Gli opportunisti d’Europa
Dopo anni di trattative il Parlamento Europeo ha approvato a grande maggioranza (con 359 voti favorevoli, 166 contrari e 61 astensioni) le nuove regole sul Patto di Stabilità cioè le regole che l’Europa impone ai paesi membri in ordine alle politiche di bilancio per evitare che il deficit vada fuori controllo e per imporre dei piani di rientro. Le regole erano state congelate nel 2020 per effetto della pandemia e vanno ora rimesse in essere.
Artefice di questo piano è stato il commissario europeo alla economia Paolo Gentiloni, esponente di primo piano del PD, già Presidente del Consiglio, riformista di lunga data. Lo ricordo ai tempi della segreteria Renzi per i suoi interventi alle riunioni di direzione, interventi sempre molto pacati ma contemporaneamente incisivi. Non menava mai il can per l’aia e per questa ragione era molto ascoltato.
Le trattative sono state lunghe e, nell’ultimo anno, le hanno condotte direttamente il ministro Giorgetti (Lega) e il capo del governo Giorgia Meloni. Entrambi, in più occasioni, si sono vantati di aver migliorato il progetto originale. Caro lei, ora ci siamo noi. Il parametro massimo previsto in Europa, per il quale si applicano misure graduali, ma stringenti, di riduzione è del 5% ma proprio in questi giorni si è acclarato che per il 2023 tale deficit è stato del 7,3% (grazie allo scellerato bonus del 110% voluto da Conte e dalla banda degli sfascia bilanci).
Attenzione il deficit di bilancio è il rapporto percentuale tra la differenza tra spese ed entrate e il prodotto interno lordo. L’Italia da anni è in deficit e il debiti pubblico continua ad aumentare. Se non ricordo male solo i governi Prodi riuscirono a ridurlo (parlo del debito pubblico). Ora non solo non ci si pone tale obiettivo ma si considera iniquo il contenimento del disavanzo al di sotto del 5%.
E’ andata in questo modo: è partita lancia in resta la Lega, che si è astenuta invece di votare contro solo perché le trattative le aveva condotte il suo numero due Giorgetti (l’eterno secondo). A questo punto Forza Italia, competitor della Lega per il secondo posto nel centro destra, si è incredibilmente accodata e ha deciso di astenersi con dichiarazione del suo attuale leader e ministro degli Esteri fregandosene del voto compatto dei popolari europei.
Fratelli d’Italia, che viene da una storia euroscettica e la cui leader, oltre che capo del governo, presiede il gruppo dei conservatori e riformisti europei, ha dovuto cambiare linea e dopo aver contribuito a costruire in maniera determinante il compromesso proposto da Gentiloni, ed essersene vantata pubblicamente, ha innestato la retromarcia e dato la indicazione di astenersi. Il gruppo europeo si è spaccato e gli spagnoli e i polacchi hanno votato a favore.
Qualcosa di analogo è accaduto tra i socialisti europei che insieme ai popolari stanno nella cabina di regia dell’Europa. Il gruppo ha votato a favore, gli europarlamentari del PD, erano per questa posizione, ma Elly Schlein e il partito romano hanno dato la indicazione di astensione (e se non fosse stato per il partito europeo e per Gentiloni avrebbero votato contro).
Stessa solfa per Renew Europe, per quel poco che conta in Italia, Nicola Danti segretario regionale toscano di Italia Viva, si è astenuto (e io me ne ricorderò l’8 e 9 giugno), mentre ha votato a favore Sandro Gozzi ex PD dei tempi di Renzi, ma ora parlamentare europeo eletto in Francia con Macron.
Tutti gli astensionisti raccontana la balla che ci sarà modo con nuove trattative di migliorare il patto di stabilità. E l’ottimo Gentiloni, con il suo aplomb, ha ironizzato e affermato che siamo riusciti a mettere d’accordo l’Italia.
Velo pietoso sui contrari che si sa, sono per la spesa incontrollata, e hanno votato contro: Sinistra Italiana, Verdi e 5 stelle. Conte, maggior artefice degli sforamenti nel deficit di bilancio, ha chiesto la testa di Giorgetti. Complimenti.
Che dire? L’Italia ha fatto in Europa l’ennesima pessima figura motivata non dalla visione di Europa e nemmeno dall’interesse nazionale (a meno che si pensi che dobbiamo finire come la Grcia di qualche anno fa), ma esclusivamente da interesse di bottega in vista delle elezioni. Si aggiunga quanto ha ripetutamente affermato Prodi in questi giorni: se ti metti in lista lo fai per farti eleggere e poi in Europa ci vai. Prodi ha parlato nel deserto.
Se non erro l’unico che su questo punto è stato coerente sin dall’inizio è stato il leader di Azione Calenda che si è dichiarato contrario a mettere nelle liste i leader di partito già parlamentari italiani. Peccato però che, dopo essere stato eletto in maniera plebiscitaria parlamentare europeo nel 2019, si sia prevalentemente occupato poi di politica italiana fino a dimettersi nel 2022 per fare il parlamentare italiano. E che dire di Renzi che prima aveva dichiarato che era disponibile a fare il capolista in tutte le circoscrizioni (quando sembrava che Italia Viva si presentasse da sola) e si è convertito alla linea opposta dopo l’accordo elettorale con + Europa.
Insomma, e vale per tutti: le politiche di bilancio sono una cosa seria, il parlamento europeo è una cosa seria. Fare scelte sulle politiche di bilancio in base a beghe di cortile e pensando di prendere l’1% in più è roba da miserabili.