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la “coscienza enorme” (Marx) – di Giovanni Cominelli — 14 commenti

  1. La mia cultura è debole sul versante filosofico e devo dire che certe disquisizioni non mi appassionano (mi riferisco a quelle che, già nella terminologia utilizzata, vengono dall'idealismo).
    Ho però cercate di leggere e capire (vedi l'intervista di oltre un'ora che ho linkato nel commento precedente) e le cose che ho capito, non ancora citate nella discussione, sono queste:

    1) Il libro è la riedizione di una cosa che Màdera ha scritto nel 1976 quando ha tirato la riga sopra 8 anni di impegno totale (dalle 5 di mattina alle 2 di notte dice lui). Il Gruppo Gramsci dopo una serie di oscillazioni si scioglieva tra Tony Negri e l'autonomia. E' lo stesso periodo in cui, la riga, ce l'ho messa anche io. Il punto di partenza che lo spinge a scrivere è un "avevamo sbagliato tutto ed eravamo stati presuntuosi" (concordo)

    2) Màdera è convinto che Marx sia stato comunque un grande utopista nel senso buono del termine. Ha studiato il capitalismo e non avrebbe concluso con le più note leggi sulla contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro su cui si fondano gli assiomi del socialismo scientifico (o meglio ci sarebbe arrivato alla fine della sua vita). Anzi in tarda età avrebbe considerato quasi inevitabile la sopravvivenza del capitalismo per la insuperabilità del tema del feticismo che rende tutto merce. I rapporti sociali, rapporti tra gli uomini, si fanno merce e rendono invisibile la contraddizione perché tutto appare naturale.

    3) Secondo Màdera un Marx volontarista? Mi è sembrato di sì, ma in maniera molto diversa da Lenin. Niente anello più debole, niente partito della avanguardia della avanguardia: lo sviluppo connaturato ai rapporti capitalistici (ma io direi lo sviluppo connaturato alla civiltà umana, alla scienza e alla tecnologia) lavora per una coscienza enorme, cioè per il disvelamento dei rapporti sociali e per la costruzione di un nuovo umanesimo (e non è un caso che Màdera, visto il suo percorso accademico e culturale successivo, ci metta poi la psicoanalisi junghiana, ma anche i temi della misericordia).

    4) Mi ha incuriosito il lavoro di ricerca per una filosofia della autobiografia (tema che mi è caro) che la sua scuola filosofica pratica da anni.

    5) Un’ultima precisazione di tipo terminologico. Sia Daniele Marini, sia Lino di Martino sottolineano che forse coscienza è un termine inadeguato e sarebbe meglio parlare di conoscenza o di consapevolezza. Come è noto il significato di una medesima parola cambia nelle diverse lingue. Così, grazie a quella tecnologia che Marx non possedeva, sono andato a verificare in rete e sia la versione spagnola, sia quella francese dei Grundrisse, usano coscienza. Credo che basti intendersi

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