1985 – preistoria della grafica computerizzata (Università) – di Daniele Marini

Congiunzioni astrali. Come Claudio Cereda, anch’io negli anni ‘80 ho avuto l'esigenza di uscire dall'Università scegliendo di lavorare part-time. Un po’ per necessità economiche, e un po’ per insoddisfazione, mi sentivo prigioniero.

Avevo visitato per la prima volta gli Stati Uniti e mi ero reso conto di come la nostra accademia forse ferma. Anche la mia carriera era ferma, dopo essere diventato contrattista nel 1975 il governo stava disattendendo completamente gli impegni di indire concorsi ogni due anni e nel 1980 ancora nessun concorso era stato indetto. In quel periodo mi stavo interessando di grafica col computer e già da 3 o 4 anni collaboravo con uno studio di Architettura.

Altri colleghi del Politecnico stavano introducendo il CAD (Computer Aided Design – progettazione assistita dal computer) tra le discipline. Ricordo in particolare Umberto Cugini, Alessandro Polistina, Claudio Luini. Con Polistina e Luini fondammo una rivista divulgativa – Pixel – e una associazione – Aicographics che cercava di portare in Italia le conferenze SIGGRAPH, che univano temi di ricerca avanzatissima nella sezione delle conferenze, con la promozione commerciale delle nuove tecnologie nella sezione della mostra. In seguito chiamai eidomatica questo nuovo campo delle discipline informatiche.  SIGGRAPH sta per Special Interest Group on GRAPHics and Interactive Techniques ed è la conferenza sulla grafica computerizzata (CG) organizzata annualmente negli Stati Uniti dall'ACM SIGGRAPH organization.

Nel 1981 avevo fatto un lavoro che venne esposto alla Sacrestia Nuova di Santa Maria delle Grazie ed ebbe un grandissimo successo: la ricostruzione a computer della scena dell’Ultima Cena di Leonardo. Avevo utilizzato un mini computer progettato specificamente per la grafica prodotto da una azienda di Boston, Computervision, e che veniva offerto al mercato della progettazione ingegneristica. Proprio per presentare quel lavoro a una conferenza di grafica a Harvard andai a Boston nell’81 e incontrai l'Amministratore Delegato della Computervision che mi offrì di lavorare con loro. Rifiutai, all’epoca ero estremamente insicuro delle mie capacità.

Un compagno di studi che avevo perso di vista, Gianni Della Rossa, venne a parlare con Degli Antoni perché voleva avviare una attività di animazione a computer. Si occupava già di cinema e gestiva una iniziativa di film in lingua originale. Andava e veniva dalla California (Los Angels, San Francisco, San Diego, la Silicon Valley). Degli Antoni lo mise in contatto con me e ci trovammo subito in sintonia nel considerare quello il momento giusto per lanciare una iniziativa nostra. Poco dopo uscì TRON, il primo film con scene elaborate interamente con il computer. Un altro film pietra miliare fu L’Ira di Khan della serie Star Trek, in cui una famosa scena di fecondazione di un pianeta era stata generata con la simulazione grafica dei frattali.

I tempi sembravano maturi ma mancavano le capacità, le persone in grado di lavorare con noi. Fondammo una cooperativa, Eidos, che avviò un programma di formazione trans-disciplinare: tecnologie informatiche e design. Finanziati dal Fondo Sociale Europeo, avviamo un primo corso in cui, con l’aiuto di colleghi informatici, offrivo la formazione tecnica, e con l’aiuto di Giovanni Anceschi impostammo il filone della formazione di design, coinvolgendo docenti come Bruno Munari e Tomas Maldonado. Negli anni successivi organizzammo altre due edizione e anche un corso per la produzione di videodischi, l’ultima novità tecnologica.

Il campo di azione che avevamo scelto era estremamente costoso perché di frontiera, e la grafica richiede enormi capacità di calcolo. Avevamo quindi l’esigenza di ottenere finanziamenti cospicui. Il mio socio, Gianni, in questo abilissimo, riuscì a coinvolgere STET, IMI con una nuova propria società per finanziare quelle che oggi chiamiamo una start-up, Vencapital, e Olivetti. Con il loro finanziamento creammo una società per azioni.

Se non ricordo male era il 1984, proprio l’anno del lancio del primo MacIntosh. Noi dovevamo programmare mini computer sempre più potenti e avevamo acquistato un Data General MV/8000. I nostri clienti si stavano affacciando da poco ai personal computer, i PC IBM. Quindi i nostri programmatori lavoravano in questi due ambienti ta loro molto diversi.

Per la grafica più avanzata usavamo un terminale Evans&Sutherland – quello usato nei simulatori di volo professionali. La sviluppo del nostro progetto software avveniva sulle prime workstation Apollo. Avevamo anche lanciato lo sviluppo di un software per grafica 2d ispirato a quella del Macintosh e che racchiudeva in nuce tutte le funzione che vennero poi sviluppate da Adobe in Photoshop.

