allibito 3 – ma non ci sarà il 4
Dopo il PDL romano, fuori anche la lista di appoggio a Formigoni in Lombardia. Questa volta ci sono 514 firme irregolari (mancanze su bolli, autentiche, date di sottoscrizione). La situazione è meno grave che in Lazio perché si tratta della lista di appoggio al presidente e non delle liste di partito.Quelle di appoggio al candidato Presidente servono a drenare i voti antipartito, a far eleggere uomini di fiducia e tecnici estranei agli apparati e a mangiare voti allo schieramento avverso quando il candidato presidente è forte e credibile (è il caso di Formigoni). Dunque la vicenda Lombardia è meno grave del caso Lazio ma 5 + 1 fa comunque 9 (gravità 5 PDL romano, gravità 1 lista Formigoni, somma 9 anziché 6 per la recidiva).
I radicali hanno fatto il loro lavoro di guardiani della legalità: sono rimasti fuori in Lombardia dopo non essere riusciti a raccogliere le 3500 firme necessarie e allora hanno deciso di andare a guardare in casa d’altri e hanno svelato quello che sanno tutti: da molti anni la raccolta firme è una buffonata.
I partiti si occupano di limare le liste fino alla fine, sicuri di farcela con la raccolta. Come scriveva già ieri Civati, quelle di Formigoni sono state raccolte teoricamente in 36 ore. In realtà, probabilmente, sono state raccolte in anticipo, come accade molto spesso, mettendo firme su moduli in bianco e incaricando qualcuno di occuparsene.
A liste chiuse si mettono i nomi dei candidati, le date, i timbri e le firme di autentica; c’è sempre qualcosa non a posto e per questo si raccolgono sempre firme in più in modo di mettere la lista in sicurezza. Di solito il controllo è superficiale; ma se c’è un ricorso le cose cambiano e la corte d’Appello deve prendere in mano i moduli uno per uno e l’imbroglio salta agli occhi perché le distrazioni ci sono sempre quando si lavora in fretta.
E’ capitato anche alla lista Penati; ma questa volta le quasi 200 firme non valide non sono bastate per scendere sotto quota 3’500 e dunque la lista di appoggio a Penati ci sarà.
Siamo di fronte all’ennesimo caso destinato ad aumentare sfiducia dei cittadini verso la politica: la casa non è nè bianca nè di vetro. Siamo di fronte alla prova provata della incapacità del ceto politico di ragionare sulle regole in una logica che non sia quella del pollaio.
Avete ascoltato le chiacchiere da bar sulla modifica della legge sul voto degli italiani all’estero? Lo sapevano anche prima, ma adesso c’è uno che racconta come si raccattava il voto per corrispondenza in quartieri in cui l’interessato aveva schifo ad entrare. Vogliamo scommettere che da domani qualche politico di spicco proporrà di affrontare il problema delle liste e della raccolta delle firme come ha fatto il senatore Schifani sul caso Di Girolamo.
Come dicevo ieri servirebbe il ritorno alla selezione della classe politica: gavetta, risultati, formazione, gavetta, risultati, esperienza, …
Per l’immediato mi piacerebbe che la questione del Lazio venisse risolta; ma, ne tengano conto tutti, non si possono cambiare le regole a partita già iniziata; a meno che tutti, ma proprio tutti, facciano un passo indietro e questo mi sembra improbabile. Il risultato sarà una regione Lazio che esce dal fallimento (anche contabile) di Storace, dalle bugie e debolezze del caso Marrazzo e rischia di avere un Presidente (di centro destra o di centro sinistra) eletto in condizione di candidato dimezzato.