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Memorie di un rivoluzionario – di Victor Serge (2) recensione — 4 commenti

  1. 1. Quella di Kronstadt fu una tragedia e come tale va ripensata. Io ho cercato di farlo qui: http://www.poliscritture.it/2018/08/26/trockij-kronstadt-e-la-violenza-politica/?fbclid=IwAR0Kaf3IRZTjRKBBMaMBcBDLQo9jTRh0E3m02Vph435YWWPz71xBMuX8z6U
    2. Sul libro di Serge hanno riflettuto varie generazioni di comunisti, socialisti e anarchici. Non salterei con facile disinvoltura la discriminante tra leninismo e stalinismo. Non solo per ossequio al marxismo critico di intellettuali come Cortesi, Fortini, Masi (per dirne alcuni) che comunisti “speciali” (o “libertari”, come Serge) restarono per tutta la vita. Ma perché, se non ci fu «una fase aurea, governata da Lenin in coppia con Trockij» e poi «una successiva fase degenerata dovuta alla presa del potere da parte di Stalin», come tu scrivi, durante la prima il tentativo di evitare altre tragedie come quella di Kronstadt ci fu, ad esempio con la NEP (e tu stesso lo ricordi: «La richiesta degli ammutinati riguarda questioni che troveranno soluzione solo con la svolta della NEP») e il Partito allora non era ancora *legibus solutus* come annotò Cortesi nella sua “Storia del comunismo”
    ( Cfr. gli stralci che ho riportato nell’articolo da me citato al punto 1. E in particolare questo: «Johnstone, che ha seguito le fasi del pensiero di Lenin in chiave di progressivo allontanamento da Stato e rivoluzione, sembra vedere in questa decisa dichiarazione un atto risolutivo”. Ma non abbiamo né lì né altrove una diversa teorica dello Stato proletario, ed è arbitrario interpretare quell’”attraverso il partito” come il ristabilimento di un primato e di un protagonismo diretto del partito nell’intero processo. “Attraverso il partito” non significa dittatura del Partito sul proletariato. La dittatura proletaria non è legibus soluta, “assoluta”; tale diventerà con Stalin alla fine degli anni ’20, ma con netta violazione non solo dei principi teorici del leninismo, ma della sua prassi dei rapporti politici interni, anche se non si può sottovalutare, e Lenin non sottovalutò, che quello che avvenne intorno al X Congresso segna il punto di massimo allontanamento dal modello».
    3. Mi pare che l’affermazione «Il totalitarismo è in noi» ha echi cattolici. Potrebbe – non lo dico per sbeffeggiare – essere una variante di “Il peccato è in noi”. Tu la usi per correggere l’”errore” del «pensiero bolscevico» che partirebbe «dal presupposto di possedere la verità». E dimentichi, però, che la “verità” per Marx o per Lenin era un dato scientifico e storico, quindi mutevole, trasformabile. Il mio timore è che accusare il pensiero scientifico marxista di “totalitarismo” conduca alla rinuncia di qualsiasi politica fondata su “verità” etiche o scientifiche, che possono sempre essere accusate di essere “totalitarie”. E allora come si fa a contrastare un assetto sociale non giustificabile RAZIONALMENTE? Non lo puoi fare né come rivoluzionario né come riformista. Perché, appunto, non bisogna essere “totalitari”, non bisogna credere di “possedere la verità”. E allora che puoi fare? Puoi solo o soprattutto dubitare. E col dubbio puoi al massimo fare opposizione al potere esistente ma non pretendere di sostituirlo con un potere almeno più razionale. Senza avere un’”altra verità” (un’altra ragione) lasci il potere a chi ce l’ha e l’usa. E, guarda un po’, l’usa sempre senza avere dubbi o appunto pretendendo di “possedere la verità”. Il dubbio è impolitico o apolitico, produce scetticismo e relativismo (anche nel caso si avesse un progetto riformista e non rivoluzionario). Conseguenza: il potere non viene trasformato. È la stagnazione del pensiero (e della politica) in cui oggi ci troviamo. Che significa sottomissione all’ unica verità indiscutibile: quella del capitalismo che non ha più alternative.
    4. Giustamente scrivi:« Serge è un umanista rivoluzionario, uno che crede alla politica come strumento per cambiare il mondo, uno che non chiude gli occhi, uno che non ha paura anche dopo 40 anni di disavventure, uno che non molla». Ma Serge in quanto anarchico, vede lucidamente la questione della violenza del Potere e ama i «Diritti dell’Uomo», ma non considera o conosce approssimativamente il pensiero di Marx. Eppure Marx ha mostrato quali sono i veri ostacoli alla realizzazione dei diritti dell’uomo. Ostacoli che i bolscevichi cercarono di smantellare senza riuscirci. È un limite della visione di Serge, anche se per me ha il merito di non essere diventato un anticomunista e di aver riconosciuto che quella era la strada giusta, anche se poi è stata sbarrata non solo dai nemici dell’umanità ma dagli stessi che si dicevano comunisti. Sostituire Marx con Serge sarebbe un errore. Come è un errore ridicolizzare i marxisti scolastici, scrivendo « Ma come? Non parla del plusvalore. Ma come? Non parla della contraddizione insanabile tra rapporti di produzione capitalisti e sviluppo delle forze produttive. Ma come? Sembra, alla fine rinnegare il comunismo» e buttando il solito bambino (Marx) con l’acqua sporca.
    5. Condivido l’entusiasmo e la sofferenza con cui oggi leggi il libro di Serge. Ci sono – fatte le debite differenze – varie analogie con le nostre esperienze di militanti che stanno riemergendo nella discussione in corso sulla «Storia di Avanguardia Operaia».

