pure dal cesso si può apprendere – di Antonio J. Mariani
Quando l’aneddoto lo raccontai a Fernanda Pivano, mi disse: “quel libro, che prima o poi scriverai, potresti iniziarlo alla Peter Orlovskij: ‘in principio fu il cesso’”.
Quel pomeriggio sul tardi, avevo accennato al mio primo lavoro, a 14 anni, consistente nel serrare con un torchio le alette dei condensatori. Prendevo un niente, ma mi permetteva di studiare alla sera e dare una mano in casa.
Lì, in quel reparto, c’era un vantaggio (eravamo solo due maschi in mezzo ad una settantina di donne, prevalentemente ragazze) e uno svantaggio (toccava a noi due, alternandoci ogni sette giorni, pulire tutti i cessi). E i cessi erano tali di nome e di fatto.
Le fanciulle in fiore mi lasciavano da pulire anche delle pepate prese in giro sulle porte. Finché un bel giorno mi son detto che dovevo venirne a capo: con largo anticipo, parto da casa attrezzato di detersivi e quant’altro e, ramazzando come si deve, quei posti infrequentabili diventarono talmente lindi che nessuno osò più deprezzarli.
Da allora, ho appreso una regola generale: più si trova pulito e in ordine, maggiormente c’è la possibilità e la speranza che così rimanga (Alto Adige e Svizzera insegnano).
- Ho appreso che la libertà comporta la responsabilità di generare e mantenere occasioni di emancipazione (far quel che ti pare, significa che, dapprima, qualcuno ci rimette, poi a rimetterci siamo tutti).
- Ho appreso che a certi individui è sufficiente un cesso da 100 cm. per lato, per sentirsi padroni delle ferriere.
- Ho appreso che il rispetto te lo conquisti con sensate iniziative volte al plurale, se lo ottieni con la forza è subordinazione (e devi sempre sperare di non trovare qualcuno più ingombrante e più insopportabile di te).
E, poi, altre cose ho appreso. Per esempio, che riordinare per chi viene dopo, è un rito che produce incommensurabili vantaggi: accentua il considerare, solleva dalla volubilità, valorizza quel che c’è in comune, ridimensiona lo spreco dei beni essenziali (in primis, l’acqua). Quando, dieci anni dopo, mi sono imbattuto nelle metodologie zen, non mi sono trovato spiazzato.