prima Gelmini poi Moratti
Si tratta di due persone lombarde che hanno retto con capacità il ministero della Istruzione proprio negli anni della mia riconversione da docente impegnato sul versante della razionalità scientifica al primo concorso per Dirigente Scolastico e dunque ad un cambio di prospettiva e di ottica lavorativa. Moratti è arrivata dopo l'era Berlinguer e ne ha ereditato la parziale riforma della scuola occupandosi della emanazione di numerosi decreti legislativi, tra cui l'ultimo (giunto a fine mandato) dedicato alla scuola superiore dai contenuti molto innovativi sul terreno pedagogico ed ordinamentale (personalizzazione dei percorsi, superamento dello schema 2+3 a favore di 2+2+1 con l'ultimo anno dedicato all'orientamento professionalizzante, al tirare le somme, e a percorsi didattici più liberi).
Dopo Moratti è arrivata Maria Stella Gelmini, odiatisssima nel mondo della sinistra perché si trovò ad applicare al mondo della scuola i tagli decisi dal ministro dell'Economia Tremonti. Ma della sua esperienza ministeriale ricordo il dpr regolamento sulla valutazione, la riforma della istruzione tecnica fondata sulla didattica per competenze, l'avvio della alternanza scuola-lavoro.
In buona sostanza si è trattato di due gestioni del ministero della Istruzione che, pur nell'ambito della rottura politica determinata dall'avvento di maggioranze di centro-destra, si sono mosse nell'ambito dei processi di riforma avviati da Berlinguer (e in parte da Fioroni) e, secondo me, si è trattato degli ultimi ministri/e all'altezza del ruolo prima della comparsa sulla scena di figure di serie B. In negativo, durante la loro gestione, ma non per colpa loro, è stato portato a termine il deponziamento del regolamento sulla autonomia delle istituzioni scoilastiche con la mancata concessione della autonomia amministrativa e delle politiche di gestione del personale, un regolamento che faceva paura ai conservatori di tutti gli schieramenti.
Sul mio sito vi segnalo numerosi articoli che ho scritto in quegli anni e che vi invito a rileggere (vi segnalo quelli utili a capire cosa avvenne):
Gelmini, una Stella, tra stile e titubanza – giugno 2008
Valutare … valutare la condotta – regolamento della valutazione – marzo 2009
Non sarà epocale ma c'è – 12 febbraio 2010
Dunque queste due ministre, proprio sul tema della governabilità hanno rotto con il loro schieramento di appartenenza: prima Maria Stella Gelmini contraria ad interrompere la esperienza del governo Draghi ed approdata nelle file di Azione dove fa la vice di Calenda e ora Letizia Brichetto Moratti che ha rotto con la giunta e la Lega di Attilio Fontana su due questioni: il reintegro dei medici novax (era assessore alla Sanità chiamata a far uscire la Lombardia dai pasticci della accoppiata Gallera Sala) e il suo avvento a candidata alla Presidenza della Regione (ipotesi avanzata e condivisa nel centro-destra nel momento di minima credibilità diu Attilio Fontana).
Il curriculum politico-professionale della Moratti (tra i sostenitori con il marito della comunità di San Patrignano) in estrema sinstesi è il seguente:
- 94-96 presidente RAI
- 98-2010 incarichi vari nel mondo della comunicazione e della finanza
- 19-20 presidente UBI Banca
- 01-06 ministro dell'Istruzione
- 06-11 Sindaco di Milano poi consigliere di opposizione e nel 2011 dimissioni dal Popolo della LIbertà
- 21-22 vicepresidente e assessore al Welfare Regione Lombardia
Arrivo così al nocciolo della questione posto in maniera lucida da Renzi ma anche da esponenti di area riformista dentro il PD: bisogna sedersi intorno ad un tavolo e discutere con tutti gli interessati (inclusa Moratti) di quale sia la candidatura migliore per battere la Lega orientata a riproporre Attilio Fontana perché è chiaro che in una Regione come la Lombardia si vince o si perde con onore solo se ci si mette in una prospettiva di centro che sappia parlare agli imprenditori ma anche al popolino produttivo e concreto.
Le reazioni sono state le più diverse: mettiamo Cottarelli (reduce da una sonora sconfitta alle politiche), mettiamo Gori (già sconfitto la volta prima), stiamo a vedere, facciamo le primarie, se mettono la Moratti non la voto e non voterò più il PD, … Tutte cose già viste e sentite per chi ha seguito le strategie del centro-sinistra sulla Lombardia. Ricordate Diego Masi? Ricordate Mino Martinazzoli?
E' dai tempi di Fiorella Ghilardotti (presidente dal 92 al 94) che lo schieramento progressista non tocca palla in Regione: nascita di Forza Italia, epoca Formigoni (CL e polo della LIbertà), avvento della Lega. Regione Lombardia che un tempo era contendibile è diventata una specie di buco nero per lo schieramento progressista che riesce a competere nelle grandi città e in qualche pezzo di provincia ma è poi assolutamente impotente quando si tirano le somme sulla intera regione, spesso con risultati inferiori ai dati delle politiche e molto al di sotto di quelli delle amministrative, anche perché sui territori, in particolare in alcune province, la Lega c'è ed è credibile.
Io sono fuori dalla politica da molto tempo ma una cosa mi è chiara: quando l'avversario subisce una divisione grave bisogna lavorare per approfondire il solco. Aggiungo una seconda considerazione: se il centro e la sinistra non si mettono ad occuparsi seriamente di questione settentrionale non se ne uscirà. Dietro il consenso dapprima a Forza Italia e poi alla Lega c'è la adesione ad uno stile di vita, ad un modo di produrre, alla concretezza dell'artigiano che si fa imprenditore.
Non è detto che ce la si faccia ma almeno si eviti di chiudere ogni possibilità prima ancora di incominciare.