La Russa, Fontana, Zan, …
Sono stati eletti i Presidenti del Senato (Ignazio La Russa) e della Camera (Lorenzo Fontana) e nella prossima settimana verranno eletti i vicepresidenti secondo lo schema consolidato della metà alla maggioranza e metà alla minoranza. Seguiranno i questori e i presidenti di commissione, tutti posti ambiti, di potere politico rispetto ai lavori del Parlamento e di potere pratico in termini di privilegi e prebende.
La scelta di La Russa da parte di Giorgia Meloni ha un molteplice significato: assegnare ai suoi la seconda carica dello stato (in alternativa al leghista Calderoli, di pari esperienza), proporre un candidato di provata esperienza e capacità (inclusa la conduzione dei lavori d'aula), togliere una presenza ingombrante e di scarso rinnovamento dalla lista dei ministri, riconoscere un ruolo di continuità nel progetto da lei realizzato.
Si tratta della versione di destra del tema delle radici ben presente in ogni forza politica e che nel PCI si condensava nello slogan veniamo da lontano e andremo lontano.
Berlusconi ha tentato il braccio di ferro sulla questione dei ministri, ha perso aiutato dalla scelta delle opposizioni di votare scheda bianca con l'ovvio strascico dei franchi tiratori, e Giorgia Meloni, dileggiando il malfermo foglietto di appunti di Berlusconi (supponente, prepotente, arrogante e offensiva) ha potuto osservare, forte della vittoria, che mancava una quinta dote: non mi faccio ricattare e se ne vedrà il significato nella scelta dei nomi dei senatori ministri che andrà a proporre.
Mi è già capitato di osservare, prima delle elezioni, che consideravo e considero sbagliata e disumana la scelta dell'establishment di Forza Italia di continuare ad esibire una sorta di morto che cammina con tanto di badante ufficiale e di badanti vari che lo portano in giro come si può osservare dal video relativo a Berlusconi che vota. Lo trovate su You Tube.
Voglio ritornare sulla scelta di Ignazio Benito. Si tratta sicuramente di un nostalgico della generazione dei neofascisti degli anni 60/70 dotato di una sua personalità, di alcune peculiarità da ribelle, come quella di chiamare Geronimo, Apache e Cochis i tre figli. Dal pollaio di Rauti e Almirante vennero fuori, Gianfranco Fini, il più deciso sul versante della rottura con il passato, Gianni Alemanno e Francesco Storace (nei secoli fedeli alla fiamma-fascio), Maurizio Gasparri (che nel momento della fine del Popolo della LIbertà passò a Forza Italia) e infine Ignazio La Russa, deciso sia mantenere la fiamma sia ad agevolare lo sdoganamento dei post-fascisti cui aspiravano tutti. E' stato così che Ignazio Benito, insieme a Giorgia Meloni e ad un transfuga liberale-anomalo come Guido Crosetto ha fondato Fratelli d'Italia e iniziato la lunga marcia della opposizione coerente che ha portato un partito del 3-4% a diventare il primo partito italiano.
Aggiungo un ultimo elemento che può aver fattto pesare il piatto della bilancia a favore di La Russa versus Calderoli: la maggioranza in Senato è la meno forte e prima o poi le contraddizioni con Lega e Forza Italia si inaspriranno. Serviva dunque a Giorgia Meloni un riferimento sicuro e affidabile.
Su Lorenzo Fontana ho poco da dire: culturalmente reazionario, scelto da Salvini in alternativa all'altro giovane Molinari, forse più adatto al ruolo ma su cui sembrerebbe aver pesato un veto legato a piccole pendenze giudiziarie. Dopo l'incidente del Senato le minoranze hanno votato i loro candidati di bandiera ma, mentre al Senato La Russa ha avuto 18 o 19 voti dalle file della opposizione (che hanno compensato l'astensione di Forza Italia), a Fontana ne sono mancati quasi altrettanti dalla maggioranza (espressioni di qualche mal di pancia sulla persona e nei confronti di Salvini).
Il neo presidente ha fatto un discorso di insediamento aperto, omettendo riferimenti ai suoi predenti imbarazzanti.
Staremo a vedere, resta il fatto che non ha esperienza e spero che possa godere di un consiglio di presidenza in cui i 4 vice siano persone di buon senso, equilibrio ed esperienza. Lo spero davvero anche se lo striscione esibito da Zan e la simultanea fuga di notizie che lo vorrebbero a quel ruolo da parte delle correnti-Sandokan del PD mi fanno temere che si vada ad una scelta di ripicca: loro hanno messo quello contro i diritti e noi ci mettiamo quello del movimento LGBT. Confido nella presenza nel PD di dirigenti di lungo corso e nei buoni consigli che potrebbero venire da Pierferdinando Casini uno dei migliori presidenti della camera del dopoguerra, non in quelli di Laura Boldrini.