a botta fredda
Ci ho pensato un po’ su; mi sono letto le dichiarazioni di Alfano (questo è un tema che attiene l’autonomia, la sovranità e l’indipendenza del Parlamento), quelle di Cicchitto (risultato atteso), quelle del ministro Gelmini (Un potere dello Stato tenta di condizionare la volontà degli elettori e di stravolgere uno dei principi cardine di tutte le democrazie: l’equilibrio tra il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. Non è un problema del centrodestra o di Berlusconi, ma dell’Italia. L’anomalia del nostro Paese non è rappresentata da un presidente del Consiglio liberamente eletto, ma da una parte della magistratura che agisce con finalità politiche).
A botta fredda dico che o ci crediamo nello stato di diritto o non ci crediamo. Berlusconi non è stato condannato; è stato chiamato in giudizio e questa volta senza la possibilità di metterci zeppe, zeppine e zeppette di mezzo.
Ripercorriamo le strategie difensive:
- Non è successo nulla, è tutto falso, Berlusconi non ha fatto alcuna pressione; i reati sessuali non esistono, semmai è vittima di violazione della privacy
- Il fatto c’è stato, ma è stato giustificato dalla necessità di politica estera: lui credeva che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak.
L’ipotesi 2 deriva dalla necessità di aggirare l’accusa di peculato sfruttando il tribunale dei ministri. Ricordo che nei giorni del cambio di strategia difensiva esponenti di primo piano del PDL si affannavano a sostenere che il tribunale dei ministri è un tribunale normale ma poi non rispondevano alla domanda centrale: se la procura di Milano accettasse l’interpretazione del Parlamento, lo stesso parlamento concederebbe poi l’autorizzazione a procedere?
E’ su questo punto che casca l’asino. E casca anche l’argomentazione di Alfano. Ma non si vergogna Cicchitto a fingere di credere che Berlusconi ha telefonato in questura perché era preoccupato dei rapporti tra Egitto ed Italia? La risposta più bella gliel’ha data quel ladruncolo che ieriha dichiarato alla polizia di essere il fratello di Ruby.
Da 10 anni attraverso rinvii e leggi ad personam Berlusconi non finisce un processo; quando lo finisce (con condanne dei coimputati) lui ne esce per prescrizione.
Questa volta la procura di Milano ha blindato l’indagine e ha studiato a tavolino la strategia che consenta la celebrazione del processo; non la condanna, la celebrazione del processo. Si è andati davanti ad un giudice terzo e questi viste le posizioni del parlamento e le controdeduzioni della procura ha deciso: il processo va fatto e si incomincia il 6 aprile.
Qualche giornale ha iniziato a pubblicare l’agenda giudiziaria di Berlusconi nei prossimi mesi ed emerge quanto era chiaro prima di Natale; con quello che è saltato fuori sarebbe stato opportuno, per il bene del governo, che Berlusconi passasse la mano. Era un suo diritto, ma non si può pensare ad un Presidente che passa tre quarti della sua giornata tra incazzature e riunioni con Ghedini.
Lo si è visto stamane quando, raggiunto dalla notizia mentre era in Sicilia per vedere il da farsi sull’emergenza barconi nel Mediterraneo, ha annullato tutto, inclusa la conferenza stampa ed è rientrato a Roma per parlare con Ghedini. Ovvio che sia così ma il premier dovrebbe stare a Bruxelles in questi giorni.
Io, ma credo la gran parte degli Italiani, ho smesso di seguire le cronache giornaliere (le dichiarazioni di questa e quella, le indiscrezioni sulle carte di Roma o su quelle di Napoli).
Dalla opposizione molti sottolineano la opportunità delle dimissioni; ce le vedo per un motivo molto serio: evitare di affidare al Presidente Napolitano un compito di forzatura di fronte ad istituzioni in conflitto, evitare di avere il Presidente del Consiglio in carica imputato in procedimenti che di politico hanno ben poco ed è per questo che la carta della battaglia per l’immunità parlamentare non sta in piedi.