Qui devo fare una parentesi. non mi sto vantando, sto solo descrivendo come vivevo il clima in questo settore dovuto ai continui sviluppi e ricerche che seguivo con grande attenzione. Ad esempio Adobe venne fondata da uno dei ricercatori che avevano condotto gli studi più avanzati sul problema della eliminazione delle superfici e delle linee invisibili, perché nascoste, nella grafica 3D. Erano ricerche che conoscevo, come conoscevo l’uso dei linguaggi di markup su cui si basavano le prime versioni di Adobe e che portarono al formato pdf.

Era per me quindi naturale trarre da quelle ricerche idee per lo sviluppo di nuovi programmi. Ancora prima, lavorando su un P6060 Olivetti e programmando in linguaggio BASIC, avevo creato due applicazioni: la prima basata su tecniche di mark-up per stampare e impaginare una relazione (non c’erano ancora word e simili) e la seconda una sorta di foglio elettronico per trattare dati statistici organizzati in tabelle. Visicalc e poi Lotus vennero fuori solo un anno dopo, ma non riuscii a convincere Olivetti ad sviluppare il mio foglio elettronico e farne un prodotto: all’epoca erano convinti che i soldi si facessero con l’hardware!

Tornando alla storia della mia start-up, avevamo successo ed eravamo impegnati a sviluppare un nostro software, che io stavo progettando con l’aiuto di alcuni miei laureandi e di un paio di giovani americani che avevano creduto alla nostra offerta quando visitammo la Brown University.

Vale la pena di raccontare meglio questo episodio: ogni anno e spesso anche due volte all’anno, andavamo in USA o per partecipare alla famosa conferenza SIGGRAPH o per visitare aziende ed Università all’avanguardia delle tecnologie della grafica. Un anno chiedemmo al prof. Van Dam della Brown University di visitare i suoi laboratori e di poter presentare la nostra azienda ai suoi studenti. In quella occasione ho capito come doveva agire un professore universitario serio: fu felice di presentarci; così io e il mio socio spiegammo i nostri progetti. Dopo qualche mese due di questi studenti decisero di venire a lavorare da noi. Sono ancora in contatto con loro.

Avevamo successo, ma la situazione economica del paese era disastrosa: solo per poter avere un anticipo sulle fatture emesse pagavamo alle banche tassi dell’ordine del 20%! L’impegno nello sviluppo del nostro software richiedeva nuovi capitali per passare dalla fase di prototipo alla fase di ingegnerizzazione. Volevamo creare un personal computer dedicato alla grafica animata, basato su una architettura parallela adottando i nuovissimi processori Transputer della INMOS.

Facemmo qualche prototipo, poi alla fine del 1987 arrivò il lunedì nero con il crollo di Wall Street. La lira era agganciata al Sistema Monetario Europeo, SME, alcune aziende italiane avevano fatto operazioni arrischiate sui cambi e perdettero una montagna di quattrini. La Olivetti era già in crisi per la concorrenza sui personal computer e decise di ritirarsi dall’azienda. la Eidos chiuse e io tornai a fare il docente full time.

Una nota di gratificazione: pochi mesi dopo, nel 1988, mi venne chiesto da una piccola azienda, anch’essa partecipata da Olivetti, di svolgere una consulenza visitando alcune aziende USA per capire come si stava sviluppando la tecnologia del calcolo parallelo e del calcolo grafico. Da una delle aziende, Wavefront di San Francisco, che venne poi rilevata dalla major che oggi producono filmi di animazione a computer, arrivò la risposta che accoglievano volentieri il consulente purché non avesse nulla a che fare con la società italiana Eidos, che consideravano il loro maggiore concorrente.

Come Claudio Cereda anch’io mi sentivo estraneo al modo tradizionale di essere imprenditore. Le relazioni finanziarie e gran parte delle relazioni commerciali le intratteneva il mio socio Gianni, io preferivo dedicarmi alla direzione tecnica e di sviluppo, in qualche modo tutelato dal dover venire a patti con atteggiamenti corruttivi. Ma dovevo comunque venire a patti con la realtà di una azienda: commisurare lo sviluppo tecnico alla maturità del mercato pur cercando sempre di portarsi avanti. Una cosa per cui però ho sofferto e ho deciso quindi di non intraprendere più la strada dell’impresa, è stato il dover licenziare i collaboratori quando arriva la crisi. Ricordo che la notte ero preda di incubi degni di scenari da Barbablù.

E’ stata in ogni caso una esperienza straordinaria, che mi ha fatto capire meglio cosa vuol dire formare giovani ricercatori o tecnici, e che ho cercato di riversare nei molti progetti di ricerca che in seguito o lanciato e diretto all’Università