merito, meritocrazia e populismo
Qualche giorno fa leggendo l'articolo di Lodoli E la lotta di classe si sposta tra i banchi su la Repubblica mi ero un po' alterato perché non ci vuole nulla ad assemblare due dichiarazioni da sottoproletariato romano ed usarle per evocare un po' di sano odio di classe.
"A me professò 'sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la meritocrazia… ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo niente?".
Guardo la classe: Michela ha confessato che non può fare i disegni di moda perché a casa non ha un tavolo, nemmeno quello da pranzo. Mangia con la madre e la sorella seduta sul letto, con il vassoio sulle ginocchia, in una casa che è letteralmente un buco. Roberta invece mi racconta che stanotte hanno sparato in faccia al migliore amico del suo fidanzato, "era uno che se faceva grosso, che stava sulle palle a tanti, ma nun era n'animale cattivo, nun se lo meritava de morì così a ventidue anni". Samantha invece trema perché stanno per buttarla fuori di casa, a lei e alla madre e ai due fratelli, lo sfratto ormai è esecutivo e i soldi per pagare l'affitto non ce li hanno, forse già stanotte li aspetta la macchina parcheggiata in uno slargo vicino casa, forse dovranno dormire lì, e lavarsi alla fontanella con gli zingari.
"E non ci venissero a parlà di eccellenza che je tiro appresso er banco. Tanto ormai s'è capito come funziona sto mondo: mica serve che lavorino trenta milioni de persone, ne abbastano tre, e un po' di marocchini a pulì uffici e cessi. Il paese deve funzionà come n'azienda? E allora noi non serviamo, siamo solo un peso. Tre milioni de capoccioni, de gente che sa tutto e sa come mette le mani nei computer e nelle banche, e gli altri a spasso. Gli altri a rubà, a spaccià, in galera, ar camposanto, dentro una vita di merda". Forse ha ragione questa ragazza, suo padre ha "un brutto male", come direbbe il buongusto – "un cancro che lo spacca, professò", dice lei – forse è vero che non dobbiamo fare della meritocrazia un ulteriore setaccio: l'oro passa e le pietre vengono buttate via.
Io penso al mio ITIS, all'insuccesso scolastico, allo sforzo dei docenti per portare avanti tutti, a quelli che studiano, alle borse di studio per 10 mila euro che abbiamo dato quest'anno per premiare il merito e mi incazzo. Sì anche il merito di quelli dell'ITIS, di quelli che con fatica hanno comperato i libri, di quelli che si danno da fare perché pensano che studiando faranno un passo avanti.
Penso alla fatica nel convincere le famiglie delle medie, molto spesso male informate, sulla opportunità della formazione tecnica che, anche oggi, in piena crisi consente ai diplomati di trovare lavoro e non in modo precario. Penso alla fatica nel mandare messaggi educativi, nel far percepire che una diventa quello che costruisce, nel trasmettere il "si fa fatica, ma ne vale la pena".
Anche quest'anno siamo in crescita e un bel po' di famiglie hanno capito che perito elettrotecnico o perito meccanico non sono bestemmie e neanche delle brutte cose.
Certo che se i giornali progressisti, gli intellettuali engagè, predicano lo scoramento e il non ne vale la pena (salvo mandare i loro rampolli al classico perchè praticano la doppia vita e la doppia morale) di passi in avanti ne faremo pochi.
Ma quello che mi ha indotto a parlarne, last but not least è il commento della responsabile nazionale scuola del PD Francesca Puglisi: Leggendo la cruda verita' di Marco Lodoli su Repubblica, dico che si, ha senso dedicarmi anima e corpo alla politica e andare in direzione ostinata e contraria. La scuola 'meritocratica' non e' riformismo, e' una sonora cazzata. E' il setaccio che lascia passare l'oro e butta via le pietre.
Ce ne fosse uno solo di quelli che parlano di ascensore sociale che poi si danno da fare per farlo ripartire. E' più comodo parlare male degli altri e intanto i problemi del paese si incancreniscono. Cara Puglisi, la scuola non è un setaccio, ma servono anche i setacci.