regione, e ho scoperto che la riforma epocale è stata vissuta come un puro adempimento formale. Lo dico seriamente: dopo Berlinguer non ho più visto ministri della Istruzione che, senza pretendere di occuparsi di tutto, avevano ben chiaro che il processo di riordino implicava occuparsi di tante cose (ordinamenti, minisero, uffici decentrati, docenti, reclutamento, merito, valutazione, …) e che ciò implicava mettere in moto riforme che viaggiassero in parallelo e avessero uno scadenziario preciso.
Non mi deprimo, abbasso la testa e applico la linea dell'avanti tutta perchè nella scuola del cambiamento ci credo.
Adesso vengono di moda i moti studenteschi e tutti si chiedono se gli studenti abbiano ragione. Erano tanti? Diciamo che erano tantini, ma diciamo anche che dovremmo evitare di farci sommergere dai riti. Il problema della scuola italiana non sono nè le manifestazioni e nemmeno i tagli ma piuttosto la lentezza, l'elefantiasi, la mancanza di un indirizzo, il fatto che, in apparenza, tutto cambia, ma in realtà cambia ben poco.
Per cambiare la scuola non bastano nè gli annunci, nè le bozze di provvedimenti. Servono atti di governo e successivi atti di amministrazione. Un po' più di acqua cheta, quella cheta che però, nel tempo consuma le pietre.