il colpo di grazia dei “maturandi nella storia” – di Chiara Boriosi

Mi dichiaro sopraffatta e nauseata dall'insopportabile marea di retorica che oggi ci inonda sull'esame di maturità e sui ragazzi che lo affrontano, ai quali quella macchietta della ministra Azzolina ha detto "Siete già nella storia", addirittura e perbacco, e non voglio neanche sapere il perché di cotanta certezza, potrei non reggere l'urto fatale di simili scempiaggini.

E il Covid non c'entra nulla, ché il disastro è già stato compiuto da tempo e per averne contezza basta seguire per una sera un qualunque banalissimo quiz televisivo dove torme di neolaureati a pieni voti in discipline altisonanti ci informano che Baudelaire ha scritto I dolori del giovane Werther e che il Monte Rosa svetta in Sardegna, intanto che esibiscono una devastante incapacità di comprendere il semplice significato di una domanda, tipo: "Chi ha interpretato Rocky?". Risposta: "Rocky".

La verità è che dovremmo vergognarci tutti di ciò che abbiamo permesso e subìto, ovvero lo svilimento di una formazione scolastica, ma non solo, prima ancora umana, a favore di una banalizzazione del percorso di studi che sembra solo aver prolungato a tempo indeterminato la fase scuola materna e perciò priva di ogni urto del reale.

Aver smontato e infine abolito la complessità in favore di una semplificazione subdola e apparentemente paritaria, ha tolto ai ragazzi il senso vero di una sfida, la possibilità di avere di fronte chi dica loro "Mettetevi alla prova e non abbiate paura di farlo, scoprite chi siete e cosa potete fare davvero, ognuno secondo le proprie capacità".

Invece di accompagnarli ogni giorno sul terreno teorico e pratico che presenta gli ostacoli per poi trasformarli in opportunità, li abbiamo gettati nel mare magnum di una offerta formativa quasi illimitata, ma di fatto tremendamente appiattita.

Alzi la mano chi non si è ancora reso conto che ormai le medie sono le nuove elementari, le superiori le nuove medie, l'università il liceo che fu, e di conseguenza poi c'è bisogno di millemila master per completare almeno in parte un percorso che una volta durava la metà del tempo.

Invece di investire in formazione e cultura, abbiamo investito su un limbo pressoché eterno dove si entra a tre anni e si esce a quasi trenta, anestetizzati dalla distanza con il mondo reale, impreparati a ogni sfida e per di più abituati a considerarla una forma crudele di disparità discriminante, invece che una normale dinamica di approccio intellettuale.

Presentare i maturandi di oggi come eroi della resilienza non è solo ridicolo, ma è soprattutto la più grave delle truffe consumate ai loro danni da decenni di legislatori incapaci di concepire la scuola come il cuore e l'anima di un paese che voglia davvero darsi un futuro.