    • Caro Ennio poni in maniera dubitativa una serie di questioni serie su alcune delle quali io non ho le idee chiarissime anche perché da molti anni ho abbandonato l'idea che si debba partire da un sistema teorico che giustifichi il nostro agire e poi agire. Su questo punto sono d'accordo con Furio Petrossi quando scrive "La Storia dobbiamo faticosamente costruirla, adoperando strumenti teorici via via mutevoli e mai onnicomprensivi.". Siamo entrambi dei fisici ed entrambi appassionati di scuola. Non so se si tratti di relativismo anche perché questa parola viene usata dalle diverse persone con significati diversi. Io non ho paura di cose come, verità provvisoria, imparare dagli errori, rifiuto di una visione della storia come un processo governato da principi superiori o dagli iunteressi di una classe.

      Mi interessava sottolineare nella recensione:

      1) che Serge individua nel leninismo così come si è evoluto per far fronte ai problemi della guerra civile una delle cause delle successive degenerazioni (non parlo solo di Kronstadt ma anche della Ceka).

      2) Dal 1918 in poi è stato un susseguirsi di slittamenti verso il partito unico, incapacità di coinvolgere forze diverse dai bolscevichi, progressivo strangolamento delle libertà sia in ambito culturale, sia politico, sia pratico 

      3) penso che i progetti politici di tipo finalistico abbiano tutti dentro di sé un pesante rischio di tipo totalitario

      4) le domande retoriche che ho messo nella introduzione su Facebook non volevano ridicoilizzare nessuno, volevano solo sottolineare che "le memorie" sono un racconto di vita e non un'opera di teoria politica

      5) leggo da articoli di Bidussa che vale la pena leggere i Carnets (le annotazioni dal 40 al 47) e "la rivoluzione russa" uscito quest'anno in cui Serge precisa i suoi punti di vista. Lo farò.

      6) Per quanto riguarda la discussione su AO resto stupito del fatto che in un contesto in cui si è dimostrato che abbiamo svolto una funzione positiva, ma avevamo torto sul progetto, si metta così tanta enfasi sulla contionuità Avanguardia Operaia Democrazia Proletaria.

      Ieri sera quando ho sentito Calamida affermare che se in Italia non c'è il nucleare (ammesso che sia un bene) o c'è stato lo statuto dei lavoratori è merito di DP e di AO mi è venuto da pensare al delirio di onnipotenza. Nella fase finale della discussione, arrivati al riconoscimento che il proletariato come classe non c'è più e che bisogna riferirsi ai produttori e alla rivoluzione nel modio di produrre (Lanzone, Bersani) mi è venuto da pensare criticamente al fatto che molti di noi, accanto a Degli Antoni (Biorcio, Oskian, Bertoni, Cereda, Marini, De Michelis, Lanzarone…) ragionavano nel 69-75 di cose che ora sono al centro della attenzione della politica ma, in politica, masticavano poi quattro stupidaggini sulla lotta alla selezione.

      E visto che siamo finiti su AO, se quelli che la sapevano lunga perché venbivano da anni di esperienze politiche, ci avessero fatto ragionare un po' di più sulla rivoluzione bolscevica, sullo stato democratico con le sue articolazioni e su Gramsci, magari avremmo corso il rischio di dividerci prima, ma probabilmente avremmo dato qualche contributo in più alla storia della sinistra italiana.

       

       

       

  2. Questa è la introduzione all'articolo che ho pubblicato su Facebook

    Questo libro per un verso mi ha entusiasmato e per l'altro mi ha fatto soffrire perché rappresenta una elencazione sistematica e basata sulla esperienza degli errori da non ripetere a proposito di rispetto dell'uomo, difesa della verità e difesa del pensiero. Certo un libro scritto tra il 1941 e il 1942 non può contenere i problemi che abbiamo incontrato negli ultimi 70 anni e tantomeno le soluzioni, ma ci indica comunque una prospettiva.
    Le parti secondo me più efficaci, oltre alle riflessioni in coda agli avvenimenti sono le descrizioni dei personaggi e Serge ne ha conosciuti e raccontati tanti.
    Ma come? Non parla del plusvalore.
    Ma come? Non parla della contraddizione insanabile tra rapporti di produzione capitalisti e sviluppo delle forze produttive.
    Ma come? Sembra, alla fine rinnegare il comunismo. E' vero, lo fa con riferimento alla esperienza tentata e fallita più importante. Ci dice: attenzione a non commettere l'errore di percorrere le vie che ci sembrano più semplici con la scusa della emergenza o dello stato di necessità. Ma non rinuncia alla battaglia per mettere in piedi un mondo più giusto e più umano. E questo è quello che conta.

    • "Ma come? Non parla del plusvalore". Anch'io ne ero rimasto ingannato. Hanno cercato di farmi leggere Schumpeter per convincermi che questo concetto era fuorviante. Alla fine ho rifiutato l'intero impianto teorico di Marx. Ho abbandonato le "cesure epistemologiche" di Althusser. La Storia non è scienza. Meglio così, non ci sono "contraddizioni insanabili", anche se lo possono diventare, niente Diamat. La Storia dobbiamo faticosamente costruirla, adoperando strumenti teorici via via mutevoli e mai onnicomprensivi.

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