pensare e agire – di Bruno Petrucci
Forse è arrivato davvero il meteorite.
Fino ad un anno fa il pericolo più grave che correvamo era quello di una crescita del riscaldamento globale (la CO2 immessa in atmosfera pare che non si disperda in meno di 100 anni) progressivo che avrebbe potuto snaturare talmente l’ambiente terrestre da creare condizioni ostili alla vita stessa, la nostra, quella del mondo animale, forse anche di quello vegetale.
Ma è un processo (che si ritiene sia) molto lento: decenni, forse secoli. E di fronte alla possibilità che tocchi ad altre generazioni, abbiamo sempre uno spazio (meschino) per pensare che i pronipoti e la tecnologia possano fare ciò di cui non siamo stati capaci. E tra l’ignoranza di popoli che continuano a riprodursi come se ci fossero ancora grandi praterie da conquistare e coltivare, e la nostra conoscenza che ritrosamente si barrica dietro il complottismo e le verità (falsità) nascoste ci siamo concessi e ci concediamo di marciare verso la catastrofe futura.
Poi compare questo grumo di vita, che non si sa bene come definire, che come un esercito di mostri, inarrestabile, ha un unico obiettivo: riprodursi. E riproducendosi ci ammazza. Ma, verrebbe da pensare, malignamente, non ammazza tutti, solo i più fragili, i compromessi, quelli che già sono alla fine della lunga marcia e pochi misteriosi giovani con un patrimonio genetico “adatto”. E quindi ci frega, perché la stragrande maggioranza dei giovani e degli adulti non ancora anziani si lascia attraversare dal virus senza conseguenze e se la morte non la tocchi con le tue mani non ci pensi e anche se ci pensi l’energia che hai dentro è più forte della tua intelligenza.
Bene, fin qui nulla d’irreparabile. Nel peggiore dei casi ci sarà una purificazione, un ritorno ad un mondo di giovani che avranno più chances di lavoro, meno bisogno di ospedali, meno pensioni da erogare, più energia e meno freni per dare una bella spinta alla ruota che rischia di bloccarsi. Sarà un prezzo duro da pagare, perché ci saranno ospedali intasati, sanitari in rivolta ed alla fine tanta gente che muore fuori dai riflettori nelle proprie case.
D’altronde se proviamo a bloccare la pandemia con il lock down moriremo di fame, perché abbiamo costruito una società-disneyland che si basa sul divertimento, sulle vacanze, sulle nuove generazioni che devono fare meno lavoro manuale di quanto accadesse nel mondo precedente e ci siamo riempiti di bar, ristoranti, alberghi, discoteche, crociere, che producono reddito, salari, proventi e utili che permettono alle gente di mangiare (divertirsi) e vivere. E se blocchi il turismo vanno in crisi le compagnie aree, quelle ferroviarie e quelle dei trasporti. Ma vanno in crisi anche grandi aziende che costruiscono navi, aerei, auto e quindi meno acciaio, meno legno, meno pesca, meno agricoltura, meno petrolio (beh, era ora).
Poi sbuca incredibilmente dopo solo un anno dall’inizio un vaccino, due, anzi tre, dieci, cento. Però che funzionino davvero sono per ora solo due, forse tre con Astra-Zeneca. Dei cinesi e dei russi si sa poco, si dice che non si sa che copertura garantiscano. E comunque tutti i politici, ma anche i virologi, si affannano a dire che è la luce in fondo al tunnel.
Ma il tunnel è lungo davvero. E mentre stiamo a discutere se rendere obbligatorio il vaccino per tutti gli operatori sanitari, Biontech-Pfizer, il vaccino più innovativo ed efficace, subisce un improvviso rallentamento nella produzione. E Astra-Zeneca, quasi invidiosa, alza il ditino e dice anch’io, anch’io. Non sappiamo bene che succede, se ci sono reali problemi di produzione o di egoistico accaparramento, come accadde per le mascherine, i respiratori ecc.
Si rallenta in Europa, però negli USA si accelera, chi ha fatto la prima dose rischia di vedere allontanarsi il richiamo indefinitamente e si rischia di offrire spazio al virus. Che intanto, come ci si aspettava ha preso a mutare ed ha costruito varianti più aggressive, non direttamente più letali ma indirettamente sì, perché più gente contagi più aumenterà il numero di morti. E’ la vendetta dell’entropia: l’universo si disorganizza.
C’è da pensare che noi in Italia ce la caveremo, visto che il caos è il nostro habitat naturale. Più cerchiamo di contenere l’energia più essa si ribella. E quindi? Ma sì, lasciateci morire in pace e riapriamo bar e ristoranti e hotel e treni e aerei e traghetti e navi da crociera. L’importante è che non sia lasciata una scappatoia al virus: quella di mutare e diventare più letale anche per i giovani e gli adulti sani, perché in quel caso al meteorite non si sfugge. E comunque prima che finisca la “semplificazione” e tutto riprenda come prima ce ne vorrà di tempo.
E in quel tempo ci sarà comunque una massa di disperati che cercherà di sfuggire alla fame, alla disoccupazione e forse si arriverà alle cannonate sui barconi, visto che stiamo già cercando di sterminare per assideramento nella ex Yugoslavia migliaia di poveracci che non possono andare più né avanti né indietro, ma solo congelare nella neve.
Il mondo sta arrivando ad un check point che non può evitare: o riscopriamo la nostra umanità, il nostro essere umani, che vuol dire vedere l’umanità, l’essere umani degli altri oppure ci rinchiudiamo nelle nostre cittadelle infette, uccidiamo per sopravvivere e torniamo alla barbarie. Sì, lo so sembra che io sia uscito di senno, ma davvero questo virus sta cambiando il nostro modo di essere umani e dovremo farci i conti e qualunque sarà la soluzione che la realtà troverà, il prezzo da pagare sarà altissimo. E intanto quei poveracci marciscono nella neve nell’indifferenza di tutti e questo non è pessimismo, è realtà.